Il sindacato Legea Cisal dice "no" alla privatizzazione della Gesap, società che gestisce l'aeroporto di Palermo: ecco i motivi per cui, secondo Colombino, sarebbe controproducente.
La privatizzazione dell’aeroporto di Palermo? Per molti non serve, è controproducente e rischia di aprire una vertenza sindacale. Anzi, l’ha già aperta perché la Legea Cisal è pronta a fare la sua parte per denunciarne l’inutilità in questa fase.
Difficile pensare a un nuovo futuro per il “Falcone e Borsellino” senza discuterlo con il maggiore sindacato presente nello scalo. Il responsabile della federazione trasporto aereo e personale, Gianluca Colombino, va giù duro. Polemizza numeri e dati alla mano, definisce uno scenario controcorrente nella gestione degli aeroporti siciliani e scandaglia le parole chiave di questa vicenda: privati, quotazione in borsa, ma anche poli aeroportuali e interessi sul campo. E già che c’è manda un messaggio forte e chiaro al presidente della Regione Renato Schifani.
Privatizzazione dell’aeroporto di Palermo, il “no” di Legea Cisal
Nel piano nazionale del trasporto aereo si punta alla privatizzazione degli scali. Perché quella dell’aeroporto di Palermo sarebbe una iattura?
“La iattura, per quanto ci riguarda, non è il concetto di privatizzazione, ma è il parlarne con queste accelerazioni in un periodo in cui si viene da due anni di pandemia e un anno di palese recessione economica derivante dalle scorie dei lockdown e dal concomitante effetto del conflitto Russo-Ucraino su salari e quindi sui consumi di beni non primari”.
Parlate di svendita e di soluzione per pagare i debiti di un altro aeroporto, quello di Birgi. Proviamo a fare chiarezza su questi due aspetti della vicenda.
“Gli aspetti sono sotto gli occhi di tutti e partono da una mera analisi, calcolatrice alla mano, dei bilanci delle due società di gestione aeroportuale. Punta Raisi – pandemia a parte – viene da un incremento sempre costante del traffico e dalla contestuale chiusura dei bilanci in positivo, quest’anno si va verso gli otto milioni di euro, mentre Birgi ha una perdita costante nei suoi bilanci sulla quale ha persino ritenuto d’intervenire, di recente, la Corte dei Conti stante le necessarie costanti esigenze di ricapitalizzazione. Tutto perché non si è tenuto conto, da principio, della connotazione militare di Trapani, possibilmente per accontentare, in termini di assunzioni, qualche ras di consensi politici locali. I due scali, lo ricordiamo, se collegati anche con una sorta di trenino moderno disterebbero non più di 35 – 40 minuti”.
Una proposta alternativa
Qual è la vostra controproposta al progetto di privatizzazione dell’aeroporto di Palermo?
“La nostra controproposta l’abbiamo fatta e continueremo a sostenerla. Se si desse luogo a una quotazione in borsa della società di gestione palermitana, piuttosto che vendere ai privati, ci sarebbe l’effetto di garantire continuità alle recenti gestioni in positivo, continuando nel trend di crescita sia dei ricavi che del potenziamento e dell’efficientamento dei servizi. Certo non si regalerebbe nulla ai privati anche perché stante la connotazione di insularità della nostra Sicilia, l’aeroporto rappresenta una sorta di ingresso per chiunque voglia arrivare sul nostro territorio. Regalare le chiavi di questa porta ai privati, una porta che peraltro viene da bilanci positivi in serie, è oltremodo folle e a nostro parere rasenta la necessità di dare luogo a vere e proprie inchieste volte a chiarirne le motivazioni”.
Poli aeroportuali, è la strada giusta?
La politica dei poli aeroportuali (Palermo-Birgi-Pantelleria e Lampedusa da un lato, Catania e Comiso d’altra) è la via da seguire? Oppure serve un unico gestore? E in questo caso dovrebbe continuare a essere pubblico?
“La politica dei poli promossa con fusioni a freddo, quale quella ipotizzata dallo stesso attuale presidente della Regione o da pensionati d’oro che ricoprivano in passato ruoli di vertice in Enac senza che il trasporto aereo ne abbia mai tratto alcun beneficio, è una politica che non ha alcun senso se non quello di generare seri problemi che non servono a realtà costruite per cercare agilità e competitività. L’unica cosa che potrebbe servire è una cabina di regia per definire i rapporti commerciali con i vettori aerei. Sarebbe utile per non soggiacere ai ricatti di questa o quella compagnia che sposta le basi o i voli dove vi sono maggiori risorse in termini di contributi di co-marketing da parte delle società di gestione. In ogni caso, anche per questa soluzione la regia non potrebbe che essere di natura pubblica stante il fatto che sarebbe chiamata a guidare le scelte da porre in essere che non potrebbero che essere in linea con la necessità di soddisfare i passeggeri in transito e non quella dei conti correnti dei privati”.
La preoccupazione sindacale per la privatizzazione dell’aeroporto di Palermo
Cosa vi preoccupa di più delle dichiarazioni del presidente Schifani?
“Ci preoccupa sopratutto la sua scarsa informazione sui temi. Dapprima per parlare di privatizzazione ha cercato di definirla la soluzione al caro voli dei periodi festivi o di picco. Ed è palese anche ai bambini che l’incremento delle tariffe adottato dai vettori aerei non c’entra in alcun modo la gestione privata o pubblica degli scali. Poi ha velocemente provato a parlare di efficienza nei servizi ai passeggeri dell’aereo scalo di Palermo, compiendo anche qui una confusione assurda, in quanto i servizi sono resi dalle società di handling che sono già oggi private”.
“E infine ha auspicato di garantire management adeguati per assicurare buoni risultati alla Gesap compiendo, con questa ultima affermazione, l’ultima delle sue piroette non certamente supportate da dati ma dalla necessità di dare luogo alla privatizzazione per sua non meglio identificata volontà, dal momento che la gestione attuale – verso la quale peraltro anche la mia organizzazione sindacale si è spesso in passato scagliata contro – su tutto può essere messa in discussione ma non certo per i risultati stante la crescita del 62% negli ultimi 9 anni dei passeggeri e del volato in transito. Le nostre preoccupazioni sono dunque legittime di fronte all’accelerazione di un processo che riteniamo potrebbe, nel tempo, anche essere intrapreso o valutato. Ma, al momento, non c’è alcun motivo per essere messo in campo. Insomma, come dicevano i latini, cui prodest? Non certo ai cittadini e alla collettività che a oggi sono proprietari di un bene che produce ricavi”.
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