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Ponte sullo Stretto, Morelli: “Si apre una fase nuova per il Sud. Rischi di paralisi? Limitati”

Ponte sullo Stretto, Morelli: “Si apre una fase nuova per il Sud. Rischi di paralisi? Limitati”
Alessandro Morelli

L’intervista del QdS al sottosegretario di Stato al CIPESS dopo il via libera del 6 agosto

ROMA – I ponti servono per collegare due punti, quindi per “unire”. In Italia quello sullo Stretto di Messina è riuscito, invece, a dividere l’opinione pubblica in fazioni agguerrite di guelfi e ghibellini. Se ne discute da almeno cinquant’anni, senza voler considerare le fantasie di inizio ‘900. Nel mezzo fiumi di denaro pubblico sono stati impiegati per studi e progetti che poi puntualmente venivano messi in discussione da opposizioni variabili, esperti a vario titolo, qualche ingegnere della domenica, associazioni e comitati, più o meno strutturati, più o meno improvvisati.

Intanto il Giappone nel 1988, dopo vent’anni di progettazione, iniziava a costruire il Ponte dello Stretto di Akashi, il secondo ponte sospeso più lungo del mondo, alto 282 metri e lungo 3.911 (“Eh sì, ma a tre campate anziché una” sottolineano i benaltristi, all’uopo anche benaltripontisti). È stato inaugurato nel 1998 e da allora collega la città di Kobe (un milione e mezzo di abitanti) all’isola Awaji (130 mila abitanti). Per dire, in Sicilia ci abitano quasi cinque milioni di persone e in Calabria poco meno di due milioni. Dalla Turchia alla Cina, la lista delle infrastrutture sospese è lunga e non c’è sfida che l’uomo non abbia messo nel conto (dalla sismicità del territorio alla velocità del vento) degli inevitabili rischi.

Senza ripercorrere l’infinita telenovela, ma forse sarebbe meglio dire Tela di Penelope, che ha visto la grande opera farsi e disfarsi a seconda degli umori del governo di turno, si può affermare che il via libera del Cipess al progetto definitivo, arrivata ieri dopo mesi di tribolazioni, rappresenta quantomeno un giro di boa, un punto mai raggiunto fino a oggi. Certo gli ostacoli non sono finiti, a partire dall’autorizzazione della Corte dei Conti, che non si può dare per scontata, per arrivare ai ricorsi pendenti o annunciati. Ne abbiamo parlato con il sottosegretario di Stato con delega al Cipess, Alessandro Morelli.

Dal Mose al Tav, finora le infrastrutture più “grandi” si sono sempre fatte al Nord. Si apre una nuova fase per il Mezzogiorno?
“Sì, si è aperta una fase nuova e concreta per il Mezzogiorno e per l’intero Paese. Il Ponte sullo Stretto non è solo un’infrastruttura strategica per Sicilia e Calabria, ma un’opera di interesse nazionale e parte integrante del Corridoio Scandinavo-Mediterraneo della rete TEN-T. L’investimento di 13,532 miliardi di euro, interamente finanziato con fondi pubblici già disponibili, genererà benefici diffusi in tutte le regioni grazie all’attivazione delle filiere produttive, alla crescita della logistica e al rafforzamento della competitività. È un segnale concreto che il Sud è tornato al centro delle politiche di sviluppo, al pari delle grandi opere realizzate nel Nord negli anni passati. Serviva un ministro leghista per portare al mezzogiorno un’opera che cambierà il futuro di milioni di persone e lancerà il meridione verso un futuro ricco e prosperoso”.

Nel mondo si costruiscono ponti sospesi, gallerie e altre opere faraoniche. In Italia ci sono voluti decenni di dibattiti e ancora oggi c’è chi continua a parlare del “ben altro” che servirebbe alla Sicilia (e che però non abbiamo mai visto). Cosa risponde a chi dice che quest’opera sarà una cattedrale nel deserto?
“Rispondo con i numeri e con i fatti: lo studio costi-benefici certifica un Valore Attuale Netto Economico positivo di 1,8 miliardi di euro e un rapporto benefici/costi di 1,2. Solo nella fase di cantiere, il Ponte porterà 23,1 miliardi di euro di contributo al PIL e 36.700 posti di lavoro stabili, con 10,3 miliardi di entrate fiscali per lo Stato. Inoltre, le principali ricadute economiche non si limiteranno a Sicilia e Calabria, ma interesseranno anche regioni come Lombardia, Lazio, Emilia-Romagna e Veneto, grazie all’attivazione di catene di fornitura nazionali. Non è una ‘cattedrale nel deserto’, ma un’infrastruttura che cambierà la mobilità, la logistica e il turismo in tutto il Paese, migliorando la coesione territoriale e riducendo i costi di trasporto”.

Ottenuta la delibera, quali sono i prossimi passi previsti dal Ministero?
“Dopo la delibera Cipess, si procederà con l’approvazione del III Atto Aggiuntivo alla Convenzione e con la redazione del progetto esecutivo, che durerà circa 470 giorni. In parallelo partiranno le iniziative propedeutiche all’apertura dei cantieri previste dalla legge, tra cui: monitoraggio ambientale ante operam, indagini archeologiche, opere di compensazione ambientale, acquisizione aree e fabbricati, risoluzione di interferenze e allestimento dei cantieri. Seguirà la fase di costruzione vera e propria, stimata in circa 6 anni (2.243 giorni)”.

Esiste il rischio che la realizzazione dell’opera resti impantanata ancora una volta a causa di ricorsi, vecchi e nuovi?
“Tutte le questioni pendenti, comprese quelle contrattuali, sono state già. Quello di ieri è stato l’ultimo passaggio che la politica e i ministeri dovevano compiere. Confidiamo ora tutti in una rapida approvazione da parte della Corte dei Conti che suggellerà tutte le pratiche burocratiche-amministrative dando così il via alle ruspe. Restano naturalmente possibili impugnazioni, ma la solidità giuridica e tecnica del percorso approvativo, unita alla dichiarazione di imperativo interesse pubblico (Iropi) anche a livello europeo, riduce i rischi di paralisi”.