Una rete di violenza e abuso collega due fenomeni apparentemente distanti, le psicosette e i femminicidi: si tratta della manipolazione e del desiderio di possesso.
C’è una linea sottile che collega un fenomeno quasi sconosciuto ma molto presente in Italia come le psicosette e la ben più nota mattanza dei femminicidi: una rete di violenza che passa attraverso la manipolazione e il controllo.
“Psicosetta e femminicidio: nella mente del manipolatore” è il titolo della rubrica dell’avvocato Giorgia Bagnasco per Manisco World – organizzazione impegnata nella lotta contro psicosette e per ritrovare persone scomparse nel mondo – al fine di informare e prevenire. Manisco è l’acronimo di “manipolazione” e “scomparsa”, ma la riflessione dell’ultima rubrica si è parlato di un annientamento più che di una scomparsa: quello di Giulia Cecchettin, vittima di femminicidio a pochi giorni dalla sua laurea. A lei e a tutte le altre – che per pure ragioni di tempo e spazio non si possono elencare – è dedicato il ragionamento sulla mente del manipolatore. Un tentativo di comprendere e spiegare, certo, ma anche di prevenire ulteriori casi simili e fare luce sulle tecniche d’azione comunemente adottate sia da guru di sette che da partner violenti.
Violenza e manipolazione, un filo che collega psicosette e femminicidi
“Il fenomeno delle psicosette e il femminicidio sono due fenomeni che si muovono assieme”: questo è l’assunto da cui parte la riflessione di Manisco World. L’avvocato Giorgia Bagnasco, così come lo psicologo criminologo Sergio Caruso e la presidente dell’associazione Virginia Melissa Adamo concordano nel pensiero che prevenire è meglio che curare e che l’informazione è la prevenzione migliore.
“Dobbiamo ragionare non su come piangere le tante Giulia, ma a come intercettare i tanti Filippo”, spiega il criminologo Sergio Caruso, facendo riferimento al caso di cronaca che ha sconvolto l’Italia solo pochi giorni fa.
“Non siamo istruiti adeguatamente a riconoscere i segnali della manipolazione, tanto nel fenomeno delle psicosette che in quello del femminicidio e della violenza contro le donne”, aggiunge Caruso.
Come riconoscere il manipolatore? Ci sono degli step che si ripetono praticamente uguali, che ad agire sia il guru interessato ad attirare i suoi “adepti” o che sia un partner possessivo. “Dal senso di colpa nasce la manipolazione”: così esordisce Sergio Caruso nella sua spiegazione del fenomeno che lega ogni forma di violenza, fisica o psicologica.
A questo, secondo lo psicologo criminologo, bisogna fare attenzione perché “da lì nasce tutto, la violenza psicologica e tutto il resto”. Non bisogna ricercare grandi segni o anormalità, anzi – come spiegano bene i rappresentanti della Manisco World – “i segnali sono nella più assoluta normalità“. La manipolazione è un processo neuro-psicologico che fa parte del nostro quotidiano. I manipolatori sono personaggi che sono come noi, mangiano con noi e vivono accanto a noi. Gli autori di femminicidio, gli stupratori, i sex offenders sono soggetti che fanno parte della nostra quotidianità”, precisa il criminologo Caruso.
Manipolazione e violenza, le fasi dell’annientamento dell’altro
E quali sono questi segnali della manipolazione a cui prestare attenzione per non cadere nella rete della violenza? Senso di colpa, controllo dell’altro, possesso, non riuscire a vivere senza l’altro. Il “copione” del manipolatore è lo stesso e si articola sempre nelle seguenti fasi:
- Love bombing, “bombardamento d’amore” per agganciare la vittima con frasi d’amore dal sottotesto possessivo ed estremo;
- Indottrinamento: convincere l’altro della veridicità di una visione del mondo “distorta” dove il possesso e il controllo sono segni d’amore;
- Reclutamento: fase finale di aggancio della vittima, convinta di essere “diversa” dagli altri e destinata a vivere in una data condizione;
- Mantenimento della fiducia e della manipolazione attraverso prove e pratiche estenuanti, che spesso includono veri e propri atti di violenza (fisica e/o psicologica);
- Deprogrammazione e Isolamento: la fase finale in cui il manipolatore raggiunge il suo scopo, allontanare la sua vittima da chi può aiutarla a mantenere la lucidità e dire no alla violenza. Si tratta della fase peggiore, la più pericolosa, quella che deve spingere a chiedere aiuto prima che sia troppo tardi.
Queste “fasi” della manipolazione riguardano i guru nelle psicosette, ma – come si può vedere – la dinamica dello stalker o del violento non è poi così diversa. C’è un obiettivo comune tra guru e stalker: l’isolamento e la sottomissione della vittima, privata delle sue certezze emotive e a volte perfino del proprio passato.
“Serve prevenzione”
Punire è giusto, ma intercettare prima è meglio: “La repressione è qualcosa che viene dopo ed è nulla senza un’accurata opera di prevenzione. C’è spesso l’idea di intervenire dopo il danno. Intervenire sulla Legge è giusto, ma non è la svolta”, specifica Caruso.
Ci sono casi in cui l’ordinamento giuridico può fare poco, soprattutto se non c’è una denuncia. Ma comprendere è il primo passo verso la non accettazione e la sconfitta della violenza. “La simbiosi non è una cosa normale”, specifica l’avvocato Bagnasco, così come non è normale il possesso.
“Bisogna imparare a riconoscere e metabolizzare il no nella vita. Solo così si sconfigge la violenza”, aggiunge.
Quando e come chiedere aiuto
Vittime di manipolazione e violenza: quando chiedere aiuto? Il prima possibile, è la risposta migliore. I cambiamenti comportamentali prolungati e, a volte, anche il silenzio insolito sono elementi che possono aiutare a comprendere se un proprio caro è vittima di violenza.
Quando si viene a conoscenza di un caso, è bene denunciarlo. Esistono numerosi strumenti: associazioni, il numero antiviolenza 1522, l’app YouPol e tutte le stazioni e le caserme delle forze dell’ordine, numeri verdi e i racconti a persone fidate che possono salvare delle vite.
Immagine di repertorio (Foto di 422694, da Pixabay)