Il forte incremento delle tecnologie, l’irruzione rumorosa dell’intelligenza artificiale, la diffusione nell’etere di strumenti di trasmissione e di controllo e altre importantissime innovazioni – che rendono più facile la vita degli esseri umani – richiedono ai giovani, che via via si immettono nella società, anche a titolo lavorativo, maggiori capacità e cognizioni sul funzionamento delle stesse.
Per cui diventa più pressante e insistente la rituale domanda che sedicenni, ventiseienni e trentaseienni devono porsi: “Che cosa farò da grande?”.
In altri termini, ogni persona che via via cresce e si immette nel sistema deve avere chiare le idee sul proprio ruolo nel futuro della Comunità e nel proprio futuro, cosicché non si troverà in balia degli altri o di fatti e circostanze che non ha mai studiato e quindi non subirà le conseguenze di eventi che non ha previsto. Non perché imprevedibili, ma perché non ci ha pensato per tempo.
Dunque, intorno ai sedici anni bisogna porsi quella fatidica domanda. Perché indichiamo quest’età critica? La risposta è nei fatti: una persona di quell’età si trova all’incirca a metà degli studi di maturità ed è proprio in quel momento che deve pensare a cosa vuole fare dopo, perché già durante gli approfondimenti che compie, deve attuare certe scelte, in modo che esse possano connettere le conoscenze che si acquisiscono con quelle che si progetta di acquisire nel futuro.
Chi prevede provvede. Anticipare i tempi nella crescita e nella maturazione di una persona significa trovarsi meglio nel futuro, evitando brutte sorprese, secondo il motto: La migliore sorpresa è non avere sorprese.
Non è un gioco di parole, ma un modo concreto di operare senza lasciarsi andare a voli pindarici o ad atti illusori, che pongono fuori dalla realtà la vita dei giovani e spesso anche quella degli adulti.
Questo modo di agire non deve privare le persone dei sogni, perché essi sono necessari, a condizione che si distinguano dalla realtà. è bello sognare, ma restando con i piedi ancorati a terra.
Vi sono persone, ancora in età acerba, che non pensano al loro futuro, oppure vi pensano in maniera superficiale e inconsistente. Così facendo avranno brutte sorprese perché, lo ribadiamo, quasi sempre le sorprese sono brutte.
Naturalmente la responsabilità di pensare al proprio futuro non è solo dei giovani, ma anche dei loro genitori, dei professori e delle professoresse di scuola e università e anche di tanta gente che si va incontrando nella vita, facendo attenzione a distinguere quelle per bene da quelle per male.
Si dice che l’esempio viene dall’alto ed è vero. Se una classe dirigente nella società, o i genitori nella famiglia non sono i primi a dare l’esempio di probità, onestà e capacità, è chiaro che chi li guarda come modelli li imiterà, nel bene e nel male.
Dunque, le persone adulte hanno una precisa responsabilità nei confronti dei giovani, sia nel dar loro consigli e indirizzi basati su principi etici millenari, sia e soprattutto dar loro il buon esempio di concretezza, equità e di tutti quegli attributi prima elencati.
Vi è un’altra categoria di cittadini e cittadine che deve dare l’esempio e che deve contribuire alla crescita morale dei giovani e al comportamento equo di cittadini e cittadine.
Questa categoria è quella dei giornalisti, cioè coloro che fanno informazione. Un’informazione completa, precisa, obiettiva ed equilibrata aiuta i lettori e le lettrici a crescere, perché permette loro di comprendere meglio i fatti e basarsi su di essi. Quando invece si diffonde una cattiva informazione, con il solo scopo di fare rumors, evidentemente ci si comporta al di fuori del Codice etico dei giornalisti e si rende un pessimo servizio a chi legge.
I giornalisti che si comportano in tal modo dovrebbero autocensurarsi e, addirittura, uscire dal mondo dell’informazione.
Progettare il futuro non è solo un obiettivo per i più giovani, ma anche per chi ha raggiunto la terza e la quarta età; un futuro che non necessariamente si trova nell’Aldiqua, ma che potrebbe trovarsi anche nell’Aldilà.

