Il duo è stato protagonista nei giorni scorsi a Piazza Armerina in occasione del Visiona Movie Fest, iniziativa che ha voluto celebrare la settima arte valorizzando il binomio tra cinema e turismo in un luogo patrimonio dell’Unesco
PIAZZA ARMERINA (EN) – Trent’anni di carriera e un matrimonio di fatto. I ‘nati stanchi’ della comicità italiana declinano Sicilia e ‘sicilianitudine’ in un percorso umano e artistico nato in un villaggio turistico e consacrato sul grande schermo. Dalla conduzione di Striscia La Notizia agli “Incastrati” su Netflix. Ficarra e Picone sono stati recenti protagonisti del Visiona Movie Fest, un format itinerante che promuove la settima arte, arrivato al teatro comunale Garibaldi per celebrare il binomio cinema-turismo in una città Unesco. Una manifestazione organizzata da Driadi Produzioni, Hemingway & Co e dall’Amministrazione comunale piazzese.
Dalla visita alla Villa romana del Casale, in provincia di Enna, agli scorci di Catania nell’ultimo film in uscita il 14 dicembre. Salvo e Valentino, due palermitani in trasferta. Che rapporto avete con la vostra terra?
“La Sicilia sono le radici. Anche se dovremmo cominciare a rassegnarci al fatto che pure gli altri hanno le proprie radici: i calabresi, i veneti, i lombardi… La nostra caratteristica è quella di vivere in un contesto che è Meridione, Sud, diverso dall’‘Altidione’. La Sicilia è tornare a casa”.
Continuate a raccontare il Sud anche e soprattutto a quei ragazzi che, pensando che la bellezza non basti a costruire la speranza, lo abbandonano alla ricerca di un futuro lontano. Credete che la gente di Sicilia abbia davvero bisogno di Ficarra e Picone?
“Ci basta che i nostri racconti servano a uno soltanto. Non abbiamo la presunzione di cambiare la testa di nessuno, ma nei film ci piace lanciare dei punti interrogativi. Come, per esempio, ne ‘L’ora legale’: è sempre tutta colpa dei politici se le cose vanno così? O in ‘Andiamo a quel paese’: davvero i preti non si devono sposare? O ancora ne ‘Il primo Natale’: ti puoi definire ‘cristiano’, se poi cristianamente non accogli?”.
Premio Gian Maria Volontè per “La stranezza” di Roberto Andò, siete la prima coppia comica a ricevere questo prestigioso riconoscimento. Che rapporto avete con il successo?
“Nel momento in cui realizzi quello che volevi fare, sei già un uomo di successo. Nel nostro caso c’è anche il piacevolissimo ‘incidente di percorso’ che è la popolarità, con cui bisogna misurarsi senza però che comprometta la scrittura. Da autori, infatti, scriviamo sempre dei soggetti che ci divertono, sperando che continuino ad incontrare il gusto della gente che ci ha reso popolari”.
Avete dimostrato “sul campo”, anche ai più sofisticati, come la vostra comicità non rimanga di certo in superficie. Come vi sentite?
“Ci sentiamo degli artigiani che costruiscono lo spettacolo. Viviamo il nostro lavoro con la consapevolezza di chi si alza la mattina sapendo che c’è tanto da fare sporcandosi le mani. Puntiamo a divertire, non a consolare, senza però dimenticare vizi e virtù”.
Il mito della stanchezza cronica stiamo riuscendo a sfatarlo, poiché i siciliani stanno finalmente realizzando di doversi dare una mossa. Anche le forme di assistenzialismo non sono presenti nella stessa misura di una volta e i cattivi costumi esistono purtroppo dappertutto: da Nord a Sud. Adesso cosa occorre?
“Per come stanno andando le cose in questo momento, in Italia e anche fuori, ci vuole solo una buona dose di fortuna. E ‘spiramu ca ‘u Signuri c’allumina ‘u ciriveddu!’”.