Roma, 23 set. (askanews) – La direzione Pd fila via senza sorprese, come del resto ampiamente previsto per un appuntamento a pochi giorni dal voto nelle Marche. L’invito all’unità della segretaria Elly Schlein oggi viene raccolto da tutti, perché nessuno vuole rischiare l’accusa di avere sabotato la campagna elettorale, ma l’area più irrequieta della minoranza ormai ha deciso e dopo il voto nelle regioni la discussione ripartirà e peserà certo parecchio il risultato elettorale. La ‘pax bonacciniana’, come la definisce un esponente della maggioranza Pd, è ormai al tramonto e la direzione di oggi conferma che la spaccatura tra il presidente del partito e molti dei suoi ormai ex sostenitore è a questo punto definitiva.
La Schlein tiene una relazione ‘da battaglia’, inizia con Gaza, attacca la presidente del Consiglio (“Ieri erano migliaia in piazza, Meloni tace, l’Italia no”), definisce “inaccettabile criminalizzare ogni piazza e ogni forma di dissenso” come ha fatto il governo dopo le manifestazioni di ieri. La leader Pd si tiene alla larga dalle polemiche interne al partito e alla coalizione, preferisce battere sul caro-bollette (“In tre anni Meloni non ha fatto nulla”), affondare i colpi sul fisco, strizzando l’occhio anche al ceto medio: “La pressione è al 42,7%, il livello più alto dal 2020. Meloni restituisca ai contribuenti il ‘Fiscal drag’”.
La leader Pd sa che il voto nelle regioni è un punto di svolta, una vittoria nelle Marche sposterebbe – con tutta probabilità – il risultato complessivo a favore della “coalizione progressista” e la rafforzerebbe anche di fronte alle offensive che si preparano sia dentro che fuori il Pd. Nella relazione dedica solo un accenno agli equilibri politici. Invoca coesione e precisa: “Il Pd è saldamente il perno dell’alternativa”, ma per battere la destra serve “unità dentro al partito e unità fuori dal partito”.
Prova a rassicurare i riformisti ribelli, che lamentano la metamorfosi del Pd in partito solo di sinistra: “Siamo una grande forza plurale, teniamocela stretta in mezzo a tutti questi partiti personali”. Quindi lancia un appello agli alleati, a cominciare M5s che continua a frenare rispetto ad una alleanza organica: “Dico alle altre forze della coalizione progressista: continuiamo a lavorare insieme, ne abbiamo bisogno”. Soprattutto, avverte, “Continuiamo a lavorare insieme, anziché indugiare in competizione tra di noi. Ogni minuto passato in polemiche tra noi o al nostro interno è comunque un minuto in meno speso a inchiodare il governo alle sue mancanze”. Appelli che, appunto, saranno molto più convincenti con un buon risultato elettorale.
Ma la spaccatura interna alla minoranza ormai è consumata. I ‘ribelli’ partecipano alla direzione, alcuni come Lorenzo Guerini e Pina Picierno collegati via web, non c’è la ‘diserzione’ che qualcuno aveva temuto la scorsa settimana. Gli umori però restano critici, il fronte più insofferente della minoranza non vuole restare a guardare di fronte a quella che considera una mutazione genetica del Pd, da partito che parla alla società a 360 gradi a una forza tutta identitaria, esclusivamente con lo sguardo alla sinistra più tradizionale.
Anche le parole di Bonaccini, del resto, confermano che ormai il divorzio è consumato. Il presidente Pd ripete davanti alle telecamere i giudizi sferzanti già pronunciati alla riunione della minoranza che si è tenuta sabato scorso: “Vorrei evitare una discussione sul riformismo. Ci sono due riformismi, uno da salotto e uno da popolo. Io spero di appartenere al secondo. Il Pd è una forza politica che è tra le poche che discute davvero. L’importante è trovare modi e tempi. Se si apre una discussione talmente surreale come quella che ho sentito in questi giorni mentre vanno al voto sette regioni, chi sta andando al voto non è troppo contento”.
Si farà un “bilancio dopo le regionali”, dice Bonaccini. Ma i ribelli Pd hanno altre idee. “Lui oggi certifica il suo ingresso in maggioranza”, commenta un parlamentare. Loro, i ‘ribelli’, si ritroveranno già il 24 ottobre a Milano “sui temi”, tengono a precisare. Temi “riformisti”, ovviamente. “Faremo quello che serve a un partito plurale, stimolare la maggioranza su un’agenda riformista”. All’evento di ottobre ci saranno tra gli altri Guerini, Gori, Picierno, Delrio, Sensi, Quartapelle, Madia e tanti altri, compreso Paolo Gentiloni. “Ma ci saranno tante altre iniziative”, viene assicurato.

