Per la rivalutazione degli assegni e per attutire la fine di Quota 100 attraverso un'uscita a 563/64 anni con una "pensioncina" parametrata sulla quota contributiva maturata fino a quel momento
Con la legge di Bilancio dovrebbero essere stanziati circa cinque miliardi di euro per il capitolo Previdenza.
Il lavoro per definire le misure sarebbe ancora in corso ma le risorse in manovra per le pensioni dovrebbero essere impegnate per la rivalutazione degli assegni e per attutire la fine di Quota 100.
Ciò al fine di continuare a consentire forme di uscita anticipata, non solo attraverso l’ampliamento dell’Ape social, con requisiti ridotti rispetto allo “scalone” Fornero.
Le modifiche all’Ape sociale proposte dalla Commissione sui lavori gravosi porterebbe alla necessità di stanziare in tre anni poco più di un miliardo di euro.
L’ipotesi per affrontare la fine di Quota 100 è quella di prevedere, per i lavoratori appartenenti al sistema misto, la possibilità di accedere intorno ai 63/64 anni a una “pensioncina” parametrata sulla quota contributiva maturata, per poi avere la pensione completa al raggiungimento dell’età prevista.
Lo ha detto il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico in un’audizione davanti alla Commissione Lavoro della Camera spiegando che quest’ipotesi sarebbe “sostenibile” dal punto di vista finanziario con un aggravio di circa due miliardi e mezzo per i primi tre anni e risparmi a partire dal 2028.
Nel 2022 potrebbero accedere a questo strumento cinquantamila persone per una spesa di 453 milioni mentre nel 2023 potrebbero accedere sessantaseimila persone per 935 milioni.
Gli anni con il costo più sostenuto sarebbero il 2024 e 2025 con oltre un miliardo e cento all’anno e centosessantamila uscite nel biennio.
I requisiti sarebbero almeno 63/64 anni di età (requisito da adeguare alla speranza di vita); essere in possesso di almeno vent’anni di contribuzione; aver maturato, alla data di accesso alla prestazione, una quota contributiva di pensione di importo pari o superiore a 1,2 volte l’assegno sociale.
La prestazione completa spetta fino al raggiungimento del diritto per la pensione di vecchiaia.
La prestazione è parzialmente cumulabile con redditi da lavoro dipendente e autonomo, e si potrebbero prevedere – spiega – meccanismi di staffetta generazionale, legati anche a part time ed è incompatibile con trattamenti pensionistici diretti, trattamenti di sostegno al reddito, reddito di cittadinanza, Ape sociale e indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale
Con le modifiche dell’Ape sociale un miliardo in tre anni
Con le modifiche all’Ape sociale proposte dalla Commissione sui lavori gravosi (proroga fino al 2026, ampliamento della platea per i lavori gravosi e riduzione dei contributi per gli edili da 36 a 30) porterebbe alla necessità di stanziare in tre anni poco più di un miliardo di euro. E’ quanto emerge dalle tabelle presentate dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, in una audizione alla Commissione Lavoro della Camera secondo le quali per il 2022 l’aggravio sarebbe di 126,7 milioni, 337,1 nel 2023 e 520,7 nel 2024 per poi salire fino a 805 milioni di euro nel 2026.
Per le uscite con 41 anni di contributi oltre 9 miliardi a regime
Il pensionamento con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età costerebbe nel 2022 4,3 miliardi per poi crescere e toccare nel 2029 oltre 9 miliardi l’anno. Lo ha detto il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico in una audizione alla Commissione Lavoro della Camera sulle possibile modifiche delle regole per l’accesso alla pensione. Nel 2023 l’aggravio sarebbe di 5,99 miliardi e nel 2024 di 5,86 miliardi.