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Pensioni, Opzione donna, come funziona e cosa cambia dal 2022

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Pensioni, Opzione donna, come funziona e cosa cambia dal 2022

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giovedì 04 Novembre 2021

Tutte le condizioni per accedere a Opzione donna, sia per le dipendenti pubbliche, sia per le lavoratrici del settore privato.

Pensione con Opzione donna, come funziona? E quali sono i requisiti? L’opzione confermata dalla manovra 2022, secondo le news relative al capitolo pensioni, si rivolge alle lavoratrici che intendono uscire anticipatamente dal mondo dell’impiego: per chi si avvale di questa possibilità è possibile andare in pensione con un minimo di 58 anni di età, 59 anni se si tratta di lavoratrici autonome (i requisiti dovrebbero cambiare ad opera della legge di Bilancio 2022, in base a quanto previsto nel Ddl di Bilancio). Per la pensione Opzione donna, i requisiti non si limitano comunque all’età, o al minimo di 35 anni di contribuzione: le condizioni per accedere al trattamento sono numerose, alcune esplicitate dalla legge che disciplina questa tipologia di pensione, altre previste in quanto applicate alla generalità delle pensioni di anzianità e anticipate.

Gli ostacoli al pensionamento “rosa”

Ci sono poi delle situazioni che impediscono, di fatto, l’accesso alla pensione Opzione donna, come la mancanza di contributi per il triennio 1993- 1995 per le dipendenti pubbliche, o il già integrale assoggettamento al calcolo contributivo della pensione. A questo proposito, non bisogna dimenticare il “prezzo da pagare” per un così consistente anticipo nell’uscita dal lavoro: in cambio del beneficio, è richiesto il ricalcolo del trattamento con sistema interamente contributivo, anche relativamente alle quote che sarebbero state determinate con sistema retributivo.

A differenza del calcolo retributivo, basato sugli ultimi redditi e sull’anzianità contributiva collocata entro determinati periodi, il calcolo contributivo si basa sui versamenti accreditati, rivalutati in base alla variazione quinquennale del Pil nominale, nonché sull’età dell’interessato al momento del pensionamento. I rendimenti risultano piuttosto bassi ed il fatto di non considerare solo gli ultimi anni di lavoro, che di solito sono quelli con reddito più elevato, rende nella maggior parte dei casi il sistema contributivo piuttosto penalizzante.

Requisiti per l’Opzione donna

I requisiti previsti dalla legge per la generalità delle lavoratrici che desiderano accedere all’Opzione donna erano:

– almeno 58 anni di età compiuti entro il 31 dicembre 2020, per le lavoratrici dipendenti;

– almeno 59 anni di età compiuti entro il 31 dicembre 2020, per le lavoratrici autonome;

– almeno 35 anni di contributi, accreditati entro il 31 dicembre 2020 (i periodi contributivi possono essere anche accreditati successivamente, ad esempio attraverso un’operazione di riscatto o ricongiunzione: l’importante è che la loro collocazione, nell’estratto conto previdenziale, risulti entro il 31 dicembre 2020); i 35 anni di contributi non possono essere conseguiti in regime di cumulo, cioè sommando gratuitamente i versamenti accreditati presso casse diverse: è consentito il solo cumulo “interno” all’Assicurazione generale obbligatoria (ad esempio tra la contribuzione accreditata presso il Fondo pensione dei lavoratori dipendenti e presso la gestione dei commercianti).

A partire dalla maturazione dei requisiti, si applica un periodo di attesa, detto finestra, pari a 12 mesi per le lavoratrici dipendenti ed a 18 mesi per le autonome.

