Indagine dell’Osservatorio del Mef: a livello nazionale sono state 464.700 (-14,8%). A livello provinciale Catania in testa (8.777), seguono Palermo (8.137) e Messina (4.305)
ROMA – Sono state circa 464.700 le nuove partite Iva aperte nel 2020 in Italia, ed in confronto all’anno precedente si è registrata una consistente diminuzione (-14,8%), effetto dell’emergenza sanitaria purtroppo in corso.
È quanto emerge da un’indagine dell’Osservatorio sulle partite Iva del Ministero dell’Economia e Finanze. Le partite Iva nella nostra regione, da gennaio a dicembre dello scorso anno, sono 36.281; una cifra inferiore solo a quanto registrato in Lombardia (76.666), nel Lazio (53.290), in Campania (47.497), in Veneto (37.392). Ad essere messe peggio in confronto alla nostra terra, soprattutto la Valle d’Aosta con sole 975 Partite Iva, seguita dal Molise (2.783). Per quanto riguarda la variazione in percentuale rispetto al 2019, la Sicilia, con -12,19% va meglio rispetto ad altre 16 realtà, soprattutto le Marche (-18,96%), la Liguria (-18,70%), la Toscana (-17,65%); riduzioni meno consistenti rispetto al 2019 si registrano invece in Veneto (-5,30%) e Molise (-7,11%).
Passando ai dati provinciali siciliani, il numero più alto di partite Iva, nel 2020, si registra a Catania (8.777), seguono Palermo (8.137), Messina (4.305), Trapani (3.368), Agrigento (3.238), Siracusa (2.849), Ragusa (2.567), Caltanissetta (1.936), Enna (1.104). La peggiore variazione in percentuale rispetto al 2019 si registra ad Agrigento (-17,90%), a cui seguono Messina (-17,81%), Enna (-16,11%), Palermo (-11,68%), Caltanissetta (-11,52%), Siracusa (-11,33%), Catania (-9,34%), Trapani (-9,27%), Ragusa (-8,71%).
Ragionando per macroaree, secondo l’Osservatorio del Mef, circa il 44% delle nuove aperture è localizzato al Nord, il 21,4% al Centro e il 34,1% al Sud ed Isole. La maggior parte delle aperture è stata effettuata da persone fisiche (72,2%), il 21% da società di capitali e solo il 3,4% da società di persone.
Per ciò che attiene ai settori produttivi, il commercio continua a registrare il maggior numero di aperture di partite Iva (circa il 20% del totale), seguito dalle attività professionali (16,3%) e dall’agricoltura (10,8%). Rispetto al 2019 fra i settori principali solo la sanità risulta in attivo: +9,5%; tutti gli altri accusano drastiche flessioni di aperture: -34,1% per alloggio e ristorazione, -33,5% per attività sportive e d’intrattenimento e -24% per le manifatturiere.
Relativamente alle persone fisiche, la ripartizione per sesso è stabile, con il 62,7% di aperture da parte di soggetti di sesso maschile. Il 48% delle nuove partite Iva è stato messo in atto da giovani fino a 35 anni ed il 31% da soggetti nella classe 36-50 anni. Il confronto con l’anno precedente mostra un calo di aperture crescente all’aumentare dell’età degli avvianti (dal -10% della classe più giovane al -25,3%% della più anziana). La distribuzione delle nuove aperture di partite Iva sulla base del Paese di nascita evidenzia che il 17,1% degli avvianti è nato all’estero.
Lo scorso anno 215.563 soggetti hanno aderito al regime forfetario, con una flessione del 18% in confronto al 2019; tali adesioni rappresentano il 46,4% del totale delle nuove aperture di partita Iva. Facciamo cenno, per concludere, ai dati sulle chiusure che vanno comunque interpretati con cautela. Da gennaio a dicembre 2020 risultano 320.435 chiusure rispetto alle 427.623 riscontrate nel corso del 2019. Pertanto, il dato del 2020, contrariamente all’atteso incremento delle chiusure per effetto della crisi economica generata dalla situazione sanitaria, mostra invece il 25% di chiusure in meno rispetto al 2019.