Prima lo sviluppo poi i sussidi - QdS

Prima lo sviluppo poi i sussidi

Carlo Alberto Tregua

Prima lo sviluppo poi i sussidi

venerdì 30 Settembre 2022

Prima i doveri, poi i diritti

Nel nostro Paese vi è un risparmio di 5.236 miliardi, di cui all’estero il 12,3 per cento. Il debito pubblico è di 2.770 miliardi, i cui titoli sono per tre quarti in possesso di investitori esteri. Lo Stato e le istituzioni locali hanno un parco immobiliare valutato in oltre 400 miliardi.

Che significano le cifre che abbiamo snocciolato? Significano che finanziariamente il nostro Paese è saldo, appunto per il cospicuo risparmio degli italiani, che si sono comportati come le formichine. Dall’altra parte, invece, lo Stato è debolissimo perché indebitato fino alla cima dei capelli e, fatto più grave, tale debito è in mano a investitori non italiani.

A fronte di questo scenario, il Pil si è bloccato intorno a 1.570 miliardi e, dopo la crescita dell’anno in corso, probabilmente si bloccherà in quello successivo.
Per fortuna, l’occupazione sta reggendo e la disoccupazione è intorno all’otto per cento. Ma, come nella famosa favola dei polli di Trilussa, il dato non è omogeneo perché nelle otto regioni del Mezzogiorno esso è più che il doppio rispetto alla media nazionale.


Vi sono altri parametri che differenziano la parte del Paese ricca da quella povera e cioè il tasso infrastrutturale – molto più basso al Sud che al Nord – il reddito pro capite e il Pil pro capite – che sono la metà al Sud rispetto a quelli del Nord.

Quindi, il nuovo Governo deve fronteggiare tutte queste situazioni negative, venute in eredità non tanto dal Governo Draghi quanto dai due Governi presieduti da Giuseppe Conte.
Per inciso, lo stesso ha esultato come se avesse vinto le elezioni col suo 15 per cento, ignorando volutamente che nelle precedenti il Movimento che lui guida oggi aveva conseguito il 32,7 per cento.
Giorgia Meloni ha già detto che il compito che dovrà affrontare, come possibile presidente del Consiglio, le fa tremare le vene dei polsi. Ha perfettamente ragione, per cui dovrà scegliere personalità di altissimo livello per occupare i ministeri più importanti, come quello dell’Economia, degli Affari esteri, della Transizione ecologica, della Pubblica amministrazione, dello Sviluppo economico e dell’Interno.

I ministri che sceglierà Giorgia Meloni saranno sottoposti al vaglio rigoroso del Presidente della Repubblica, che li dovrà nominare (ma che non è obbligato a nominare, come fu il caso di Savona nel Conte uno). Quindi, verosimilmente, Meloni dovrà sentire gli utili suggerimenti del Quirinale per evitare di proporre nomi che dovessero essere bocciati dal Presidente della Repubblica.

La scelta della leader di FdI sarà determinante perché solo con ministri di grandissima competenza e autorevolezza si potrà risalire la china, sia a livello di riconoscimenti internazionali (non più uno come Di Maio) sia per avere il supporto della Commissione europea.

Dopo i passi falsi della Von der Leyen, sembra che la linea sia cambiata e ora viene accettato regolarmente il responso del Popolo italiano, anche se non si tratta di tutto il Popolo italiano poiché ha votato solo il 64 per cento contro il 73 per cento delle precedenti elezioni. Tale astensionismo è anche dovuto al disgusto che gli elettori provano verso la politica.


Non sappiamo se la probabile presidente del Consiglio sarà in condizione di mantenere tutti gli impegni che ha assunto con i cittadini: la vedremo all’opera probabilmente dalla prima settimana di novembre. Infatti il 13 ottobre le Camere si riuniranno per eleggere i propri presidenti e non è escluso che essi saranno eletti quasi immediatamente, in quanto la maggioranza si dovrebbe presentare con i due nominativi precedentemente concordati.

Dopo di che vi saranno brevi consultazioni del Presidente della Repubblica, l’affidamento dell’incarico, la fiducia delle Camere. Il tutto potrebbe svolgersi in due o tre settimane al massimo.
C’è urgenza che il nuovo Governo entri immediatamente in carica perché deve mettere mano sia al completamento dell’aggiornamento del Def (Documento di economia e finanza) che alla Legge di bilancio 2023, in cui dovrà equilibrare spese ed entrate come prevede l’articolo 81 della Costituzione. Prima i doveri, dopo i diritti.

Auguri al nuovo Governo.

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