Lo ha sancito una sentenza della Terza Sezione Civile della Corte d’Appello di Palermo. Ma il Parco aveva già pagato 1,3 milioni di euro in 25 anni
Vita più facile per i suidi che scorrazzano per il Parco delle Madonie. Lo ha sancito una sentenza della Terza Sezione Civile della Corte d’Appello di Palermo.
Dal 23 luglio scorso, la notizia è trapelata ieri, la
responsabilità dei danni, derivanti da fauna selvatica, ricadranno in capo ai
proprietari dei terreni.
Ovvero, gli sfortunati possidenti dovranno dimostrare, in
caso di danni e di richieste di risarcimento, di avere posto in essere tutte
quelle cautele necessarie ad evitare le invasioni barbariche.
Lo ha spiegato a QdS,it l’avvocato Roberto Sansone di Campobianco, procuratore dell’Ente Parco delle Madonie.
Se non fosse per l’entità della cifra che l’Ente ha liquidato in questi anni, a discapito di una moltitudine di attività promozionali, ci sarebbe da ridere. Dal ’91 ad oggi l’Ente ha liquidato 1.383.913,37 euro.
Tuttavia, i giudici Marinella Laudani, Giulia Maisano e Lidia Asaro hanno messo un punto fermo: l’Ente Parco, almeno in questo caso, non ha alcuna responsabilità dei danni provocati dalla fauna selvatica che prolifica dentro il perimetro e che l’indennizzo non è da considerarsi quale risarcimento dei danni subiti.
La sentenza dirime la controversia tra un imprenditore agricolo e l’Ente Parco delle Madonie.
Al tempo l’agricoltore era riuscito a far valere le proprie
ragioni presso il Tribunale di Termini Imerese che a ottobre del 2016 aveva
accolto le richieste: “per l’anno 2007, alla somma di euro 15.486,20 a titolo
di danni subiti in relazione alle piante da reimpiantare nonché di danni da
cicatrizzazione delle piante rimaste danneggiate, ed alla somma di €
25.688,078, per indennizzo da mancata produzione dei redditi, detratto
l’importo già ricevuto; -per l’anno 2009, alla somma di euro 8.685,00 per il
costo delle piante da reimpiantare, di euro 4.518,00 per i frutti pendenti, e
di euro 9.764,651 per il mancato reddito, detratto l’importo già ricevuto; -per
l’anno 2010, alla somma di € 2.316,00 per danni alle piante, alla somma di euro
1.028,48 per i frutti pendenti ed alla somma di euro 3.588,00”.
Quel fragoroso suono di martelletto all’Ente Parco è
costato 71 mila euro, oltre alle spese di lite e delle somme da liquidare al Consulente
Tecnico d’Ufficio.
Di fatto, l’Ente, appellandosi alla sentenza emessa dal Tribunale di Termini
Imerese, è riuscito a ottenere il concorso di colpa dell’agricoltore, stabilendolo
al 35%. Insomma, secondo il Collegio d’Appello, il collega di Termini Imerese
ha “accordato ad Orlando Domenico – l’agricoltore ricorrente, ndr –
un risarcimento per i danni che quest’ultimo avrebbe potuto evitare
usando l’ordinaria diligenza”.
In sostanza, il malcapitato agricoltore, sarebbe reo di non avere fatto tutto
il possibile per evitare il danno.
Tradotto in opere: adeguata recinzione con paletti di legno
(preferibilmente di ferro), quindi, rete elettrosaldata, resistente e di buona
qualità che dura nel tempo (del tipo rete paramassi), due metri di altezza,
considerato che almeno 40-50 centimetri devono essere interrati. Meglio se
“annegata” in un manufatto di cemento. Un fortino a tutti gli effetti.
Ci sarebbero anche la rete elettrificata, i cannoni a gas e
le più costose apparecchiature sonore che funzionano con il principio dei raggi
laser. Quando il laser percepisce il “corpo estraneo” il circuito elettrico
provoca un suono alto percepito dagli animali che provocherebbe la fuga.
Il sistema di difesa vale anche per chi vorrebbe esercitare il sacrosanto
diritto di coltivare un piccolo appezzamento a ortaggi, vigneto o frutteto.
Senza alcuna finalità di lucro.
La Corte d’Appello di Palermo, in punta di diritto, così ha
deciso. Se vuoi produrre frutta, ortaggi e quanto altro in area Parco, anche
per hobby, prima devi pensare a una strategia di contrasto agli animali
selvatici. Almeno, se vuoi aspirare ad un adeguato risarcimento/indennizzo da
danni, nel caso di incursioni.
I gestori dei Parchi, dalla data della sentenza, non
saranno più chiamati a liquidare alcuna richiesta di danni (risarcitorio o
indennizzo), a meno che dalle perizie non si verificheranno l’esistenza di
“fortini”.
Agli Enti il compito del «bilanciamento tra interesse della collettività verso la fauna e quello dei coltivatori alla salvaguardia delle loro attività», afferma Angelo Merlino, presidente del Parco delle Madonie e da qualche giorno alla guida di Federparchi Sicilia.
«Ci rendiamo conto della problematica – afferma Merlino – e
non la neghiamo, proprio per questo stiamo incrementando il personale che sarà
occupato nelle attività di tele-controllo previste dal Piano di Gestione dei
cinghiali all’interno del Parco delle Madonie».
Al Parco sono state liquidate, da parte dell’Assessorato
regionale al Territorio e Ambiente «le somme per partire anche con il Piano di
Gestione e controllo del Daino. – conclude il presidente – Credo che al momento
il Parco delle Madonie sia l’unico Parco in Italia a vantare due piani di
gestione per la fauna problematica all’interno del proprio territorio di competenza».
Insomma, l’agricoltore Domenico Orlando, secondo i giudici di Palermo, ha l’80% di colpa per avere “ignorato”, anche, il fenomeno della presenza in area Parco di animali non indigeni, “problematici”, come a dire la notizia era abbastanza diffusa, avresti dovuto difenderti dalle incursioni in maniera adeguata. Questo principio, da oggi, varrà per tutti.
Intanto, mentre scriviamo, i cinghiali immessi per errore (non
dall’Ente Parco) nelle Madonie – geneticamente “inquinati” a causa di
accoppiamenti con maiali di razza Large White (all’origine del “guasto”) allevati
in montagna allo stato brado – si accoppiano, quindi, nascono cucciolate
mediamente di 6-8 esemplari. Il rito si ripete due/tre volte l’anno.
Oggi ha vinto la libertà dei suidi di scorrazzare a
piacimento. Perde l’uomo, che non ha la libertà di coltivare nemmeno pochi
metri quadrati di terra in area parco o pre-parco senza praticare “l’ordinaria
diligenza”, a spese proprie.
La brutta notizia, al momento è per Orlando, dovrà
restituire le somme riconosciute nel precedente grado di giudizio e già
incassate e, è il caso di scriverlo, “frutto” di un complicato conteggio
notificatogli con la sentenza.
Nessun riconoscimento di “danno morale” per le mele. Avete
compreso bene. Per le mele.
Vincenzo Lapunzina