La Corte costituzionale, accogliendo aspirazioni largamente diffuse in una società in continua evoluzione, nella sua sentenza n. 33 del 2025 ha eliminato l’anacronistica limitazione all’adozione da parte dei single. La decisione riguarda peraltro solo la cosiddetta “adozione internazionale” relativa ai minori stranieri: c’è da sperare che la limitazione venga meno anche per l’adozione “interna”, a opera del legislatore o, in mancanza, con un nuovo intervento della Corte costituzionale.
L’art. 29-bis, primo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184 sul “Diritto del minore alla famiglia” rinviando all’art. 6, primo comma, consente l’adozione internazionale ai coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni. Secondo il giudice che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale, l’art. 29-bis lede tanto l’art. 2 della Costituzione, che tra le formazioni sociali tutelate comprende anche la famiglia mono-genitoriale che l’art.117, primo comma, Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 8 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo che riconosce il diritto al “rispetto della vita privata e familiare”.
All’adozione di tipo romanistico che rende possibile la trasmissione ad altro soggetto maggiorenne del cognome e del patrimonio di chi sia senza figli si è aggiunta nell’ordinamento italiano un’adozione volta ad assicurare a minori dichiarati in stato di abbandono un “ambiente familiare stabile e armonioso”, come recita la Convenzione di Strasburgo del 1967. Malgrado gli atti internazionali cui ha aderito l’Italia, (oltre alla Convenzioni di Strasburgo quella dell’Aja del 1993) consentano l’adozione monoparentale, il Parlamento ha optato per il modello bi-genitoriale ritenuto più confacente al minore perché ispirato alla imitatio naturae.
Tuttavia va ricordato che la legge prevede l’adozione a iniziativa del singolo in caso di morte o incapacità di uno dei coniugi o di separazione, sopravvenute nel corso del procedimento di adozione (art. 25, commi 4 e 5 della legge n. 184). Inoltre, ai singoli sono consentite le adozioni cosiddette “in casi particolari” riguardanti minori orfani di padre e di madre, minori affetti da disabilità e minori per i quali sia risultato impossibile l’altrimenti prescritto affidamento preadottivo (art. 44, primo e terzo comma della legge. 184).
Anche la famiglia monoparentale è stata pertanto ritenuta in astratto “ambiente familiare stabile e armonioso”, financo in situazioni di grande criticità. In ogni caso spetta comunque al Tribunale dei minorenni valutare in concreto l’idoneità dell’aspirante adottante.
Sul piano degli impegni internazionali assunti dall’Italia il richiamato art. 8 della Convenzione Edu protegge il diritto all’autodeterminazione del singolo che può declinarsi in vari modi, uno dei quali riguarda proprio le scelte in materia di genitorialità. Queste possono sì essere soggette alle restrizioni consentite dall’articolo ma solo per esigenze compatibili con una società democratica e tenendo conto degli interessi coinvolti, in questo caso l’interesse del singolo a costituire un vincolo genitoriale e l’interesse del potenziale figlio ad un adeguato ambiente familiare. Il legislatore potrà favorire l’adozione bi-genitoriale se la ritiene più adatta alle esigenze di crescita del minore ma non potrà vietare in via generale l’adozione da parte dei single. Sarebbe una misura irragionevole e non proporzionata in quanto sacrifica l’aspirazione alla genitorialità ad una non dimostrata superiorità della famiglia tradizionale, riducendo nel contempo le chance di minori stranieri in situazioni di abbandono di avere un futuro migliore.
Dalla violazione di entrambi i parametri evocati dal giudice rimettente consegue l’incostituzionalità del divieto per il singolo di avvalersi dell’adozione internazionale.
I dati ci dicono che in Italia negli ultimi anni le adozioni internazionali sono crollate: l’apertura ai single operata dalla Corte potrebbe favorire un’inversione di tendenza.

