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Dio sceglie l’umanità imperfetta, il senso profondo della Pasqua

Dio sceglie l’umanità imperfetta, il senso profondo della Pasqua

Il messaggio dell’Arcivescovo di Catania affidato al QdS

In uno dei suoi Sessanta racconti, Dino Buzzati narra una simpatica storia, carica di fantasia e capace di risvegliare quel senso di fede che quasi naturalmente si affaccia spesso nelle nostre coscienze e al quale a Pasqua vogliamo dare lo spazio che merita. Il racconto si chiama Il disco si posò e narra dell’improbabile atterraggio di un disco volante sulla canonica di un parroco e del dialogo che si instaura tra il curato e gli extraterrestri. Ad un certo punto il parroco scopre che anche gli alieni sul loro pianeta hanno l’albero della conoscenza del bene e del male, ma per rispetto della legge non ne hanno mai mangiato il frutto, e quindi non conoscono né cosa sia il peccato, né la redenzione, né tantomeno Gesù Cristo. Ciò che stupisce più don Pietro – così si chiama il parroco – è che non sanno pregare e così arriva a questa conclusione: “Dio preferisce noi di certo! Meglio dei porci come noi, dopo tutto, avidi, turpi, mentitori, piuttosto che quei primi della classe che mai gli rivolgono la parola. Che soddisfazione può avere Dio da gente simile? E che significa la vita se non c’è il male, e il rimorso, e il pianto?”

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Schietta e semplice la fede di questo personaggio: “Dio preferisce noi di certo!” Credo che Buzzati non volesse giustificare il male o un dio che si è plasmato una creatura da punire, ma volesse farci sentire la “preferenza” divina per un mondo pieno di contraddizioni come il nostro. Ci fa bene pensare a questa condiscendenza divina a Pasqua, la festa nella quale ritorna l’annuncio della morte di Cristo, così simile alla morte di tanti innocenti, la storia di un accanimento fatto di violenza che ha anche il nome di tradimento e rinnegamento degli amici; la storia della pace che emana dalla croce, dalla quale non piovono strali di maledizione, ma perdono e pace. Ritorna a Pasqua soprattutto l’annuncio della risurrezione, che nei racconti dei vangeli non ha nulla dei trionfi di certe interpretazioni pittoriche nelle quali il Cristo esce vittorioso dal sepolcro e sbaraglia i soldati messi a guardia del sepolcro, ma si fa riconoscere pian piano, parla ai cuori delusi, ridona speranza.

I vangeli – che strana letteratura, parte di quella Bibbia che è stata definita “il grande codice del mondo” – narrano questo! C’è in essi un racconto che forse esprime meglio il senso di fuga dell’uomo contemporaneo – o forse di ogni tempo – da Cristo: quello narrato dall’evangelista Luca (al capitolo 24), nel quale due discepoli lasciano la loro fede perché delusi. Si gettano dietro le spalle giorni in cui il loro maestro è stato ucciso ed è ormai sepolto, anche se anche loro hanno saputo di una storia di apparizioni di Gesù risorto. Ma a raccontarla sono state solo delle donne, poco credibili per una cultura che non le ammetteva neppure a testimoniare in tribunale. Hanno abbandonato la loro fiducia in Cristo, eppure continuano a parlarne, così come tanti che hanno nostalgia della loro fede si ritrovano a volte a ricordare ad alta voce quei tempi andati pieni di semplici certezze. San Luca narra che Cristo si fa loro vicino e raccoglie le loro delusioni, sintetizzate in una esclamazione “Speravamo…”

Speravano che fosse Cristo a liberare Israele, ma c’è stato un corto circuito tra le loro attese e i fatti accaduti. La storia continua, ma questo tratto di strada di Cristo con i discepoli delusi, a noi dice semplicemente che siamo tutti come il buon don Pietro di Buzzati, che dice degli alieni: “Galantuomini, sapienti, incensurati. Il demonio non lo avete mai incontrato. Quando però scende la sera, vorrei sapere come vi sentite! Maledettamente soli, presumo, morti di inutilità e di tedio!”.

Torna la Pasqua: Dio preferisce insistere con questa umanità che continua ad uccidere, a dividersi, a mercanteggiare la vita, ma non cessa in fondo di sperare. A Pasqua è Dio che rigenera la speranza…Auguri a tutti!