Le pretese di Trump imposte nell’accordo sui dazi sono estorsioni per impoverire e annullare l’Unione Europea. Ma per capire bene la drammatica gravità di queste imposizioni, subite senza reazione alcuna dalla Commissione Ue, né dai leader Europei, ma anzi con l’impegno di alcuni di assecondare a tutti i costi Trump, a partire dalla premier Meloni – che ha poi dichiarato: “È andata meglio di quanto mi aspettassi” – occorre analizzare cosa esattamente è stato incredibilmente accettato dalla Commissione Ue, per capire l’entità del danno economico e come inciderà sul futuro dell’Europa.
Chiarito che i dazi per l’Europa non saranno reciproci, e avranno un peso in generale del 15% per cento del valore dei beni esportati, salvo eccezioni che ancora non si vedono, le esportazioni degli Usa all’Europa invece non subiranno nessun dazio, ma anzi l’aggiunta di una miriade di nuovi prodotti, fino a ora mai accettati dall’Ue, in quanto privi degli stessi parametri di tutela della salute dei consumatori adottati dall’Europa da decenni. I dazi sono pesanti, sia perché sono unilaterali, sia in considerazione della debolezza del Dollaro rispetto all’Euro, ma non impossibili da sopportare; tuttavia il vero problema, che è sfuggito alla pubblica opinione, distratta dai dazi minacciati all’inizio al 30%, è il danno esagerato di una serie di estorsioni rovinose per il futuro dell’Europa.
Ed ecco le estorsioni imposte per impoverirci:
1) Imporre all’Europa l’acquisto di beni energetici, gas naturale liquefatto, petrolio e nucleare per una spesa di 750 miliardi di dollari in tre anni, con un costo di 216 miliardi in più ogni anno da pagare agli Usa, pari al 60% dell’intera spesa totale per l’acquisto dei prodotti energivori dell’Ue. Ma questa imposizione, oltre al costo, ha due aspetti inaccettabili e cioè, in primo luogo, che è profondamente sbagliato comprare risorse energivore da un solo Paese, perché significa accettare una dipendenza che è una forma di controllo e di ricatto, come è già accaduto con la Russia; e, in secondo luogo, il fatto che a comprare le risorse energivore non sono gli Stati, ma le imprese che, in un mercato libero, devono essere appunto libere di comprare dove costa di meno, non dove si minaccia di più.
2) Un’altra gravissima imposizione è costituita dall’obbligo delle imprese europee di spendere non meno di 600 miliardi di dollari da investire in vari settori economici negli Usa, entro il 2029. Anche in questo caso le imprese sono libere di investire, e non può essere né la Commissione Ue, né i singoli stati a imporre alcunché. Ma appare chiaro che l’obiettivo di Trump, che sia l’obbligo di acquisto dei beni energetici, o gli investimenti, oltre al vantaggio dei danari, sembra alimentare il sospetto di due trappole utili al ricatto nei confronti dell’Europa, pronte a scattare con altre pretese ancora più gravose, in caso di acquisti minori di quelli concordati.
3) L’acquisto di 40 miliardi di chip per l’AI, e un impegno in ambito militare, di fare acquisti nel campo della difesa, da parte della Commissione Ue, senza quantificazione di spesa (ma comunque per centinaia di miliardi di dollari).
4) L’assoluta assenza di tassazione nei confronti dei Big Tech, che sono imprese private e che in Europa guadagnano centinaia di miliardi di dollari, per i quali l’Ue aveva individuato sistemi di tassazione del tutto accettabili, e che Trump intende cancellare senza alcun diritto, ma con la minaccia di aumentare di nuovo i dazi, a conferma della totale inaffidabilità e dell’assenza di rispetto delle leggi sovrane dell’Ue e dei singoli Stati (e silenzio assordante dei sovranisti europei).
Quindi, per riassumere il costo complessivo nei prossimi 3-4 anni per l’Ue di questa condanna dei dazi, partiamo da una spesa di circa 1.390 miliardi per gli acquisti obbligatori negli Usa dei punti 1, 2 e 3, altri miliardi da quantificare per le perdite delle imprese europee per l’aumento dei dazi, e la debolezza del dollaro in costante discesa, più la perdita di svariati miliardi da quantificare per la eliminazione delle tassazioni per i Big Tech di cui al punto 4, più l’acquisto di armamenti Usa, si arriva a valutare un costo tra spese e mancate entrate di non meno di 2.300-3.000 miliardi di dollari nel triennio, che rivelano come l’accordo con gli Usa costituisca una condanna alla povertà degli Stati europei, a beneficio degli Usa, e la fine di una prospettiva di crescita economica e di strategia di sicurezza del vecchio continente, senza contare la totale esposizione al rischio quotidiano di subire qualsiasi altra forma di estorsione e minaccia di ulteriori aggravi di qualunque tipo.
Ma soprattutto l’obiettivo principale sembra quello della sottrazione di risorse all’Europa per impedire l’attuazione del Piano per la competitività con le altre superpotenze, elaborato e presentato da Mario Draghi, che prevede, guarda caso, per il rilancio dell’Europa, investimenti aggiuntivi di 750-800 miliardi di euro l’anno, fino al 2031. Questo accordo di dazi per l’Europa è solo uno strumento di cancellazione del ruolo e del sistema di vita europeo, per consentire agli Usa non solo di arricchirsi sul nostro impoverimento, ma anche di dominarci e renderci del tutto ininfluenti, ridurci a merce di scambio tra superpotenze, e trasformarci da popoli alla pari a paria.
Abbiamo però ancora una via di uscita, ma occorre salda unità, coraggio e schiena dritta, per evitare che si caschi in un baratro di totale sottomissione. Infatti l’accordo politico del 27 luglio 2025 non è giuridicamente vincolante, il che vuol dire che può e deve essere ripreso e fortemente modificato in direzione di maggiore riequilibrio tra le due parti. La Commissione Ue sostiene di avere il bazooka, allora che lo usi contro i prodotti Usa, definendo percentuali di dazi quantomeno reciproche; ha le leggi per tassare i Big Tech plurimiliardari americani e sottoporli a tassazione; metta in difficoltà le imprese e il Governo americano, perché lo scontro dei dazi fa danni a ciascuno dei contendenti, ma soprattutto respinga le imposizioni di migliaia di miliardi di dollari da investire negli Usa. Si rivendichi anche l’indipendenza dell’Europa, e la lealtà di 80 anni di alleanza agli Usa che da soli bastano per garantire il rispetto reciproco.
Draghi di recente ha detto: “È evaporata l’illusione di una Ue che ha potere nel mondo”, sottolineando di fatto che l’Europa non può accettare di subire l’affronto di una serie di estorsioni, anche perché rimarrebbe per sempre sottomessa, anche dopo Trump, e finirebbe la sua esistenza nell’impoverimento degli Stati che la compongono. Invece di una Federazione degli Stati d’Europa, rischiamo addirittura la disintegrazione dell’Unione Europea per pura codardia e incapacità di una guida politica capace di visione e comprensione della propria forza, e la sua scomparsa segnerà anche la fine della democrazia e dello stile di vita dei popoli Europei.
Nicola Bono
Presidente associazione Europa Nazione

