Le rappresentazioni de "L'ira di Achille", promossi dall'assessorato regionale dei Beni Culturali, mercoledì prossimo nel Teatro Akrai di Palazzolo Acreide e il domenica sei nel Museo regionale di Messina. Un progetto antico pienamente realizzato
Dopo sei mesi di stop alle attività teatrali a causa dell’emergenza coronavirus, l’associazione Figli d’Arte Cuticchio torna in scena con una nuova produzione.
“L’ira di Achille” dall’Iliade di Omero, adattamento scenico e regia di Mimmo Cuticchio, sarà rappresentato mercoledì due settembre alle diciannove nel Teatro Akrai di Palazzolo Acreide e domenica sei settembre alle ventuno e trenta nel Museo regionale di Messina (Mume).
Protagonisti, oltre ai burattini, i pupari, che, tra manianti e parraturi, sono Mimmo e Giacomo Cuticchio, Tania Giordano, Marika Pugliatti ed Emanuele Salamanca.
Gli spettacoli, pensati per il grande palcoscenico, sono promossi dall’assessorato regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana.
La storia, ispirata a uno dei passi più famosi dell’Iliade di Omero, racconta di Paride, figlio di Priamo re di Troia, che rapisce Elena, moglie di Menelao re di Sparta.
I greci si riuniscono e decidono di dichiarare guerra ai troiani. Comandante in capo è Agamennone, re di Micene e fratello di Menelao. Tra i guerrieri ci sono Ulisse, Aiace Oileo, Aiace Telamone, Antiloco, Diomede, Menelao, Nestore, Patroclo, Achille e l’indovino Calcante.
Le navi greche approdano sui lidi di Troia, lungo tutta la costa. Il re Priamo riunisce i suoi figli e gli alleati e affida il comando della difesa della città al primogenito Ettore.
Il progetto dell’Iliade, per Mimmo Cuticchio, parte da molto lontano, dagli anni Ottanta, quando cominciò a portare i pupi nelle scuole elementari in giro per la Sicilia, rappresentando gli spettacoli nelle palestre, nei cortili, nei saloni e nelle aule.
Incontrare i ragazzi, era il “pretesto per parlare della crisi dell’Opra e di un’epoca, della sua trasformazione in un teatro nuovo”.
Cuticchio, allora, cominciò a costruire da solo le armature dei greci e dei troiani seguendo i disegni che le numerose visite al museo archeologico Antonino Salinas di Palermo gli avevano ispirato e con l’aiuto del fratello Guido, di Francesco Caruso e Paolo Galluzzo costruì i pupi dei personaggi principali.
“Tuttavia non riuscii a realizzare tutti i pupi necessari – ricorda – per la mia ideazione scenica avrei avuto bisogno di una quarantina di pupi, ma non avevo né i soldi per l’acquisto dei metalli né il tempo, visto che nel frattempo portavo in tournée gli spettacoli”.
“Così – aggiunge – dopo la nascita dei primi dieci pupi, decisi di utilizzare alcuni pupi in paggio di quelli che già possedevo: il vecchio Re Pipino diventò Re Priamo, alcune dame furono trasformate in Elena, Andromaca, Cassandra ed Ecuba. Per i fondali riadattai quelli del ciclo carolingio, ai quali se ne aggiunsero otto realizzati dal pittore Marco Incardona, che ho avuto il privilegio di conoscere negli anni Novanta. Un gigante che avevo visto montare nel laboratorio di Don Paolo Galluzzo diventò il mio Aiace Telamone”.
“Insomma – conclude -, devo ammettere che solo in tempi recenti ho potuto completare il progetto, tanto che, potrei dire, la gestazione di questa Iliade si è trasformata in un’Odissea”.