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Pirati e bucanieri, l’isola dei tesori è la Sicilia

Pirati e bucanieri, l’isola dei tesori è la Sicilia
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In ogni provincia sicula è possibile ancora sentire qualcuno che ha tentato la fortuna alla ricerca delle “truvature”

L’Isola, da nord a sud, da oriente ad occidente, è un intero scrigno di tesori nascosti. In ogni angolo, in ogni provincia è possibile ancora sentire qualcuno che ha tentato la fortuna provando a disincantare, tirar fuori la truvatura da porre così fine alla propria povertà. Ma il tesoro è sempre ben custodito e spesso, per accaparrarselo, bisogna superare delle prove a dir poco spaventevoli come per quello di Fraconfonte.

La leggenda vuole (ma noi ben sappiamo che si tratta sempre di una delle innumerevoli facce della realtà) che per prendere quella truvatura bisogna mettersi nudi a leggere un libro di stregoneria, dal nascondiglio del tesoro uscirà un serpente, con una chiave tra le fauci, che inizierà a strisciare lungo il corpo del bramoso di fortune così da far passare la chiave dal serpente alla bocca del coraggioso; e solo se non invocherà alcun Santo e la paura non avrà la meglio, il ricco bottino sarà suo.

Anche a Modica bisogna armarsi di coraggio per prendere la truvatura; qui infatti bisogna spogliarsi nudo, sdraiarsi sul posto della truvatura, accendere tre candele e tenere in una mano un topo morto e nell’altra un serpente abbattuto e, in questa posizione, imitare il canto del gallo e dire scongiuri. Ad Avola la truvatura di Monti d’oru invece ha origine da quella che sembra una fiaba gotica: il tesoro è custodito dal fantasma della figlia del re preso prigioniero, la quale, non vedendo più il padre far ritorno, si tolse la vita sopra il tesoro. Altre truvature per essere liberate dall’incantesimo che le rende inaccessibili hanno bisogno di veri e propri sacrifici umani come quello di Cava Santa Lena, a Chiaramonte, in cui è necessario uccidere un uomo il Venerdì Santo per aprire la cava e possedere il gregge d’oro oppure l’immensa truvatura della Montagna di furore, a Naro, dove bisogna sacrificare sette bambini.

Altre truvature ancora si liberano invece attraverso gli indovinelli, come quello della Gotta del Monaco, ad Augusta, il piedistallo della statua di un monaco portava scritto “Dove io guardo, è lì il tesoro”, e senza andare troppo oltre il proprio naso, il Monaco guardando in giù non indicava altro che la propria pancia; o la truvatura palermitana di Monte Cuccio, la quale si sarebbe disincantata solo se qualcuno trovava “un pani di tri anni càudu”, e il segreto non sta nel lasso temporale ma nel far cucinare il pane da tre donne di nome Anna. A Mazzara invece, il giorno della festa della Madonna dell’Alto, si crede che mangiando pane senza fare alcuna briciola e melagrana senza far cadere alcun chicco si possa accedere al tesoro. A mezzanotte, partendo dalla Purtedda di lu tauru di Butera e arrivando a Tucchittu, si verrà rincorsi da un toro che verserà il tesoro in un punto ben preciso, ma l’audace maratoneta non dovrà mai voltarsi se non vuol fare la fine della moglie di Lot, o almeno, non rimanere a sua volta incantato.

Il popolo di Giuseppe Pitrè a queste storie ne aggiunge innumerevoli, il medico etnologo ce ne racconta altre 53, ma segretamente ben sappiamo tutti come le truvature, le loro storie e i loro fortuiti ritrovamenti possono essere non facilmente numerabili. “Dove io guardo, è lì il tesoro”.