Ponte sullo Stretto: “Partita la disinformazione da parte dell’opposizione” - QdS

Ponte sullo Stretto: “Partita la disinformazione da parte dell’opposizione”

redazione

Ponte sullo Stretto: “Partita la disinformazione da parte dell’opposizione”

venerdì 04 Novembre 2022

Riceviamo e pubblichiamo le considerazioni di due nostri lettori, Roberto Di Maria e Giovanni Mollica

Caro Direttore,

Appena insediato, il nuovo Ministro per le infrastrutture ha rilanciato la costruzione del Ponte sullo Stretto. Dichiarando, a “Porta a Porta”, che la realizzazione dell’opera sarà ripresa entro la legislatura. Annuncio un po’ vago, in verità, dal punto di vista della tempistica, per un Governo che aspira a governare cinque anni. Ma anche testimonianza del perdurare dell’attenzione di Salvini verso il Sud, pur in contrasto con una forte opposizione interna alla Lega.

Le reazioni non si sono fatte attendere: diversi media nazionali hanno prontamente evidenziato la pericolosità sismica dello Stretto; per concludere con la scontata deduzione che il Ponte “non sarebbe di facile realizzazione”. A dispetto degli studi e delle verifiche – mai così approfondite nella storia dell’Ingegneria mondiale – come quelli ai quali è stato sottoposto il Ponte.

Tutti gli articoli rilanciano l’idea del progetto fantasma di ponte a tre campate, appoggiato su “due antenne basate sui fondali profondi dello Stretto”, sulla cui fattibilità non si hanno riscontri da anni, a dispetto delle avventuristiche affermazioni dei Ministri De Micheli e Giovannini.

Chiunque conosca il progetto del Ponte sullo Stretto sa che gli studi geologici eseguiti hanno riguardato l’intera area dello Stretto, rivoltando come un calzino il territorio compreso tra Sicilia e Calabria e ricostruendo nei minimi dettagli i complessi movimenti relativi fra le due sponde per milioni di anni. è grazie a essi che sono state individuate le cause del sisma del 1908 e si è tracciata una precisa mappa delle faglie sui fondali dello Stretto e sulla terraferma ed è derivato il posizionamento a terra dei piloni del Ponte a campata unica. Mentre per il posizionamento delle pile in acqua previste dalla soluzione a tre campate – e, inevitabilmente, molto più vicine alle faglie che percorrono longitudinalmente lo Stretto – non è stato fatto ancora nulla.

Eppure, anche il più incompetente degli ingegneri sa che il terremoto è un problema secondario per i ponti a grande luce. Anzi, è il luogo più sicuro, come hanno detto i progettisti del Bay Bridge di San Francisco. E lì, di terremoti se ne intendono! Né mancano al mondo esempi di ponti sospesi realizzati in aree sismicamente ben più problematiche dello Stretto come l’Akashi-Kaikyo (Giappone) e il Canakkale (Anatolia), con campate centrali di due km. Contestare scientificamente l’avventatezza di affermazioni come quelle lette sui grandi giornali è come sparare sulla Croce Rossa. Nasce spontanea una domanda: chi vuole abbandonare un progetto che ha ricevuto i crismi del gotha dell’ingegneria mondiale a favore di un’opera progettualmente inesistente e … tre volte campata in aria?

Quali lobby industriali e finanziarie e quali partiti italiani hanno interesse a percorrere una strada economicamente attraente – almeno una decina d’anni di studi costosissimi – ma ingegneristicamente perdente? Ecco emergere una sospetta coincidenza di scopi tra chi, da decenni, ostacola il rilancio del Meridione e chi si propone, ancora una volta, di attingere alle risorse pubbliche per promuovere interessi di bottega. Con la connivenza dei grandi media nazionali.

Roberto Di Maria e Giovanni Mollica
Messina

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