Da bene confiscato alla mafia ad ambulatorio durante il Covid, non ci sono ancora certezze sul futuro della struttura di via Mancuso. Il Comune di Partinico: a breve un incontro con l’Asp
PARTINICO (PA) – Aprire subito il Centro antiviolenza cui è stato destinato un bene confiscato alla mafia.
Il Partito democratico è tornato a sollevare l’incredibile vicenda relativa alla mancata attivazione del servizio, rimasto per anni in stand-by per una serie di vicissitudini che hanno portato anche alla revoca dell’affidamento. Una richiesta più che lecita, ma in prospettiva la soluzione del problema non sembra essere dietro l’angolo.
Allo stato dell’arte, è più probabile che la struttura venga “prestata” all’Asp di Palermo per l’attivazione di alcuni ambulatori in via temporanea. L’ipotesi è stata paventata proprio dal sindaco Pietro Rao, dopo aver avuto un’interlocuzione con i vertici dell’Azienda sanitaria provinciale.
Già questo bene confiscato, sito in via Mancuso, è stato prestato all’Asp durante il periodo della pandemia. In pratica è stato utilizzato per trasferire gli ambulatori che si trovavano nell’ospedale Civico di Partinico durante il periodo in cui il nosocomio è stato riconvertito in Covid hospital. Una situazione d’emergenza necessaria per evitare che si perdessero le prestazioni ambulatoriali.
Ora però si ripresenta il problema. Infatti sarà necessario il trasferimento di tutti gli ambulatori che si trovano nell’attuale immobile di largo Casa Santa, che sarà oggetto di lavori. Anche in questo caso, un problema da risolvere, mentre il Pd ha chiesto che finalmente si diano risposte sul fronte del fenomeno della violenza sulle donne e si creino le condizioni anche a Partinico per aiutare concretamente le vittime: “Sollecitiamo e invitiamo l’Amministrazione e il Consiglio comunale – hanno scritto in una nota i rappresentanti Dem – ad attivare le procedure per l’affidamento e l’attivazione del Centro di accoglienza per le donne vittime di violenza di via Mancuso, al fine di contribuire ad arginare e prevenire l’aberrante fenomeno della violenza contro le donne”.
In questa struttura, infatti, dovrebbero essere accolte e assistite donne vittime di abusi e maltrattamenti sulla base di un progetto che ha preso le mosse sin dal 2013. Eppure, tutto sembra remare contro la possibilità che il progetto sia effettivamente attivato.
“Adesso – ha spiegato il sindaco Rao – si pone il problema del trasferimento di tutti gli ambulatori della Casa Santa e dobbiamo concordare insieme a loro il da farsi. Scegliere se trasferire nel bene confiscato gli ambulatori o ripristinare e fare il Centro antiviolenza per le donne. A breve avremo un incontro, purtroppo a oggi l’Asp non è riuscita a trovare locali idonei”.
Si resta in attesa, quindi, di capire se finalmente il Centro antiviolenza avrà vita nella sede che gli era già stata assegnata.
I commissari prefettizi del Comune, che hanno preceduto l’attuale Amministrazione in carica, nell’ottobre del 2020 hanno revocato l’affidamento proprio perché quel servizio non era mai partito. Una revoca che ha dato vita a un contenzioso: la cooperativa Nido d’argento, assegnataria del bene, ha fatto ricorso contro il Comune per il provvedimento ritenuto illegittimo, a differenza di quanto disposto dagli uffici dei Servizi sociali, che hanno risolto il rapporto contrattuale con la cooperativa “per grave inadempimento”.
Per il Comune “il totale mancato svolgimento del servizio, imputabile esclusivamente a grave negligenza dell’operatore economico, ha impedito l’erogazione di un servizio socio-assistenziale di primaria importanza”.
Dall’altra parte, Nido d’Argento asseriva che l’immobile confiscato era privo dell’iscrizione all’albo regionale, per cui non poteva essere avviato il servizio.