In Italia la discussione politica sulla patrimoniale si riaccende ciclicamente, ma spesso si dimentica un dato essenziale: le imposte sulla ricchezza esistono già e pesano in modo significativo sui bilanci familiari. Secondo l’ufficio studi della Cgia di Mestre, nel 2024 il gettito delle patrimoniali ha raggiunto 51,2 miliardi di euro, in crescita del 74% rispetto a vent’anni fa. Al centro del sistema c’è l’IMU, che da sola vale quasi il 45% del totale, seguita dall’imposta di bollo e dal bollo auto, mentre l’imposta di registro continua a rappresentare una voce rilevante per chi compra casa o affitta un immobile. In questo contesto, la Sicilia si trova in una posizione delicata. Non tanto per il peso delle patrimoniali—che incidono in modo simile in tutte le regioni perché derivano da tributi statali o comunali—quanto per la capacità, molto ridotta, di contrastare l’evasione fiscale. Un fenomeno che continua a sottrarre risorse fondamentali alla collettività e che, nel Mezzogiorno, raggiunge livelli allarmanti.
L’enorme mole di evasione
Secondo le stime Cgia relative al 2022, le ultime disponibili, la Sicilia presenta una propensione all’evasione pari al 18%, valore che la colloca tra le regioni più problematiche del Paese. In termini assoluti il mancato gettito ammonta a 7,676 miliardi di euro, un’enormità se si considera la difficoltà cronica del sistema regionale nel finanziare servizi essenziali come sanità, scuola e trasporti. Si tratta del quarto valore più alto d’Italia: peggio fanno solo Campania (9,4 miliardi), Lazio (11,4 miliardi) e Lombardia (16,7 miliardi), che però partono da basi economiche molto più elevate. La Sicilia, inoltre, presenta un livello di economia non osservata del 16,4% del valore aggiunto prodotto, una quota che supera nettamente quella media nazionale (11,2%) e che la avvicina alle regioni meridionali con i livelli più critici: Calabria (19,1%), Puglia (17,2%) e Campania (16,9%). All’estremo opposto si collocano i territori del Nord: la Provincia di Bolzano (7,7%), la Lombardia (8%) e Trento (8,9%), dove la capacità di controllo e la struttura economica più solida limitano fortemente il fenomeno.
La pressione fiscale
Il quadro generale è ancora più significativo se incrociato con i dati sulla pressione fiscale. Nel documento programmatico di finanza pubblica 2025, il governo stima un livello del 42,8% del Pil, in aumento rispetto al 2024 e superiore di 1,1 punti al 2022. Un incremento che, tuttavia, non dipende da un aggravio per le famiglie, come spesso sostenuto nel dibattito politico: secondo la Cgia, gran parte della crescita è il risultato di meccanismi statistici, come il trattamento contabile del taglio del cuneo fiscale, e dell’aumento degli occupati e dei rinnovi contrattuali, che hanno fatto crescere la massa salariale e quindi il gettito Irpef e contributivo. In realtà, la pressione fiscale in Italia cresce soprattutto perché cresce l’economia ufficiale, mentre rimane immutata la vasta area dove le regole non vengono rispettate. È qui che si colloca la vera emergenza, e la Sicilia ne è uno degli esempi più evidenti.
Un pizzico di impegno sarebbe già una svolta
Se l’Isola riuscisse a ridurre anche solo di un terzo l’evasione stimata, recupererebbe oltre 2,5 miliardi di euro, risorse in grado di coprire gran parte del fabbisogno annuale di settori cruciali come il trasporto pubblico locale o l’edilizia scolastica. Il confronto con le altre regioni italiane mostra un’Italia divisa in tre: al Nord l’evasione è molto più contenuta e la capacità amministrativa più elevata; il centro si colloca su valori intermedi; nel Mezzogiorno la sottrazione di ricchezza al fisco è strutturale e riguarda quasi un euro su cinque potenzialmente dovuti.
La patrimoniale
Per la Sicilia, dunque, il dibattito sulla patrimoniale rischia di essere fuorviante. Le imposte sulla ricchezza ci sono già, crescono da vent’anni e pesano soprattutto su immobili e risparmi. Ma il vero tema, come sottolinea la Cgia, è un altro: prima di introdurre nuove tasse, occorrerebbe recuperare quelle che già oggi sfuggono al sistema. Un’azione che passa dal rafforzamento dei controlli, dalla digitalizzazione dei processi amministrativi e da una politica di incentivazione alla compliance fiscale, soprattutto nelle aree dove il sommerso è più radicato. Finché l’evasione resterà su livelli così elevati, la Sicilia continuerà a perdere risorse decisive per il suo sviluppo, mentre il divario con il resto del Paese – e in particolare con le aree più dinamiche del Nord- rischia di ampliarsi ulteriormente. In un momento storico in cui si discute di autonomia differenziata e di nuovi equilibri finanziari tra Stato e regioni, il tema della fiscalità reale, e non solo teorica, diventa più che mai centrale.
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