Ponte sullo Stretto, Svimez, "Da folli ragionare sul tunnel” - QdS

Ponte sullo Stretto, Svimez, “Da folli ragionare sul tunnel”

Ponte sullo Stretto, Svimez, “Da folli ragionare sul tunnel”

mercoledì 02 Dicembre 2020

L’intervista in esclusiva del Quotidiano di Sicilia a Luca Bianchi e Adriano Giannola, rispettivamente direttore e presidente. Crisi economica: “Fatto il possibile per tamponare, ora la strategia per la ripartenza”

PALERMO – È stato presentato qualche giorno fa il rapporto dell’Associazione per lo sviluppo industriale del Mezzogiorno (Svimez).
Abbiamo commentato i dati insieme al direttore, Luca Bianchi.
Le previsioni Svimez riguardanti il Prodotto interno lordo dicono che per la Sicilia il calo sarà del -6,9% per il 2020 e dello 0,7% per il 2021. Cosa ci dicono questi numeri?
“Dimostrano come la pandemia abbia avuto un effetto economico importante, leggermente inferiore rispetto a quello medio del resto del Paese nel 2020, però a fronte di questo anche come abbia avuto un impatto sociale molto forte. Se l’economia non è andata male come nella restante parte d’Italia è andata peggio la società, perché l’impatto in termini di occupazione è molto pesante nel Mezzogiorno e in particolare in Sicilia dove nei soli primi sei mesi si sono persi circa 80 mila posti di lavoro proprio per le caratteristiche di maggiore precarietà dell’occupazione regionale. Per quanto riguarda, invece, il 2021 c’è un forte allarme perché quel dato dimostra che la capacità di ripartenza della regione potrebbe essere minore di quella delle altre aree del Paese in quanto la realtà siciliana è stata caratterizzata negli ultimi anni da una riduzione fortissima del tessuto produttivo e in particolare da un processo di desertificazione industriale che ha visto scomparire interi settori, penso in particolare a tutto il comparto auto che di fatto in Sicilia è quasi scomparso”.

Quale sfida ci attende?
“La sfida ora consiste innanzi tutto nel rafforzare la ripartenza post-covid e questo richiede un cambio di passo nelle politiche sia nazionali che regionali. I dati del rapporto confermano due elementi: da un lato un progressivo disinvestimento delle politiche pubbliche nazionali nel Mezzogiorno e in particolare in Sicilia, con un peggioramento degli indicatori relativi a quelli che io chiamo i diritti di cittadinanza come la mobilità, il diritto alla mobilità dove sono ridotti gli investimenti in opere infrastrutturali (c’è una divaricazione fortissima col resto del Paese) ma anche su comparti come scuola e ahimè sanità cosa che constatiamo nella cronaca quotidiana. D’altra parte però va anche segnalato come emerga ancora una volta una particolare specifica lentezza nella capacità di spesa dei fondi europei”.

A suo avviso, le misure messe in campo dal Governo Conte e a livello locale da Musumeci stanno andando nella giusta direzione al fine di attenuare gli effetti nefasti della crisi?

“Dal punto di vista del fronteggiare l’emergenza è stato messo in campo uno sforzo importante dal Governo centrale e per quanto possibile anche dal Governo regionale. Questo ha consentito di attenuare in parte l’impatto sociale della crisi anche se non di azzerarlo. Il vero tema è capire quale sia la strategia per rafforzare questa ripartenza che invece a noi risulterebbe piuttosto debole. è sulle politiche per lo sviluppo che si giocherà la partita nei prossimi mesi e questo richiede quindi una completa ridefinizione degli interventi previsti: penso in particolare ad un migliore utilizzo, in primo luogo dei fondi europei a livello regionale, concentrando gli interventi sulle nuove opportunità che potrebbero derivare dal quadro post-crisi e quindi da un forte coordinamento tra le risorse disponibili dal Recovery fund, cioè dal piano europeo, con le risorse disponibili dai fondi strutturali e concentrandoli sugli obiettivi che la stessa Europa ci indica che sono quelli della coesione sociale, quindi miglioramento dei servizi e sulla transizione verde verso un’economia più sostenibile rispetto alla quale la Sicilia può giocare un ruolo importante anche in considerazione delle potenzialità della sua collocazione nel Mediterraneo. C’è ad esempio da accelerare il processo di attuazione delle Zone Economiche Speciali, che rimangono un’opzione importante, bloccate da lungaggini centrali e locali e la valorizzazione di alcuni comparti vitali presenti nella regione come l’agroalimentare”.

Cosa pensa del continuo tira e molla riguardante il ponte sullo Stretto? Non sarebbe un ottimo punto di ripartenza per la Sicilia e per tutto il Sud?
“Non ho dubbi su questo. È fondamentale completare e assicurare un collegamento ad alta velocità tra Catania, Palermo e Napoli, tra la Sicilia e la direttrice Reggio Calabria – Milano. Per fare questo è funzionale anche la realizzazione di un passaggio veloce sullo Stretto, quindi anche il Ponte essendoci il mare di mezzo, che dunque diventa un lotto fondamentale ma da solo insufficiente se non è inserito, ripeto, in un progetto più ampio che preveda la ferrovia ad alta velocità. Va fatto un progetto cantierabile e realizzabile e il Ponte costituisce un pezzo essenziale di questa strategia ma è necessario realizzare anche tutto il resto. L’importante è uscire dal dibattito ventennale “Ponte sì, Ponte no” che diventa inutile, altrimenti chi è contrario alla realizzazione del Ponte dovrebbe dirci quale sarebbe l’alternativa…”.

Adriano Giannola: “Ponte sullo Stretto, folle ragionare sul tunnel”

Riguardo al Ponte sullo Stretto ha detto la sua anche Adriano Giannola, il presidente della Svimez che ha ribadito anche l’importanza delle Zone Economiche Speciali. “Il Ponte sullo Stretto va fatto, lo realizzano le Ferrovie dello Stato, è loro compito – ha sottolineato Giannola –. Devono rivedere un progetto che loro dicono essere molto meno caro rispetto a quello di 40 anni fa e anche molto più sicuro. Adesso si può costruire la struttura in due o tre anni per essere pronta nel 2025 a prescindere dal Recovery Fund. Il ponte non deve essere messo in discussione ed è da folli ragionare sul tunnel. Così come va fatta l’alta velocità da Roma a Catania, cosa che ha più volte ribadito la ministra De Micheli, va fatto anche il ponte perché occorre attraversare lo Stretto. Altro aspetto importante riguarda le Zone Economiche Speciali che vanno messe in moto; – ha concluso il presidente dell’Associazione per lo sviluppo industriale nel Mezzogiorno – occorre la volontà di cambiare registro, una volontà seria, fatta di progetti, calcoli, di dimostrazione di effetti potenziali e di realizzazioni”.

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