Preoccupata per la sorte del figlio tossicodipendente una madre ha deciso di rivolgersi alla polizia e di raccontare chi gli vendeva la droga.
Tutto è cominciato da un gesto di
coraggio. Preoccupata per la sorte del figlio tossicodipendente una madre ha
deciso di rivolgersi alla polizia e di raccontare chi gli vendeva la droga.
Informazioni che per gli inquirenti sono state un punto di partenza
fondamentale.
Dalle rivelazioni di una madre
disperata è partita l’inchiesta che ha svelato ruoli e affari di una
organizzazione criminale che spacciava cocaina in provincia di Palermo e
Trapani utilizzando come pusher anche dei bambini, come ha rivelato in
conferenza stampa il questore di Palermo Leopoldo Laricchia.
Un business redditizio che
“impegnava” decine di persone occupate 24 ore al giorno nel
soddisfare i bisogni di centinaia di acquirenti.
Trenta le misure cautelari: 11 persone sono finite in carcere, 15 ai domiciliari, mentre a 4 è stato notificato l’obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria.
La banda, con quartier generale a Partinico, nel palermitano, agiva con il benestare di Cosa nostra come prova il coinvolgimento negli affari di Antonina Vitale, sorella dei capimafia Leonardo e Vito, entrambi detenuti da anni. Mesi di intercettazioni telefoniche e ambientali, pedinamenti e appostamenti hanno consentito agli investigatori di ricostruire l’organigramma della banda e i suoi referenti sul territorio.
La “rete” era capeggiata
da due pregiudicati uno dei quali aveva coinvolto nell’attività di spaccio la
nipote di 9 anni. Mentre la accompagnava in piscina incontrava gli acquirenti
ai quali dava la cocaina.
“Non solo: – ha raccontato il questore di Palermo Laricchia – l’uomo utilizzava la piccola anche per il conteggio del denaro riscosso”. Una volta la bimba vedendo un film in tv ha detto al nonno: “ma fanno quello che facciamo noi, che imbottiamo le persone di droga?”. “Conta i soldi, guarda quanti sono”, rispondeva alla nipotina il capo della banda non sapendo di essere intercettato.
Gli agenti del commissariato di Partinico, che ascoltavano in diretta le conversazioni dell’indagato, più volte hanno sentito il fruscio delle banconote contate dalla piccola. “Ora mettili in tasca”, diceva ancora il nonno che è stato arrestato nel corso dell’operazione.
I reati contestati agli indagati sono spaccio di stupefacenti, tentata estorsione, rapina e furto. Dalle indagini – coordinate dall’aggiunto Ennio Petrigni e dai sostituti Enrico Bologna e Giorgia Spiri – è emerso che l’organizzazione criminale faceva spesso ricorso alla violenza per recuperare i crediti arretrati dei clienti.