“C’è una diffusione imbarazzante, spesso immorale anche, dei video che vengono condivisi sui social. Al netto di ciò, per quanto riguarda il caso della magistrata Apostolico, non vedo una violazione evidente della normativa sulla privacy”. Lo dice all’Adnkronos Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy, commentando la vicenda che vede protagonista la giudice Iolanda Apostolico, al centro delle polemiche dopo la mancata convalida del fermo nel Cpr di Pozzallo di tre migranti. Subito dopo la decisione della magistrata, il ministro delle Infrastrutture e trasporti Matteo Salvini, ha condiviso sui suoi canali social il video di Apostolico mentre partecipava nel 2018, a una manifestazione pro migranti al porto di Catania.
“Registrare non è un illecito – prosegue Bernardi – le domande riguardano l’utilizzo che è stato fatto del video. Bisogna comunque partire dal presupposto che l’esercizio del diritto di cronaca può e deve essere esercitato a condizione che la notizia sia essenziale, non vi siano dettagli oltre il necessario, è quanto riassunto nel codice deontologico che è un allegato al codice della privacy e come tale va considerato. E’ chiaro che una magistrata che fa un sit-in al molo è una notizia che può avere una sua rilevanza e il molo non lo si può certo considerare come luogo privato, ma come aperto al pubblico”.
Il punto di Federprivacy sul caso Apostolico
Il problema, spiega ancora il presidente di Federprivacy, riguarda chi ha girato il video. “Se chi acquisisce le informazioni è soggetto al segreto professionale la cosa è diversa, però a quel punto deve essere l’ordine di d’appartenenza a prendere provvedimenti. È una cosa che deve essere gestita all’interno del corpo, ci può essere una sanzione disciplinare se è stato violato un segreto d’ufficio, ma non credo che in questo caso il Garante della Privacy debba intervenire”. La questione, in ultima istanza, potrebbe passare alle piattaforme social. “Se Facebook, Instagram, TikTok ricevessero segnalazioni dagli utenti, sul fatto che la pubblicazione viola in qualche maniera il codice, il contenuto pubblicato andrebbe rimosso”, conclude Bernardi.
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