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Pil: Cina +4,8%, Usa +2,8%, Ue +1,1%

Pil: Cina +4,8%, Usa +2,8%, Ue +1,1%
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C’è qualcosa che non va

I numeri non mentono. Ve li abbiamo scritti nel titolo: nel 2025 il Pil crescerà in Cina del 4,8 per cento, negli Usa del 2,8 per cento, nell’Unione europea dell’1,1 per cento e, aggiungiamo, nella derelitta Italia forse dello 0,6 per cento.
A giudicare dai dati descritti risulta evidente una realtà incontrovertibile e cioè che la ricchezza (quindi il benessere) delle popolazioni dei Paesi elencati migliora, dal che si deve dare atto ai relativi Governi di stare gestendo bene il sistema economico delle rispettive nazioni.
Ora, si può opinare su democrazia e malademocrazia, autocrazia, dittatura, eccetera, ma non si può opinare sui dati economici appena citati, che dimostrano con chiarezza chi cresce e chi no.

La Cina, col suo regime dittatoriale (e quindi liberticida), sta trasformando il Paese anche nel settore ambientale ed energetico. Ancora oggi è il più grande inquinatore del mondo, perché più del sessanta per cento della sua energia proviene dal carbone, ma procede a un ritmo vertiginoso l’installazione di impianti da fonti rinnovabili.

Già ora gli impianti installati hanno una potenza di cento milioni di chilowattora; nel 2060 l’intero fabbisogno di energia della Cina sarà totalmente soddisfatto da rinnovabili. C’è da credere che questo accadrà, tenuto conto del ritmo di crescita del numero degli impianti che, anno dopo anno, vedono la luce in quella Nazione.

Il secondo Paese al mondo per crescita sono gli Usa, con i loro circa trecentocinquanta milioni di abitanti nei cinquanta Stati, che però hanno la consapevolezza di appartenere a un unico Paese, con una democrazia salda, che dura fin dal 1776. Sono cambiati decine di presidenti – Trump è il 47° – ma non è cambiato il sistema democratico, che funziona con puntualità, eleggendo un presidente ogni quattro anni, precisamente il secondo martedì del mese di novembre in scadenza, e il suo insediamento è il 20 gennaio dell’anno entrante.
Sotto il profilo energetico anche gli Stati Uniti stanno compiendo notevoli sforzi per numero di impianti di rinnovabili, anche se Trump ha riaperto i rubinetti del petrolio e sta facendo degli enormi passi indietro nella protezione dell’ambiente.

Passiamo alla nostra Unione europea, quella dei Ventisette; un numero nettamente inferiore ai cinquanta Stati degli Usa, ma nel caso del Paese oltreoceano non esiste alcun dubbio nella conduzione, nella politica estera e nazionale, nella gestione delle forze armate, nelle importazioni ed esportazioni (dazi) e in altre materie che riguardano tutti quei cittadini.
Nell’Ue, i ventisette Stati sono una sorta di armata Brancaleone. All’epoca primeggiava la Germania, seguita a ruota dalla Francia, ormai decaduta, e dall’Italia. Gli Stati del Nord, cioé Danimarca, Svezia e Finlandia, sono per proprio conto; i Paesi dell’Est Europa sono abitati da popoli che hanno culture e usanze molto diverse dagli altri; Spagna e Italia sono Paesi mediterranei più vicini all’Africa che all’Europa. Insomma, stare insieme è molto difficile, ma mentre i cinquanta Stati che compongono la confederazione statunitense hanno un unico ponte di comando, nel Vecchio Continente la Commissione europea ha solo compito di fare proposte, che poi vengono esaminate dai capi di Stato e di Governo dei Ventisette e votate all’unanimità.

Dal quadro che dipingiamo risulta evidente la ragione della disunione dell’Europa, che non cresce o cresce poco. Si rende perciò necessario cambiare le regole per far sì che si costituisca un effettivo centro di guida, con poteri sovranazionali, che consentano di fare un’unica politica economica, fiscale, della difesa, dei trasporti, ambientale, energetica, sanitaria e via elencando.

Il topolino del quadro che presentiamo è il nostro Paese, con la sua misera crescita economica, che molti opinano possa ridursi allo zero, se non addirittura entrare in recessione.
Perché la situazione è così difficile? L’abbiamo scritto più volte: non vi sono gli strumenti per dare una svolta a una vigorosa crescita economica e sociale. La prima causa di quanto descritto è il motore inceppato, che blocca tutto e cioé la Pubblica amministrazione. Ripararlo e farlo funzionare è molto difficile, ma non impossibile. Basta volerlo.