Partito democratico, in Sicilia la “ricostruzione” difficile - QdS

Partito democratico, in Sicilia la “ricostruzione” difficile

Raffaella Pessina

Partito democratico, in Sicilia la “ricostruzione” difficile

martedì 11 Ottobre 2022

Il segretario regionale resta in sella tra malumori e mal di pancia. Lupo: “Da Barbagallo una analisi non oggettiva della sconfitta”

PALERMO – Si prevedono tempi duri per il Partito democratico siciliano, dopo la dura sconfitta alle elezioni e le mancate dimissioni del segretario regionale Anthony Barbagallo, che erano state date quasi per certe. Invece Barbagallo, che peraltro è stato riconfermato deputato all’Assemblea regionale, spiazzando gli avversari interni al partito ha deciso come è noto di restare in sella.

La Direzione regionale del Pd Sicilia, presieduta da Antonio Ferrante, ha approvato infatti la sua relazione con 75 voti favorevoli, 14 contrari e 1 astenuto.

“Sono pronto ad assumermi la responsabilità delle scelte che ho fatto, non di quelle che non ho fatto e che non ho potuto in alcun modo impedire – ha detto nel suo intervento alla direzione regionale del partito -. Non mi presto al gioco dei manovratori di palazzo, a chi piega l’interpretazione del dato elettorale ai suoi scopi privatissimi. Il Pd non ha ottenuto il risultato sperato, ma è vivo, resta in piedi, per cui non accetto che si parli del Pd siciliano come di un partito finito. I numeri ufficializzano la sconfitta – ha aggiunto Barbagallo – ma in Sicilia, alle regionali come alle politiche, otteniamo gli stessi seggi del 2018. Ripartiamo in Assemblea regionale siciliana da quello che abbiamo fatto in questi anni – ha concluso – dalla nostra apprezzata opposizione. E dalle nostre battaglie su legalità parità salariale, doppia preferenza di genere, divieto cambia casacca, accorpamento beni culturali e turismo”.

Giuseppe Lupo, componente della direzione nazionale, che abbiamo raggiunto telefonicamente, non ha condiviso la relazione e insiste sulla necessità di aprire un grande dibattito congressuale: “Non abbiamo condiviso la relazione di Barbagallo perché non faceva una analisi oggettiva della pesante sconfitta della competizione elettorale. Questo è il modo per tentare di scaricare su altri le responsabilità ed è un metodo che non condivido. Noi non cerchiamo la divisione ma l’unità del partito – ha aggiunto Lupo – che si costruisce sulla verità oggettiva. L’analisi di Barbagallo è che siamo contenti di aver perso meglio di quanto avremmo potuto perdere, siamo arrivati terzi e potevano arrivare quarti. Rispetto alle regionali del 2017 noi siamo stati asfaltati. Ci confrontiamo con un dei peggiori risultati della storia del partito democratico della Sicilia”.

Lupo non è il solo ad essere scontento: “Da oggi c’è una maggioranza composta dallo stesso segretario regionale e sorretta da Antonello Cracolici, Peppe Provenzano e Mirello Crisafulli – è stato scritto in una nota dell’Area Orfini -. A loro la responsabilità di guidare il Pd e a noi quella di essere una minoranza responsabile ma che non farà sconti”.

E così si fa sempre più marcata la spaccatura fra le due anime, una delle quali chiede il rinnovo della dirigenza e l’altra che vuole mantenere saldo il potere fino alla naturale scadenza del 2024. Lupo, con Carmelo Miceli, Antonio Rubino, Teresa Piccione, Rino La Placa, Fausto Raciti e Teodoro La Monica, aveva firmato un ordine del giorno in cui si chiede la convocazione del congresso regionale del Pd siciliano, entro il 2022. Ma Barbagallo non ha avallato la richiesta. Abbiamo cercato di raggiungere telefonicamente il segretario regionale del Pd, ma non è stato possibile avere una replica. Deluso Carmelo Miceli. “Abbiamo mancato l’appuntamento con la storia, consentendo alla peggiore destra di sempre di mantenere il governo della Regione e di conquistare quello nazionale e lo abbiamo fatto per l’incapacità di offrire agli elettori, specie in Sicilia, una proposta politica chiara”.

Del resto anche Romano Prodi si è espresso a livello nazionale in tal senso: “Il Pd va cambiato, dinamizzato, proiettato – ha detto – bisogna ricominciare a parlare con la gente delle cose che si discutono a tavola, quindici o venti argomenti: dagli adolescenti alla droga, al lavoro, alla salute, alla ricerca”.
“Sì, ma questo – aggiunge – si fa se si vuole rifare un partito. Prima di eleggere un segretario bisogna comporre una linea politica”.

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