Lo stabilisce l’art. 8 bis del Dpr n. 633/72 considerandole assimilabili alle esportazioni. Non si applica l’imposta ma resta immutato il diritto alla detrazione della stessa sugli acquisti
ROMA – Come è noto, le operazioni che rientrano nel campo di applicazione dell’Iva ai sensi del Dpr. 26 ottobre 1972 n.633 possono essere “imponibili” (quelle soggette all’aliquota ordinaria del 22% o a quelle agevolate previste dalla legge), “esenti” (quelle elencate nell’articolo 10 del citato Dpr. 633 che prevedono la non applicazione dell’Iva ma escludono il diritto alla detrazione dell’imposta pagata “a monte”), ed infine quelle “non imponibili” (quelle che, pur prevedendo la non applicazione dell’imposta, lasciano immutato il diritto alla detrazione dell’Iva pagata sugli acquisti).
Tra le operazioni “non imponibili” quelle più comuni sono le esportazioni e le altre operazioni indicate nell’articolo 8 del Dpr. 633. Ma, a fianco di queste operazioni, ci sono pure i “servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali” di cui all’articolo 9, nonché le “Operazioni assimilate alle esportazioni” di cui all’articolo 8 bis del medesimo decreto presidenziale.
Tra questa ultime operazioni, alla lettera a) del primo comma del citato articolo, ci sono le “Cessioni di navi adibite alla navigazione in alto mare e destinate all’esercizio di attività commerciale o della pesca”. Sono incluse le navi adibite alla “pesca costiera” e quelle adibite a salvataggio ed assistenza in mare, ma sono esplicitamente escluse le “navi da diporto”.
Condizione per la non imponibilità delle cessioni di navi, pertanto, a prescindere dalle navi adibite a pesca costiera e quelle di salvataggio ed assistenza in mare, è la coesistenza di due caratteristiche fondamentali, ossia la navigazione “in alto mare” e l’utilizzo per fini commerciali o della pesca.
Mentre il secondo dei suddetti requisiti è facilmente individuabile, quello relativo alla navigazione in alto mare è di più difficile individuazione.
è stata l’Agenzia delle Entrate, con risoluzione n. 2 del 12 gennaio 2017, che, sulla base delle indicazioni fornite dalla giurisprudenza europea, ha ritenuto che possa essere considerata “adibita alla navigazione in alto mare” una imbarcazione la quale, con riferimento all’anno precedente (o entro un anno dal varo), ha effettuato viaggi oltre le 12 miglia marine (le così dette “acque territoriali”) in misura superiore al 70%.
Nel disegno di legge di Bilancio per il 2021 è stata introdotta una norma di modifica dell’articolo 8 bis del Dpr. 633/72, con la quale si “mette nero su bianco” sul concetto di “navigazione in alto mare”, precisando (praticamente confermando quanto era stato già stabilito in via interpretativa dall’Agenzia delle Entrate) che per “viaggio in alto mare” si intende quello eseguito tra due punti di approdo durante il quale viene superato il limite delle acque territoriali a prescindere dalla rotta seguita”, e che la nave può considerarsi adibita alla navigazione in alto mare se, nell’anno solare precedente, ovvero – in caso di primo utilizzo – entro l’anno in corso, effettua un numero di viaggi in alto mare superiore al 70%.
Secondo la stessa disposizione i soggetti che intendono avvalersi della facoltà di acquistare senza pagamento dell’Iva (agevolazione normalmente spettante ai soggetti che effettuano operazioni non imponibili ai sensi del secondo comma dell’articolo 8), devono attestare al cedente o prestatore, con una dichiarazione redatta su apposito modello, l’esistenza del requisito della navigazione in alto mare in misura tale da consentire l’applicazione dell’agevolazione.
In caso di mancata applicazione dell’Iva senza la preventiva dichiarazione del cessionario o committente, è applicabile la sanzione che va dal 100 al 200%. La stessa sanzione si applica in caso di rilascio dell’attestazione pur mancando le condizioni previste dalla legge.