Cultura è libertà. Informazione è libertà. Cittadine e cittadini che pensano con la propria testa e non con quella degli altri sono in condizione di valutare le azioni dei responsabili delle istituzioni (a livello nazionale, regionale e locale), per cui questi non hanno nessun interesse affinché cittadine e cittadini siano colti e informati e, quindi, capiscano le questioni torbide che si trovano inevitabilmente in tutte le istituzioni.
Poi, nel nostro Paese, soprattutto nelle regioni meridionali, è primaria la cultura del favore, secondo cui ognuno compie azioni per favorire qualche altro e non perché sia suo dovere compierle. È proprio la cultura (o l’incultura) del favore la dannazione delle otto regioni meridionali, le cui due peggiori sono la Calabria e la Sicilia.
La cultura del favore è radicata nella popolazione, che è stata tenuta in povertà per alimentare l’altra spaventosa “cultura”, che sarebbe quella del bisogno. Tenere cittadine e cittadini in povertà li mantiene schiavi.
Fatto questo quadro si capisce perché i vari Governi dedichino poche risorse a quei mezzi che fanno pensare la gente, che la rendono edotta, la fanno ragionare di più per capire meglio la realtà (anche politica) che la circonda.
Nonostante questo, nelle leggi di bilancio annuali vi sono alcuni fondi per la cultura e l’informazione, ma essi andrebbero unificati sotto un unico titolo, che è il titolo di questo editoriale.
I giornali, i cinema, i libri e qualche televisione dovrebbero essere inseriti in un fondo unico e le risorse distribuite in modo equilibrato e obiettivo ai destinatari.
Fino a quando i diversi comparti non verranno unificati in uno solo, sotto il titolo “Finanziamento alla cultura e all’informazione”, vi saranno privilegi dannosi perché non consentiranno di raggiungere l’obiettivo che prima abbiamo indicato.
Diffondere la cultura attraverso l’informazione, la lettura dei libri di carta, la lettura dei quotidiani di carta e assistere a trasmissioni radio-televisive chiare (formulate da competenti di comunicazione), comporta un’ampia diffusione di ciò che accade, delle cause e degli effetti.
L’informazione del nostro Paese è inquinata fortemente dai siti digitali pirata, vale a dire tutti quelli che non hanno la testata registrata con direttrice o direttore responsabile e con almeno tre o quattro giornalisti. Su questi siti non solo non viene diffusa un’informazione di qualità, ma, peggio, vengono spesso trasmesse raffiche di fake news, che inducono ascoltatori e internauti in errore e in confusione.
Neanche da questo orecchio l’Esecutivo ci sente e non comprendiamo perché ogni tanto vi siano finanziamenti indirizzati a questi siti pirata, che già fanno danno, ma che ricevendo risorse economiche ne fanno ancora di più. Per cui sollecitiamo il ministero della Cultura e il suo ministro, Alessandro Giuli, a presentare il prima possibile un disegno di legge conforme a quanto prima illustrato.
La questione dell’informazione, della cultura e della capacità della popolazione di comprendere i fatti è primaria. Occorre che i responsabili delle istituzioni se ne rendano conto e agiscano correttamente.
Ritorniamo per l’ennesima volta sulla questione perché abbiamo l’obbligo – data la nostra quasi cinquantennale esperienza nel campo dell’informazione – di evidenziare questa profonda anomalia, che è, appunto, quella dell’ignoranza (dal latino ignorare, cioè non sapere, non conoscere) diffusa ampiamente nella popolazione.
Non è possibile che nel ventunesimo secolo venga adottata ancora l’infame tecnica dei romani, che al popolo davano panem et circenses, in modo da accontentarne i bisogni ancestrali per poi poterlo guidare facendolo lavorare nell’interesse dei pochi, cioè dei ricchi, fra cui i senatori.
Se si diffonderà la cultura, anche attraverso l’informazione (come noi auspichiamo), la gente aprirà gli occhi, non si lascerà più pilotare dai blablatori e capirà che bisogna in primis togliere gli artigli alle lobbies – tra cui quelle delle armi, dei farmaci, della finanza e dell’energia – che oggi sottraggono al Paese risorse che, invece, andrebbero distribuite.

