ROMA – Gli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza si preparano a percorrere il loro ultimo miglio, volata finale su quella che doveva essere una rampa di lancio, ma che invece si è rivelata una strada tutta in salita. Mancano pochi mesi alla scadenza del Pnrr, fissata nell’estate del 2026, e i ritardi che hanno accompagnato l’intero ciclo di investimenti restano lì, sembrano insormontabili, al punto che il fallimento di buona parte del programma appare quasi inevitabile. Un destino che ormai incombe, trapelando anche fra le righe del recentissimo rapporto Svimez sull’economia del Meridione, le cui conclusioni sembrano infatti proiettate più sulle strategie post Pnrr che sulle ipotetiche chance di ribaltare la partita nei minuti di recupero.
Non solo ritardi di spesa del Pnrr
Ma non è solo di ritardi di spesa che si compone la mappa delle difficoltà. Altre criticità complicano un quadro già dominato da un volume dei pagamenti non all’altezza delle previsioni. Tra queste, gli aumenti dei prezzi che pesano sulle imprese aggiudicatarie dei lavori. Le possibili ripercussioni del cosiddetto caro materiali sul raggiungimento degli obiettivi del Pnrr sono state evocate esplicitamente da Ance Sicilia, in una nota in cui il presidente Salvo Russo ha sollecitato l’adozione di misure per sostenere le aziende e permettere il completamento degli interventi contro l’impennata dei costi di risorse indispensabili ai cantieri. Acciaio +30%, bitume +49%, rame +65%. Sono i principali materiali da costruzione il cui costo è lievitato rispetto al periodo pre Covid. Ma nel complesso, si registra un incremento del 30% del prezzo di realizzazione delle opere rispetto a quanto previsto al momento in cui le gare venivano aggiudicate. Incluse, appunto, quelle legate al Pnrr.
La lentezza della Pubblica amministrazione
Una situazione in cui la lentezza della Pubblica amministrazione non gioca un ruolo marginale. Più tempo passa nell’attesa di una proficua gestione delle risorse da parte degli apparati burocratici, più i costi aumentano. Di conseguenza le aziende soffrono, i cantieri rallentano o si fermano, i termini scadono, le opere non si concludono. E i finanziamenti si perdono. Un effetto domino in cui non spera nessuno e che, infatti, non viene trascurato dal Governo che, contro il caro materiali, ha disposto interventi ad hoc, come i 660 milioni sbloccati dal ministero delle Infrastrutture quest’estate per liquidare le istanze delle stazioni appaltanti o, più di recente, un’ulteriore integrazione di 320 milioni, oltre alle interlocuzioni per la proroga al 2026 delle misure per la prosecuzione delle opere pubbliche.
Se non ci sarà la proroga della misura al 2026 sarà emergenza
Contributi che, però, fanno sapere dall’Associazione nazionale dei costruttori edili, non sono sufficienti a coprire il fabbisogno delle imprese. “Se non saranno stanziate risorse adeguate e se non ci sarà la proroga della misura al 2026 – ha detto nei giorni scorsi Salvo Russo per Ance Sicilia – diventerà impossibile garantire la continuità dei lavori e sarà una vera e propria emergenza”. Il leader dei costruttori siciliani ha aggiunto: “Le imprese stanno già sostenendo anticipazioni finanziarie molto rilevanti, non più sopportabili a lungo, con il rischio concreto di una paralisi della filiera e di gravi ripercussioni sugli obiettivi del Pnrr”.
Il quadro che emerge dal report dalla Direzione affari economici, finanza e centro studi di Ance, elaborato su dati Cnce Edilconnect aggiornati a novembre, mostra con chiarezza l’entità del rischio derivante dai ritardi nella realizzazione delle opere. Una cornice in cui alcuni degli importi più alti, e quindi dei rischi più gravosi, riguardano la Sicilia. Secondo il monitoraggio, in Italia sono ancora in corso cantieri senza nessun meccanismo contrattuale di adeguamento prezzi (sui quali, perciò, pesano gli effetti degli extra costi) pari a 12.917 unità, per un valore di quasi 100 miliardi. Di questi, 36,3 miliardi (4.360 cantieri) sono legati a progetti del Pnrr. Lavori sui quali, dunque, si allunga l’ombra di una scadenza ormai vicina.
La posizione della Sicilia non è delle migliori
In questo contesto nazionale, come detto, la posizione della Sicilia non è delle migliori. Nell’Isola i cantieri a rischio rallentamenti e interruzioni sono nel complesso 755 (a prescindere dalla fonte di finanziamento, Pnrr e non) per un valore di 14,2 miliardi di euro: si tratta, rispetto al succitato importo dell’intera Penisola (quasi 100 miliardi), del 15%, la quota più alta tra tutte le regioni. In altri termini, per usare le parole scelte da Salvo Russo, l’Isola è “maglia nera nazionale” in quanto a importi totali non coperti, superando anche la Lombardia (al 13%) che, pur contando più cantieri di quelli presenti in Sicilia (1.509), registra un valore più basso delle opere (11,1 miliardi).
Sulle opere del Pnrr la situazione è altrettanto grave
Ponendo poi l’accento, nello specifico, sul rischio che pende solo sulle opere del Pnrr, la situazione è altrettanto grave: su interventi – come visto – per un totale di 14,2 miliardi di euro, in Sicilia i progetti del Pnrr riguardano 273 cantieri e un importo scoperto – dunque a rischio stop – pari a 4,4 miliardi (più del 31%). Non si tratta, in questo caso, del risultato più pesante d’Italia, ma il valore “in pericolo di flop” resta comunque alto nel panorama nazionale. La quota siciliana del Pnrr minacciata dal caro materiali e dal rischio di un possibile fallimento è infatti la quarta più alta della Penisola, preceduta da quella del Veneto (terza con 5,6 miliardi), da quella della Lombardia (seconda con 5,7 miliardi) e da quella della Campania (prima con 5,8 miliardi). Una grande mole di risorse Ue, dunque, è destinata ad appalti che non hanno la possibilità di adeguare i propri prezzi e che attendono risposte appropriate da parte delle istituzioni, segno che ai deficit di progettazione e alla lentezza della Pa, si somma anche la difficoltà della politica nel reagire con tempestività ai mutamenti economici. L’ennesimo fronte critico che, tra burocrazia e ritardi, potrebbe trasformare il Pnrr nella più grande occasione sprecata di quest’epoca.