Opzione donna dal 2022, cosa cambia

Il disegno di legge di bilancio 2022 prevede, per le lavoratrici che desiderano accedere all’Opzione donna, dei nuovi requisiti:

– almeno 60 anni di età compiuti entro il 31 dicembre 2021, per le lavoratrici dipendenti;

– almeno 61 anni di età compiuti entro il 31 dicembre 2021, per le lavoratrici autonome;

– almeno 35 anni di contributi, accreditati entro il 31 dicembre 2021 (i periodi contributivi possono essere anche accreditati successivamente, ad esempio attraverso un’operazione di riscatto o ricongiunzione: l’importante è che la loro collocazione, nell’estratto conto previdenziale, risulti entro il 31 dicembre 2021); i 35 anni di contributi non possono essere conseguiti in regime di cumulo, cioè sommando gratuitamente i versamenti accreditati presso casse diverse: è consentito il solo cumulo “interno” all’Assicurazione generale obbligatoria (ad esempio tra la contribuzione accreditata presso il Fondo pensione dei lavoratori dipendenti e presso la gestione dei commercianti).

Resta confermato che, a partire dalla maturazione dei requisiti, si applica un periodo di attesa, detto finestra, pari a 12 mesi per le lavoratrici dipendenti ed a 18 mesi per le autonome.

Requisiti per le iscritte all’Assicurazione generale obbligatoria

Le lavoratrici iscritte presso l’Assicurazione generale obbligatoria Inps (che comprende il Fondo pensione dei lavoratori dipendenti e le gestioni degli artigiani, dei commercianti, dei coltivatori diretti, Iap, coloni e mezzadri), nonché presso alcune gestioni sostitutive, possono conseguire la pensione con opzione donna solo se i 35 anni di contributi risultano “al netto”: dei contributi figurativi per disoccupazione indennizzata (ad esempio per Naspi); dei contributi figurativi per malattia e infortunio non integrati dal datore di lavoro.

Questi requisiti non sono previsti per le iscritte presso le gestioni esclusive dell’Assicurazione generale obbligatoria, quindi per le dipendenti pubbliche.

Requisiti per le dipendenti pubbliche

Le lavoratrici dipendenti dalle Pubbliche amministrazioni si scontrano, comunque, con un requisito “occulto” per l’Opzione donna: si tratta della presenza di contribuzione nel triennio 1993-1995.

La quota A di pensione contributiva, ossia la quota nella quale rientra la contribuzione anteriore al 1996, è calcolata sulla base imponibile di un periodo di riferimento.

Per le dipendenti private e per le lavoratrici autonome questo periodo è pari a 10 anni (cioè dal 1986 al 1995); per le dipendenti pubbliche con almeno 15 anni di servizio al 31 dicembre 1992 il periodo è pari a 18 mesi, dal giugno 1994 al 1995; per le dipendenti pubbliche con meno di 15 anni di contribuzione alla data del 31 dicembre 1992 il periodo è pari a 3 anni, dal 1993 al 1995.

Di fatto, se manca la contribuzione nel triennio, ad esempio perché la lavoratrice possiede versamenti precedenti ed ha un vuoto contributivo proprio nel periodo di riferimento, il calcolo della prima quota di pensione con opzione donna non può essere effettuato, anche se la legge non prevede un’esclusione esplicita. Sarebbe auspicabile un chiarimento da parte del ministero del Lavoro o dell’Inps, in merito.

Chi non può accedere all’Opzione donna?

Poiché l’Opzione donna comporta il calcolo interamente contributivo della pensione, in cambio del forte anticipo concesso nell’uscita dal lavoro, va da sé che non risulta possibile accedere al beneficio:

– per le lavoratrici prive di contributi anteriori al 1996, in quanto integralmente assoggettate al calcolo contributivo;

– per le iscritte presso la gestione Separata, in quanto tutta la contribuzione presente in questa cassa è calcolata con sistema contributivo.

Le iscritte alla gestione Separata possono accedere all’Opzione donna solo se sono iscritte presso altre casse e se arrivano, presso queste gestioni, al requisito contributivo richiesto. A tal proposito, è bene sapere che l’Inps non consente di ricongiungere la contribuzione accreditata presso la gestione Separata. (Adnkronos)

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