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Quando la Sicilia non è come l’Italia

Quando la Sicilia non è come l’Italia
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L’autonomia differenziata potrebbe provocare un ulteriore danno alla già claudicante situazione della Sicilia

La legge sulla cosiddetta autonomia differenziata potrebbe provocare un ulteriore danno alla già claudicante situazione della Sicilia e di gran parte delle altre regioni meridionali. Questa affermazione potrebbe essere considerata soltanto un’opinione, è vero, tuttavia non lo è assolutamente. In ogni caso credo sia però opportuno citare alcune cifre che descrivono inequivocabilmente il divario esistente tra l’Isola e il resto della Nazione, chiarendo quanto sia difficile eliminarlo con una legge che proclama il rispetto dei Livelli essenziali delle prestazioni, ma non li realizza, come non lo ha fatto negli anni precedenti, nonostante le varie promesse di tutti i Governi succedutisi nel tempo, a prescindere dal colore politico.

I numeri del divario tra Sicilia e il resto d’Italia

Ma veniamo ai dati ai quali si faceva riferimento, che di sicuro rendono tutto più chiaro, anche se sono in quotidiana modificazione. Il Pil pro capite medio dell’intero Paese è 30.136 euro, quello della Sicilia è 18.823, vale a dire poco più della metà. Il tasso complessivo di occupazione dell’intero Paese è pari al 61,1%, quello della Sicilia è il 42,6%, cioè circa venti punti percentuali in meno. La quota di occupati non regolari in Italia è del 12,6%, quella della Sicilia raggiunge il 18,5%, vale a dire circa un terzo in più. Il valore aggiunto per ogni addetto al settore industriale in Italia è di 58.800 euro, in Sicilia si ferma a 40.100 euro. Il tasso di disoccupazione nazionale raggiunge l’8,2%, quello della Sicilia si attesta al 16,9%, cioè più del doppio. La quota di laureati sul totale della popolazione è del 27,4% in Italia e del 17,8% in Sicilia, quasi dieci punti percentuali in meno.

Un dato estremamente significativo riguarda, poi, l’emigrazione ospedaliera, che smaschera una certa autoreferenzialità siciliana e non solo. Il dato nazionale è del 7,8%, ma quello della nostra Isola è del 6,2%, circostanza che evidenzia la crisi sanitaria soprattutto del Mezzogiorno e che alza il dato complessivo del Paese, nonostante nella regione siano presenti eccellenze mediche di primo livello. Altro elemento assai preoccupante riguarda la rinuncia alle cure sanitarie: 7,2% in Sicilia, 7% nel totale del Paese.

Un ultimo elemento riguarda la Sicilia, che nel settore dovrebbe essere leader, ma arranca molto faticosamente, anche a causa di un carico burocratico assolutamente insopportabile. Il riferimento è al dato relativo all’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili che in Sicilia si ferma al 28%, mentre nel Paese sale al 35,1%.

Una cifra che, infine, taglia la testa al toro è quella che riguarda la spesa pubblica per cittadino che nel Paese si attesta sui 9.153 euro, mentre in Sicilia scende a 4.212.

L’autonomia differenziata provocherà un disastro in Sicilia

Credo che questi semplici e incontestabili elementi che, lo ripeto, sono in continua modificazione, non possano che confermare il disastro che l’autonomia differenziata provocherà a tutte quelle regioni le quali, nei settori citati, ma anche in altri non meno significativi ed importanti, si trovano molto al di sotto della media nazionale, proprio a causa della spesa storica, che ha sistematicamente e dolosamente sostituito gli irrealizzati Lep o Lea. Una spesa storica che, così continuando, cioè senza forti interventi perequativi in tutti i settori, farà diventare più ricche le regioni già ricche e più povere le regioni notoriamente più povere.

Tutto questo a danno di chi, purtroppo, sta ancora indietro, in aperta violazione con la previsione dell’art.3 della Costituzione che è giusto ricordare per chi dovesse avere problemi di memoria:
“1) Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali; 2) È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Insomma, la vera riforma alla quale si dovrebbe mettere mano non riguarda nuove leggi, bensì la piena applicazione di quelle che ci sono, ma che non vengono applicate o vengono applicate dolosamente male.