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Peppino Impastato, il rivoluzionario che voleva capire

Peppino Impastato, il rivoluzionario che voleva capire

Così lo ha definito, nel quarantaduesimo anniversario della morte, il presidente dell’Antimafia Morra. Orlando, “usava cultura e informazione come armi”. Don Ciotti, “era giustizia e sogno”. Musumeci, “un altro passo per acquisirne il casolare”


“Non dimenticare significa anche non sottrarsi al dolore della memoria. Riconoscere di avere necessità di eroi significa aver coscienza di quanto ancora si debba fare. E studiare, perché se #PeppinoImpastato è oggi ricordato come uno dei pochi rivoluzionari italiani lo si deve alla sua volontà di capire, di analizzare, di studiare appunto”.

Lo ha scritto su Fb Nicola Morra, presidente della Commissione Antimafia, in occasione dell’anniversario della morte di Peppino Impastato, ucciso dalla mafia il nove maggio del 1978 a Cinisi, nel Palermitano.

“Con una laurea in Filosofia ha dato enorme fastidio ai potenti di #mafiopoli, con una laurea in Filosofia ha proposto analisi lucide di come #CosaNostra sia antiumana ed antidemocratica”, ha aggiunto Morra.

Orlando, usava come armi cultura e informazione

“La morte di Peppino Impastato – ha detto il sindaco di Palermo Leoluca Orlando nel quarantaduesimo anniversario della sua uccisione – ha segnato uno dei punti più tragici e perversi della permeabilità sino alla identificazione fra istituzioni pubbliche e private e mafia, che assumeva a volte anche il volto dello Stato”.

“Ricordare la sua morte ma soprattutto la sua vita – ha aggiunto – , impegnato con le armi della cultura, dell’informazione e dell’ironia contro la violenza fisica e culturale della mafia, non è solo un modo per continuare a rendere un doveroso omaggio, ma è anche un modo per ricordare quanto quelle armi siano tutt’ora un grande strumento, unito alla repressione giudiziaria, per contrastare le mafie di ogni tipo”.

Don Ciotti, era giustizia e sogno

“Peppino – ha detto don Luigi Ciotti, presidente di Libera – è per tanti, soprattutto giovani, simbolo di un impegno contro le mafie, la corruzione, le ingiustizie. Simbolo senza confini, vista la dimensione nazionale e internazionale assunta ormai dal crimine organizzato. La sua è però una memoria esigente, che non può fermarsi ai discorsi e alle celebrazioni retoriche. Tanto più che una delle grandi intuizioni di Impastato è stata usare l’arma della satira contro la mafia e contro la politica che con la mafia faceva e fa affari”.

“Una scelta dirompente, all’epoca – ha sottolineato -, nata da chi il codice di valori mafioso lo conosceva molto bene, dall’interno, e sapeva che ai cosiddetti “uomini d’onore” la denuncia di violenze e malefatte fa spesso il solletico, mentre la messa alla berlina dei loro atteggiamenti, delle loro manie di grandezza, del loro prendersi molto sul serio suona come il peggiore degli affronti”.

“Allora – ha concluso – grazie di cuore, Peppino. Grazie per quello che hai fatto e che ci hai lasciato. Lo riconosco ogni giorno, il valore della tua eredità. Negli sguardi irrequieti di tanti giovani, nella loro passione e nel loro impegno. Il nome Impastato significa per loro molte cose: giustizia, bellezza, sogno. Ma soprattutto quella parola che le riunisce tutte: libertà. Libertà dal conformismo e dalla rassegnazione, libertà dai compromessi complici delle mafie”.

Musumeci, un altro passo per acquisire il suo casolare

E nel giorno dell’anniversario dell’omicidio di Impastato, la Regione ha compiuto un ulteriore passo avanti nella procedura di esproprio dell’edificio rurale di Cinisi dove fu ucciso il giornalista siciliano.

È stato infatti registrato in ragioneria il decreto del dirigente generale del dipartimento regionale dei Beni culturali, Sergio Alessandro, di determinazione dell’indennità provvisoria di espropriazione in favore della ditta proprietaria del casolare e del terreno rurale circostante, secondo la stima redatta dalla Soprintendenza di Palermo.

Lo ha reso noto il presidente della Regione siciliana Nello Musumeci che ha dato disposizioni agli uffici di accelerare al massimo le procedure.

“Quel luogo di violenza mafiosa – ha detto il governatore – appartiene ormai idealmente al patrimonio di tutti i siciliani onesti, al di là delle collocazioni. Acquisire il casolare e salvaguardarlo, quindi, è il necessario atto consequenziale che la Regione e gli enti locali hanno il dovere di compiere”.