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Povertà, abbandono della scuola e “neet”: giovani in trappola nelle periferie siciliane

Povertà, abbandono della scuola e “neet”: giovani in trappola nelle periferie siciliane

Openpolis: a Palermo, Catania e Messina circa un terzo dei ragazzi tra 15 e 29 anni non studia né lavora

Se si nasce in una famiglia povera, è più probabile che la scuola sarà un’esperienza scadente, non solo in termini di voti ma anche di formazione ed educazione in senso lato. Con la conseguenza di avere una vita da adulto più complicata. In Italia spezzare questo circolo vizioso è ancora una chimera. La conferma arriva dall’ultimo rapporto Giovani e Periferie curato da OpenPolis. Analizzando le statistiche provenienti dalle 14 Città metropolitane presenti in Italia – tra le quali Palermo, Catania e Messina – gli studiosi hanno ottenuto elementi sufficienti per affermare che la qualità di vita dei ragazzi risente dal luogo in cui crescono. Luogo inteso come spazio fisico ma anche sociale. “Come vivono gli adolescenti nelle periferie delle città italiane? Che differenza c’è, in termini di opportunità sociali, economiche ed educative, tra crescere nel centro di una città o nella sua periferia? Rispondere a domande come queste è tanto complesso, quanto urgente”, si legge nell’introduzione.

Pandemia, disagio sociale e dispersione scolastica

L’attenzione sulle condizioni delle giovani generazioni è aumentata con la pandemia, quando le restrizioni attuate dai governi hanno inciso nell’esperienza di socializzazione e formazione dei ragazzi. Temi come disagio sociale e dispersione scolastica sono entrati nel dibattito, specialmente in relazione alle periferie urbane. Il punto di partenza è sempre la questione economica, in quanto chi cresce in una famiglia con poche possibilità finirà per avere minori opportunità per affrancarsi dallo svantaggio iniziale. “Da circa 15 anni si registra la tendenza per cui più una persona è giovane, più è probabile che si trovi in povertà assoluta. Una questione particolarmente pressante nelle città, dove il costo della vita rende meno sostenibile per le famiglie il mantenimento dei figli”.

Scelte scolastiche e disuguaglianze

A confermare come certi destini sembrano segnati sin dalla nascita sono le scelte degli indirizzi scolastici effettuati dopo la scuola media. “Nel 2024 su cento diplomati del liceo, in base ai dati Almadiploma, solo 16 erano figli di operai e lavoratori esecutivi. Al contrario, questi rappresentano il 27,9% dei diplomati negli istituti tecnici e oltre un terzo dei diplomati in quelli professionali (33,8%)”. Le disparità rimangono evidenti se si capovolge il punto di osservazione: gli studenti delle classi più elevate rappresentano oltre un terzo dei diplomati dei licei e il 13,9% dei diplomati nei professionali.

Dispersione scolastica implicita

Negli ultimi anni, a fronte di un calo dei dati riguardanti l’abbandono delle scuole prima del diploma, a rimanere immutata è la diffusione della cosiddetta dispersione scolastica implicita. Si tratta del fenomeno che descrive chi completa il ciclo di studi ma lo fa con competenze insufficienti nelle materie di base. “Gli studenti di quinta che hanno alle spalle una famiglia con status socio-economico-culturale inferiore alla media si trovano in dispersione implicita nel 9,8% dei casi, una frequenza quasi doppia rispetto ai coetanei più avvantaggiati (5,3%) – viene messo in evidenza – In terza media, il contrasto risulta ancora più stridente: 13,4% di alunni a rischio dispersione implicita tra i meno avvantaggiati, 6% tra i coetanei con famiglie più benestanti”.

Sud Italia, violenza giovanile e Neet

Le regioni più colpite sono tutte al Sud: in Campania, infatti, la quota di giovani in dispersione implicita tocca il 17,6%, seguiti dai coetanei della Sardegna (15,9%), Sicilia (12,1%) e Calabria (11,6%). Negli ultimi anni il disagio sociale dei giovani si è espresso anche sotto forma di violenza: uno studio del centro di ricerca interuniversitario Transcrime dice che se nel confronto tra periodo pre-pandemia e quello successivo il dato sui delitti violenti tra gli adulti è rimasto stabile, tra i minori c’è stata un’impennata.

Guardando alle singole realtà, è possibile dire che le situazioni a Palermo, Catania e Messina restano per molti aspetti tra le più critiche. “A Catania (6,2%), Napoli (6%) e Palermo (5,8%) l’incidenza delle famiglie con figli in potenziale disagio economico risulta molto marcata. Si tratta di nuclei con figli a carico in cui la persona di riferimento ha meno di 65 anni e nessun componente è occupato o pensionato, una condizione che verosimilmente si associa spesso con una potenziale vulnerabilità sociale. Tali valori sono oltre quattro volte superiori rispetto a quelli registrati in altre città del centro-nord”.

