L'esperto Faillace (FeDerSed) al Qds: “Alla confusione dei ragazzi le famiglie e gli insegnanti rispondano con maggiore empatia e ascolto attivo”
Coronavirus, conseguenze psicopatologiche ed età evolutiva: un rapporto complesso, in cui un ruolo importante ha giocato il distanziamento sociale quale importante ostacolo alla socializzazione e al confronto con i pari, fattore cruciale nello sviluppo dell’identità del bambino e del ragazzo, secondo la moderna visione psicologica.
Un argomento di estrema attualità e urgenza in termini di intervento familiare e istituzionale, anche in prospettiva di post Covid, su cui ha fornito il suo autorevole parere Guido Faillace, presidente nazionale FeDerSerd, Federazione Italiana degli Operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze.
Faillace, la pandemia ha interessato gli adolescenti. Può indicarci quali specifici sintomi riscontra a livello psicologico come diretta conseguenza dell’isolamento sociale tipico della Fase 1?
“è indubbio che l’isolamento forzato abbia portato alla sottrazione di importanti stimoli sociali, soprattutto per gli adolescenti, più che per i bambini. Reputo che questo sia alla base di sintomi ansiosi, tuttora perduranti, mentre invece la paura in sé del contagio mi pare essere più presente negli adulti. Se notiamo sintomi di ansia nel minore, legati alla paura della trasmissione del virus, può essere ricondotta, quindi, allo stato di ansia del genitore. Inoltre devo dire che il minore ha trovato nel virtuale uno spiraglio di socialità, ecco che un’ulteriore accentuazione di tale ansia è da imputare all’assenza, in alcune famiglie, della possibilità di collegamento a Internet. Ancora, uno stato ansioso è stato indotto, con conseguenze tuttora vigenti, dalle difficoltà economiche della famiglia e dall’inevitabile convivenza con il minore, coinvolto in prima persona in tale stato di confusione”.
Le famiglie come possono aiutare gli adolescenti a gestire queste conseguenze?
“Innanzitutto esse devono rivolgersi agli esperti, e non tentare di gestire i problemi in autonomia, per esempio, quelli caratterizzati dall’insonnia. I familiari dovrebbero altresì discutere di eventuali problemi legati, per esempio, alle difficoltà economiche, in maniera discreta, poiché il minore tende a somatizzare il disagio”.
Relativamente alla scuola che consiglio può dare per aiutare i giovani?
“La formazione dei docenti a un atteggiamento il più possibile empatico nei confronti del delicato momento storico in cui ci troviamo. L’adolescente si pone molte domande sulla ripresa dell’attività didattica a settembre e teme una rottura ulteriore dei rapporti sociali. Uno stato di confusione a cui rispondere con atteggiamenti di ascolto attivo, in collaborazione con le famiglie”.