Il blocco del meridione, malgrado il grande potenziale che ha, e i grandi risultati che ottiene in determinati ambiti, anche all’interno dell’economia. Questo il tema del nuovo libro dell’economista Pietro Massimo Busetta, intitolato “La Rana Bollita. Perché il sud non si ribella“, presentato ieri nel tardo pomeriggio alla libreria “Mondadori” di via Gabriele D’Annunzio a Catania. Presenti per l’occasione, oltre all’autore anche Rosario Faraci, ordinario di Economia e Gestione delle Imprese all’Università di Catania, e Benedetto Torrisi, presidente del corso di laurea in Economia dello stesso ateneo catanese. L’incontro si è aperto con l’introduzione dell’autore, che ha sottolineato in primis come il sottotitolo “Perché il Sud non si ribella” sia stato messo per contrastare i luoghi comuni sul Mezzogiorno d’Italia.
Presentato il libro di Busetta “La Rana Bollita. Perché il sud non si ribella”
Non è affatto vero che il Nord può fare a meno del Sud, che è importante per il settore energetico. Lo stesso Busetta ha ricordato, inoltre, come le rivoluzioni partano sempre da un gruppo ristretto di intellettuali e come il popolo segua il tutto successivamente. Faraci in seguito ha parlato delle diverse chiavi di lettura del libro. Prima di tutto quella meridionalista, con dei dati che certificano come le città della nostra Isola non siano affatto indietro in alcuni ambiti.
In tal senso, è stato fatto anche un esempio storico riguardante l’attraversamento dello Stretto di Messina con un tecnica sperimentata dai romani. Un’altra chiave di lettura citata da Faraci, è stata quella relativa al manifesto dei meridionali definiti con il termine dialettale “ammucca lapuni“, con la citazione del criterio della spesa storica che porta 60 miliardi di euro annui in meno e dei 3 milioni di lavoratori che mancano al sud per stare al passo con il nord.
Anche la famosa “Cassa del Mezzogiorno” trova spazio con due fasi: la prima che ha permesso al Meridione di uscire dalla sua totale vocazione agricola e la seconda che invece si è rivelata tragica per via dei costi ambientali. Nelle classifiche sulla vivibilità delle nostre città, quelle del Sud sono sempre relegate agli ultimi posti. In questo senso, Faraci ha fatto un parallelismo parlando del gioco degli specchi curvi.
Spesso solo un valore negativo influenza il giudizio negativo complessivo su una città, che invece sotto altri profili va bene. Infine, il professore ha puntualizzato anche come il settore delle costruzioni viva un periodo d’oro grazie ai fondi del Pnrr.
Il dibattito sull’Unità d’Italia
Altro tema centrale nel dibattito, illustrato da Busetta, è stato certamente quello dell’Unità d’Italia, dell’annullamento – da esso scaturito – dell’identità di diversi luoghi per unificare il Paese. L’analisi di Busetta ha riguardato anche i quotidiani nazionali, manifesto della forza imprenditoriale di qualcuno, che spesso non trattano i problemi del Meridione. Nel suo intervento, il professore Torrisi, si è soffermato in particolare sul titolo del libro, parlando di un popolo che continua a non dire nulla, malgrado voglia in realtà dire la sua.
L’indicatore sul costo della vita ha la sua importanza, ma è anche vero che, laddove mancano i servizi pubblici, c’è un aggravio che incide sul costo della vita. Torrisi ha anche parlato del tema dell’insularità che però non trova seguito nei decreti attuativi e della marginalità economica, che vede la Sicilia lontana dallo sviluppo, malgrado la nostra Isola abbia avuto una maggiore resilienza rispetto ad alcune regioni del Nord dopo il Covid. Per cambiare tutto, insomma, ci vuole un’iniezione di capitale umano per la Sicilia.