A Catania oltre un quarto dei giovani tra i 18 e i 24 anni (26,5%) ha lasciato gli studi prima di conseguire un diploma o una qualifica, mentre a Palermo la percentuale è del 19,8%. Se si prendono in considerazione soltanto le famiglie con genitori privi di diploma, il tasso di abbandono passa rispettivamente al 36,5% e al 29,1%.

Il dato sui risultati dei testi Invalsi

Eloquente anche il dato sui risultati dei testi Invalsi per le competenze in italiano. A essere valutata è la capacità di leggere e interpretare un testo scritto, comprendendone il significato e alcuni aspetti fondamentali di funzionamento della lingua italiana: dopo Napoli (51,19%), Palermo e Catania – con il 51,08% – condividono la seconda piazza tra le Città metropolitane con studenti le cui competenze sono risultate largamente insufficienti o insufficienti.

Le due principali città siciliane si piazzano in vetta anche tra i Neet, i giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano: nel capoluogo etneo la percentuale è del 35,4%, a Palermo del 32,4%. Le differenze socio-economiche però emergono anche all’interno della stessa città, passando da un quartiere all’altro.

A Catania, per esempio, le famiglie con figli che si trovano in disagio economico è il 6,2%. Il dato è il più alto a livello nazionale tra le Città Metropolitane, ma tra i residenti della sesta municipalità – comprendente i quartieri di Librino, San Giorgio, San Giuseppe la Rena e Villaggio Sant’Agata – arriva fino al 9,3%. Nella prima municipalità (Civita, San Cristoforo) tra chi è figlio di genitori che al massimo hanno la terza media, ben il 39,5% abbandona la scuola senza diploma superiore, mentre nella terza municipalità (Borgo Sanzio) il dato è del 14,1%.

A Messina, i Neet sono il 32,8% nella terza circoscrizione, comprendente anche i quartieri di Gazzi e Mangialupi, mentre nella quinta (Villaggio Svizzero, Giostra, Basile ecc.) calano al 24,7%.

A Palermo, infine, la zona dove si registra una maggiore difficoltà potenziale per le famiglie con figli è Brancaccio-Ciaculli. “In questo quartiere l’incidenza dei nuclei con figli dove la persona di riferimento ha fino a 64 anni e nessun componente è occupato o pensionato raggiunge il 9,9%. Molto più della media comunale del 5,8% e dato più elevato in assoluto tra le aree oggetto di analisi. Al contrario – si legge – nel quartiere di Malaspina-Palagonia le famiglie in questa condizione sono il 2,2%”.

Catania capitale di dispersione scolastica. Si punta a creare una rete di inclusione

A Catania un adolescente su quattro non rispetta gli obblighi scolastici e formativi e questo dato ha fatto diventare una delle città metropolitane più importanti del sud capitale della dispersione. Inoltre povertà educativa e la devianza minorile purtroppo camminano di pari passo con un fenomeno che vede due città distinte all’apparenza, ma incastonate una sull’altra, con un’area opulenta e ricca, che è rappresentata dai quartieri cosiddetti bene, dove la dispersione scolastica è molto bassa, e un’area dove la devianza e soprattutto la dispersione scolastica sono fenomeni molto diffusi, che si manifestano soprattutto nei quartieri degradati e nella “città nella città” come viene inteso l’enorme quartiere di Librino, nato negli anni 80 da un progetto faraonico dell’architetto giapponese Kenzo Tange per farne un quartiere satellite moderno, formato soprattutto da cooperative edilizie accanto all’aeroporto e al porto, ma alla fine ridotto, anche da una politica poco integrativa, a “terra di nessuno” con enormi stradoni e viali alberati dove non esistono centri di aggregazione.

È evidente, come è stato accertato in altre grandi città che affrontano gli stessi problemi di Catania, che se tu non contrasti questa dispersione scolastica con la presenza dello Stato, il risultato che ne consegue, che non è frutto solo dell’assenza di lavoro, ma anche dell’assenza di modelli positivi e di famiglie capaci di insegnare, è un disastro. Si assiste a uno scenario negativo rappresentato da gruppi sempre più consistenti di giovani allo sbando, col passo successivo che è quello di vedere molti di questi ragazzini lasciati sulla strada diventare manovalanza della criminalità organizzata dedita, soprattutto a Catania, allo spaccio di stupefacenti o ai fenomeni di microcriminalità sino al salto nella criminalità organizzata.

