Diritti e doveri dei conviventi di fatto, come una famiglia
“Inoltre, qualora la Cirinnà apparisse poco convincente, – continua l’avvocato – è opportuno specificare che lo status di convivente di fatto comporta il riconoscimento di specifici doveri e diritti. Stessi o simili diritti che spettano al coniuge e al partner unito civilmente: in caso di malattia grave da comportare un deficit della capacità di intendere e volere, il convivente può delegare l’altro a rappresentarlo nelle decisioni in ambito di salute oppure in caso di malattia o di ricovero, i conviventi di fatto hanno diritto reciproco di visita, di assistenza, di accesso alle informazioni personali ecc. Quindi, i conviventi di fatto – per la legge italiana – vengono considerati a tutti gli effetti una famiglia. E lo Stato italiano tutela l’unità familiare e garantisce i diritti inviolabili previsti dalla nostra Costituzione che spettano ai singoli in quanto esseri umani e non perché partecipi di una determinata comunità politica”.
Il matrimonio (o unione civile) dello straniero in Italia
“Infatti, per chi non lo sappia, – ci dice l’avvocato – un cittadino straniero irregolare domiciliato in Italia, può sempre contrarre matrimonio o unione civile; sono sufficienti solamente un documento di identità e il nulla osta. Il primo comma dell’art. 116 cc rubricato “matrimonio dello straniero in Italia”, stabilisce che “lo straniero che vuole contrarre matrimonio nello Stato deve presentare all’ufficiale dello stato civile una dichiarazione dell’autorità competente del proprio paese, dalla quale risulti che giusta le leggi a cui è sottoposto nulla osta al matrimonio [nonché di un documento attestante la regolarità del soggiorno in Italia*]. *Quest’ultimo comma è stato dichiarato incostituzionale con sentenza della Corte Costituzionale n. 245 del 25 luglio 2011, sempre per la logica di garantire i diritti inviolabili dell’uomo. La condizione giuridica dello straniero infatti, non deve essere considerata come causa di trattamenti peggiorativi”.
La legislazione europea e internazionale sui diritti alla famiglia per le coppie internazionali
“Quindi – continua Giulia Vicari – la domanda che sorge spontanea è: se lo Stato italiano garantisce l’unità familiare, riconoscendo ai cittadini stranieri irregolari la possibilità di sposarsi o di unirsi civilmente, perché le coppie di fatto – considerate una famiglia – non godono degli stessi diritti?
Potrebbe farsi un elenco infinito delle norme fondamentali che vengono quotidianamente violate: alcune riportate nella CEDU (Convenzione europea dei diritti dell’uomo, nda), altre in direttive europee e in norme internazionali.
Fondamentale in tal senso è, ad esempio, l’art. 3, comma 2, lett. b) del d.lgs. 30/2007, che recepisce la direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. La direttiva riconosce il diritto all’agevolazione dell’ingresso e del soggiorno anche al partner con cui “il cittadino dell’Unione abbia una relazione stabile debitamente attestata dallo Stato del cittadino dell’Unione”.
La direttiva garantisce quindi espressamente il diritto di soggiorno nel territorio degli Stati membri a coloro che, ai sensi dell’art. 3 d.lgs. 30/2007, abbiano una stabile convivenza con il partner italiano.
In altre parole, il “convivente di fatto”, ove sia stata costituita una famiglia di fatto, acquisisce lo “status di familiare” a prescindere dalla registrazione anagrafica o dal permesso di soggiorno”.
LA PROVA DELLA CONVIVENZA DI FATTO (CONTINUA LA LETTURA)

