Per la pace non sempre la diplomazia è sufficiente - QdS

Per la pace non sempre la diplomazia è sufficiente

Per la pace non sempre la diplomazia è sufficiente

Salvo Fleres  |
giovedì 22 Agosto 2024

La diplomazia non è tutto e non è il solo strumento utilizzabile per perseguire la pace

In questi giorni, purtroppo dolorosi per tutti, un po’ per via dell’aggressione armata scatenata dalla Russia contro l’Ucraina, oltre due anni addietro, un po’ per l’attacco di Hamas ad Israele, verificatosi diversi mesi addietro, si ricomincia a parlare di conflitti e di auspici di pace, anche se non sempre lo si fa con la lealtà dovuta verso chi legge o ascolta la radio o la Tv.

C’è chi si esprime con onestà intellettuale e piena consapevolezza delle reali condizioni vissute dal mondo intero, dove le guerre in corso sono circa 170, e c’è chi lo fa per strumentalizzare le “anime semplici”, provando ad approfittare della loro claudicante condizione culturale. A guardare bene la sostanza di chi pensa che la pace sia una condizione unilaterale, non è difficile notare che costoro sono gli stessi che, affetti da precoce e “pruriginosa” perdita di memoria, dimenticano di citare la seconda parte dell’art. 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e sostengono che “tutti gli uomini nascono liberi e uguali”, trascurando il dettaglio che l’articolo in questione prosegue affermando che tale uguaglianza è “in dignità e diritti”.

In tal modo essi tentano di illudere le “anime semplici” ed anche un po’ ignoranti, provando a far credere loro che Einstein sia uguale a chi non conosce neanche le tavole pitagoriche. In realtà sarebbe molto più onesto parlare di pari opportunità, e di adeguato sostegno a chi mostra problemi, ecc. Ma perché cito “l’uguaglianza distorta” dei mistificatori di cui si è detto per affrontare il tema della pace? Lo faccio perché lo stesso metodo che utilizza la parzialmente citazione di concetti e principi fondamentali costituisce un vecchio vizio, che si ripete in più circostanze ed è frutto di palese malafede. Basti notare il contenuto di certi striscioni che citano, in parte anche questa volta, l’art. 11 della Costituzione, trascurandone accuratamente altri. Ad uso di una corretta informazione, quindi, riporto l’intero contenuto del citato art. 11: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.

Com’è facile notare, pertanto, “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa…” non “l’Italia ripudia la guerra” e basta! A conferma di questo concetto, l’art. 78 della Costituzione precisa che: “Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari”. Infine, ove non bastasse il valore del concetto in questione, l’art. 87 comma 9 afferma che il Presidente della Repubblica: “Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio Supremo di Difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere”. Ebbene, anche se ai turlupinatori delle anime semplici può sembrare strano, gli articoli 11, 78 e 87 della Costituzione, ovviamente, sono stati pensati, scritti ed approvati dalle stesse persone, che, a distanza di oltre settant’anni, continuano a mostrare maggiore intelligenza di certi “pacifisti della domenica”, soprattutto se la guerra alla quale si riferiscono si svolge in casa d’altri.

Intendo dire che, purtroppo, la diplomazia, ancorché sempre auspicabile e da perseguire ad ogni costo, non è tutto e non è il solo strumento utilizzabile per perseguire la pace. Chi dovesse avere ancora dubbi, su questa drammatica realtà, potrebbe cominciare a rileggere qualche buon libro di storia o, in alternativa, potrebbe andare a marciare per la pace a Mosca o nelle città simbolo dei terroristi di Hamas o delle milizie operanti in Africa. A quel punto, però, non gli resterebbe che sperare di non essere caricati dalle locali forze di polizia, che ovviamente ignorano sia l’articolo 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, sia la successiva risoluzione 33/73, adottata dell’Assemblea generale ONU del 1978, il cui art. 1 dichiara: “Ogni Nazione e ogni essere umano, a prescindere da considerazioni di razza, coscienza, lingua o sesso, ha il diritto intrinseco a vivere in pace”. Speriamo nel buonsenso!

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