In questo contesto ieri si è riunito nuovamente in città l’Osservatorio metropolitano per la prevenzione della devianza minorile nel corso del quale si è proceduto col rinnovo del protocollo di intesa sulle equipe multidisciplinari integrate e del protocollo di intesa per la realizzazione di attività sportive e formative finalizzate alla promozione sociale di minori e giovani adulti dell’area al quale aderisce anche la società Catania Footbal club. Alla riunione presieduta dal prefetto Pietro Signoriello sono state invitate a partecipare tutte le componenti istituzionali ed associative che fanno parte dell’osservatorio, tutti i dirigenti scolastici e tutti i sindaci della provincia etnea, con in prima fila il sindaco del capoluogo Enrico Trantino e l’assessore ai Servizi sociali, Inclusione sociale e Famiglia, Serena Spoto. Proprio pochi giorni fa l’assessora della Giunta Trantino ha inaugurato gli hub comunali per l’inclusione.

I centri giovanili a Librino e San Cristoforo

“Abbiamo fatto l’inaugurazione di 18 centri giovanili che sono dislocati in tutti i quartieri a rischio – ha detto la responsabile dei Servizi sociali -. A Librino saranno quattro come altrettanti quattro saranno attivati a San Cristoforo. Copriremo tutto il territorio con questi centri aperti a tutti i ragazzi in cui, solo nel pomeriggio, gli assistenti e gli educatori svolgeranno tutte quelle attività educative che possono attrarre i giovani allontanandoli dalle strade, dallo sport a alla musica per attrarre l’attenzione di questi ragazzi”.

“La cooperativa capofila sarà ‘Prospettiva’, ma ne saranno coinvolte anche tante altre. Si tratta di una coprogettazione con fondi regionali e nel giro di qualche giorno ancora cominceranno l’attività. Si tratta di una iniziativa importante – ha concluso l’assessore Spoto -. Attendiamo i nuovi bandi per cominciare a lavorarci. Il concetto basilare è comunque che tutte queste attività non sono un costo, ma un ritorno importante per la tenuta sociale della città. Credo, infine, che dobbiamo lavorare per abituare soprattutto nei quartieri degradati le persone al bello, sulla scia della logica di Antonio Presti”.

Di fondamentale importanza in questo contesto di recupero dei giovani sono i progetti di rieducazione e reinserimento sociale col supporto delle associazioni ed inoltre i programmi per trasformare le scuole in motori di cambiamento sociale col coinvolgimento delle famiglie attraverso laboratori artistici e culturali, prevalentemente di musica e teatro per stimolare gli studenti.

Soffermandosi più a fondo nei dati della città di Catania che vanta il primato nazionale in devianze e microcriminalità e dispersione, meno di un anno fa durante un incontro che si è tenuto al monastero dei Benedettini è emerso che a Catania e nella sua provincia il 25% della popolazione in età scolare abbandona gli studi dopo il conseguimento di scuola superiore di primo grado. Un dato che porta la nostra città ad occupare il primo posto in questa classifica negativa rispetto alla percentuale riscontrata in altre aree metropolitane della Sicilia (dato di dispersione pari al 17%) e delle altre città metropolitane d’Italia che si ferma al 10%. Ciò significa, “numeri alla mano”, che su 100 alunni catanesi in 25 abbandonano gli studi molto presto contro i 10 del resto della penisola. Anche nel corso dell’incontro di un anno fa si è parlato della stridente differenza tra quartieri della stessa città, con un dispersione molto alta riscontrata in quartieri degradati come San Cristoforo, San Giorgio e Librino, contro la minore dispersione registrata nei quartieri del centro e della periferia nord, meglio nota come zona residenziale “bene”. Da questa discrasia nasce il concetto di perifericità diffusa con un aperto contrasto sociale dovuto alla enorme difficoltà all’integrazione sociale, riscontrata in giovani dei quartieri degradati che vivono una vulnerabilità causata da molteplici fattori che vanno dal livello basso di istruzione sino a comprendere anche le condizioni economiche di madri e padri giovanissimi che già non riescono a badare a loro stessi.

In questo contesto si batte l’Osservatorio che già dal 2022, anno di nascita, ha aperto un “cantiere di strada” attraverso un gruppo di lavoro che è presente nei quartieri di Librino, San Giorgio, Nesima, Angeli Custodi e Librino e anche in paesi limitrofi della cintura urbana come Adrano, Biancavilla e Paternò. Un sistema di assistenza che offre supporto a famiglie disagiate e dispensa consigli utili per uscire dalla marginalità.

Giuseppe Bonaccorsi