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Pa, nessun premio ai “senza risultati”

Pa, nessun premio ai “senza risultati”
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I fondi ci sono, bisogna usarli

Il Governo ritiene di chiedere una proroga del Pnrr oltre il 2026, anno di chiusura del finanziamento. Per quale motivo? Semplice: la burocrazia italiana non è in condizione di spendere totalmente le somme a disposizione (quasi duecento miliardi), con la conseguenza che si perde l’opportunità di costruire infrastrutture, riparare territori, migliorare le dotazioni digitali, finanziare la sanità, sostenere la transizione ecologica e altro.

Vi sono tante altre fonti di finanziamento come il Programma operativo europeo 2021-2027 per le regioni meridionali o i Fondi di sviluppo e coesione (Fsc) o ancora i finanziamenti che la Banca europea degli investimenti mette a disposizione degli Enti locali, oltre alle somme stanziate nel bilancio dello Stato per investimenti.

Ma se analizziamo tutte queste fonti finanziarie ci accorgiamo che esse vengono utilizzate forse per la metà o giù di lì. Si tratta di una situazione drammatica, perché il nostro Paese non riesce a svilupparsi non perché non abbia risorse economiche, ma perché le tiene bloccate nelle fonti.

Qual è la causa principale del dramma che abbiamo prima descritto? La disfunzione cronica della Pubblica amministrazione, basata sull’irresponsabilità dei dirigenti e sulla loro parziale incompetenza, di cui è in parte responsabile il ceto politico, in quanto sceglie dirigenti a volte capacissimi e preparati, ma in altri casi solo perché parenti o amici e non perché abbiano competenze.

L’incompetenza, l’incapacità, la mancanza di professionalità sono elementi che non consentono di fare funzionare la Pubblica amministrazione a tutti i livelli (nazionale, regionale e locale), il che comporta una disfunzione e quindi una serie di disservizi che penalizzano non tutti i cittadini, ma solo quelle fasce medie e medio-basse che non hanno capacità di spesa, perché ricevono risorse finanziarie insufficienti.
La disfunzione della Pa comporta l’altra grave conseguenza prima descritta: la lentezza endemica nella costruzione di infrastrutture, nella riparazione del territorio, nell’ammodernamento dei sistemi esistenti e via enumerando.

Lo scenario che vi rappresentiamo non è catastrofico, ma reale, peraltro più volte rassegnato. Abbiamo indicato prima alcune delle cause dello stato dei fatti, ma ve n’è un’altra ancora più importante ed è che non vengono assegnati ai dirigenti dal ceto politico gli obiettivi e i relativi cronoprogrammi per raggiungerli. La conseguenza è che questi non vengono conseguiti e quindi non vengono utilizzate le risorse disponibili.

Di fronte a questa cronica malattia vi è qualche rimedio? Ne dubitiamo, perché chi dovrebbe porvi rimedio è la classe istituzionale, la quale a sua volta dovrebbe essere colta, sapiente, intelligente e quindi capace di fare funzionare la macchina sottostante, cioè quella esecutiva, cioè quella burocratica, in maniera adeguata. Allora sorge la successiva domanda: questo ceto politico, indipendentemente dalla sua collocazione, è nelle condizioni di automigliorarsi?

La risposta è nei fatti: l’asino non capisce come fare per acquisire “l’intelligenza” del cavallo; asino è e asino resta. Ma il ceto politico è dotato di intelligenza, che dovrebbe usare nella giusta direzione e cioè quella del benessere dei cittadini, che passa attraverso il buon funzionamento della macchina burocratica. I responsabili di quest’ultima sono i dirigenti, i quali mai e poi mai dovrebbero essere premiati se non realizzano risultati concreti.

Insomma, anche in questo caso è una questione di metodo. Scusate se vi sembra un ritornello quello del metodo, ma se non c’è metodo, e quindi organizzazione, non funziona niente.
Noi abbiamo il dovere di ritornare continuamente sulla materia perché la riteniamo fondamentale per la crescita dell’Italia, che si trova in una situazione estremamente pericolosa, in quanto la produzione industriale è in regresso, il Pil è vicino allo zero e l’occupazione, che per ora regge, potrebbe presto essere minacciata.
La situazione è chiara. Solo chi non vuole vederla non la vede.