Il ministero della Pubblica amministrazione ha lanciato una sorta di allarme riguardante lo svuotamento degli organici ai livelli nazionale, regionali e locali. A noi, per contro, sembra una buona notizia poiché questa è l’occasione giusta per assumere dipendenti e funzionari competenti e formati con le nuove tecnologie digitali e organizzative. Ovviamente, per andare in questa direzione, è necessario procedere come prima indicato.
Qualcuno ricorderà l’articolo 97 della Costituzione, secondo cui nelle Pubbliche amministrazioni si entra per concorso. La questione, quindi, riguarda la tipologia e la qualità dei concorsi stessi.
È ormai opinione diffusa che questi siano obsoleti perché i relativi esami riguardano fatti, comportamenti e questioni dello scorso secolo, non più utili alle attività odierne. Quanto precede sia dal punto di vista organizzativo, fortemente modernizzato, che da quello digitale, fortemente evoluto.
Chi dovrebbe cambiare i concorsi previsti dal citato articolo 97 della Costituzione? Burocrati che non possiedono i requisiti di modernità né nel campo dell’organizzazione né in quello digitale. E nessuno può dare ciò che non ha.
Il ministro della Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, dovrebbe interpellare società internazionali competenti del ramo per formulare attuali argomenti di concorso pubblico nelle diverse branche. Probabilmente ci sta provando, anche se non ne abbiamo ancora notizia.
Non solo, quindi, dovrebbe cambiare i contenuti dei concorsi pubblici, ma dovrebbero essere effettuate campagne di stampa, possibilmente sui giornali di carta, per indirizzare i partecipanti verso queste nuove frontiere, abbandonando del tutto i percorsi precedenti.
In questa direzione di modernizzazione dovrebbe dare un contributo fondamentale l’Università, passando dallo studio pedissequo delle materie a uno studio complesso e interconnesso delle stesse, avente per obiettivo la formazione dei futuri professionisti dei diversi rami, capaci di risolvere i problemi che si presentano loro.
È proprio di questa generazione di professionisti e professioniste della Pa, ma anche privati, che ha bisogno il nostro Paese. Professionisti che abbiano la condizione mentale di valutare i problemi e le difficoltà e di trovarvi le soluzioni.
I nuovi assunti nella Pa dovrebbero essere dei problem solver, in modo da essere loro stessi asfaltatori delle difficoltà e risolutori efficaci dei problemi, organizzativi e digitali.
La questione che poniamo non è secondaria. Basti ricordare che la carenza della Pubblica amministrazione comporta una mancata crescita dell’economia, in quanto essa ha bisogno, per camminare e correre, di una macchina che funzioni in modo efficiente e continuo, non certo di una che abbia un motore che funziona a tre cilindri su quattro, com’è in atto.
Quanto esponiamo non è facile perché comporta un cambio di mentalità: da quella egoistica a una altruistica, cioè la comprensione che chi lavora nel settore pubblico debba soddisfare i bisogni di cittadine e cittadini.
Sappiamo che questi editoriali in materia urtano tutti coloro che dalle indispensabili innovazioni descritte sarebbero scalzati fuori dal sistema. Ma la responsabilità è degli stessi, che in questi decenni non hanno continuato a studiare – come era loro dovere – per apprendere le più moderne tecniche organizzative e digitali.
Chi invece l’avesse fatto, oggi non recriminerà e si troverà in pole position per occupare posti di responsabilità, legati alle competenze, a loro volta legate alle conoscenze.
C’è gente che ancora oggi lavora nella Pa per portare a casa lo stipendio, in quanto è disamorata dalla disfunzione generale che esiste al suo interno. Dovrebbe chiedersi ogni mese, invece, come faceva Giovanni Falcone: “Mi sono meritato lo stipendio?”.
Sappiamo, dunque di essere invisi a molti, ma è nostro dovere riportare i guasti che ci sono nel nostro sistema, con l’augurio che vengano riparati. Presto!

