Per la Cassazione il limite di trenta giorni non può essere superato. Proroga di un altro mese, su autorizzazione del dirigente dell'ufficio, per verifiche particolarmente complesse
ROMA – Altra sentenza delle Corte di Cassazione sulla permanenza dei verificatori in azienda. Il termine da non superare non è quello di durata del controllo ma quello della effettiva permanenza dei verificatori.
Nel abbiamo già parlato altre volte. Ma ogni tanto la Corte di Cassazione ci porta a ritornare sull’argomento.
Lo Statuto dei Diritti del Contribuente, la legge 27 luglio 2000 n.212, all’articolo 12, stabilisce che la permanenza del personale dell’Amministrazione finanziaria, civile e militare, presso la sede del contribuente per l’esecuzione di verifiche fiscali non può superare i 30 giorni lavorativi, termine prorogabile di altri trenta giorni in caso di particolare complessità del controllo e su autorizzazione del dirigente dell’ufficio. Lo stesso termine è ridotto a soli quindici giorni, nell’arco di non più di un trimestre, quando il contribuente verificato è un lavoratore autonomo o un’impresa in contabilità semplificata.
Non sempre, però, i verificatori concludono il controllo entro i precisi termini previsti dalla legge. C’è da dire, peraltro, che la disposizione di cui parliamo, contenuta nello Statuto dei Diritti del Contribuente, è certamente una norma di civiltà, ma, trattandosi di una norma che non ha carattere costituzionale, come tutte le altre disposizioni dello “Statuto” risulta assolutamente violabile e, purtroppo, molto spesso violata.
La violazione dell’Amministrazione finanziaria, tutt’al più, può dar luogo ad una responsabilità disciplinare dei verificatori, ferma restando la possibilità del contribuente interessato di rivolgersi al Garante del Contribuente quando i verificatori procedono con modalità non conformi alla legge.
Qualche volta, comunque, è stata messa in dubbio la legittimità degli accertamenti basati su processi verbali di constatazione che risultavano la sintesi di verifiche durate oltre trenta giorni, ma con una durata dei verificatori in azienda inferiore a tale termine.
La Corte di Cassazione, invero, ha sempre avuto un orientamento favorevole all’Amministrazione finanziaria, sostenendo che quello previsto dall’articolo 12 della legge 212/2000 non solo è un termine ordinatorio e non perentorio (per cui la violazione del limite di permanenza presso la sede del contribuente non determina un impedimento all’attività accertatrice), ma non riguarda la durata complessiva delle indagini fiscali, ma solo la materiale permanenza dei verificatori nei locali del soggetto sottoposto a verifica.
La Suprema Corte ha confermato tale orientamento recentemente, la Sentenza n. 18608 dell’11 Settembre 2019.
Nel caso specifico un contribuente, che esercitava l’attività di produzione di biancheria per la casa, aveva ricevuto una verifica che aveva avuto inizio il 18 settembre 2006 ed era terminata il 18 dicembre dello stesso anno. L’indagine, quindi, era durata più di trenta giorni.
Dal controllo erano emerse violazioni abbastanza consistenti, tra cui l’irregolare tenuta della contabilità e l’esistenza di una contabilità parallela, risultante dal computer rinvenuto dai verbalizzanti, attraverso la quale è stato ricostruito induttivamente il volume d’affari e l’ammontare dei ricavi.
Il contenzioso è stato avviato non solo per la quantificazione dei ricavi, ma anche per l’aspetto formale della vicenda, visto che il contribuente riteneva che una durata della verifica superiore al termine previsto dallo “Statuto” potesse rendere inutilizzabili le risultanze del controllo.
Ma, come già detto, la Cassazione, con la sentenza precedentemente citata, è stata di diverso avviso, confermando l’operato dell’Amministrazione finanziaria.