Lorenzo de’ Medici, anche noto come il Magnifico (1449-1492), in pieno Rinascimento scrisse una sorta di inno alla normalità, ricordando: “Quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia! Chi vuole esser lieto, sia, di doman non c’è certezza”.
Perché lo interpretiamo come un inno alla normalità? Perché vuole essere una forte sottolineatura a quanto sfugge alla maggior parte della gente e cioè che non si dà sufficiente valore e peso all’oggi, a quello che si vive giorno per giorno, trascurando che, appunto, “di doman non c’è certezza”.
Perché molti hanno l’ansia di guardare al domani trascurando fortemente l’oggi? Probabilmente perché non sono contenti di come vivono, di quello che hanno e sperano di migliorare la propria situazione negli anni successivi.
Ora, non vi è dubbio che bisogna progettare il futuro, che ogni persona dovrebbe avere un progetto di vita, anche ambizioso, ma concreto, da realizzare giorno per giorno. Per fare questo c’è bisogno di concentrazione, impegno e olio di gomito.
Nella vita ci vuole equilibrio fra il presente e il futuro, facendo tesoro del passato.
Sembra banale o semplicistico quanto scriviamo, ma se ci pensate non occorrono elucubrazioni complesse per stabilire un percorso che proviene da tempi precedenti.
Per capire meglio il futuro occorre fare tesoro dei dettagli, cioè di quei punti che sembrano insignificanti, ma che poi assumono una valenza importante quando vengono collocati nei posti giusti. Il tutto sempre all’interno di un quadro di normalità che, come si scriveva prima, viene spesso trascurato.
Normalità accoppiata a vivibilità, due qualità sconosciute o non opportunamente valorizzate dalla maggior parte della gente, perché ognuno è attratto da cose grandi o grandiose, da eventi eccezionali, da fatti che si vorrebbero fare propri, ma di dimensioni inappropriate alla propria. Invece, si dovrebbe tener conto della vita quotidiana, che offre anche piccoli o grandi spunti piacevoli e che non è tutto sacrificio e sudore, lacrime e sangue.
Quasi tutti noi sappiamo che la durata del corpo è limitata nel tempo, fra il momento del primo respiro e quello dell’ultimo. Tuttavia, questa consapevolezza è spesso teorica perché si bruciano giornate, mesi e anni in modo inconcludente in quanto non facenti parte di quello che prima si denominava “progetto di vita”.
Fra l’altro, la gente spesso non ha la consapevolezza della propria immensa ignoranza, nel senso che ignora quasi tutto l’esistente. Tale ignoranza genera presunzione, con la conseguenza che emergono i signori “Io so tutto”. Poveretti! Costoro non hanno cognizione né dell’ignoto a venire né dell’ignoto del tempo in cui si vive.
È proprio per saperne di più che bisognerebbe assecondare la propria curiosità, che, per inteso, non dev’essere quella che si occupa dei fatti degli altri.
Bramosia di sapere, di conoscere, di avere migliori elementi di valutazione dovrebbero essere una sorta di stimolo continuo che ci porta a leggere e a informarci quotidianamente, soprattutto attraverso libri e giornali di carta perché, lo ripetiamo, la lettura sugli schermi è dannosa per la vista e non permette una buona memorizzazione.
Purtroppo l’abuso degli smartphone porta le persone a pensare di sapere tutto. Non è vero, anzi è vero l’opposto, perché chi continua a usare e ad abusare di tali apparecchi riempie il proprio cervello di puntini che non fanno insieme concetti o conoscenze. Quando manca il software mentale per collegare tali puntini essi restano come sono, con la conseguenza che la conoscenza non aumenta e quindi l’interpretazione dei fatti diventa lacunosa.
Per avere cognizioni adeguate occorrerebbe che i professionisti dell’informazione la trasmettessero in maniera vera, completa e obiettiva. Ma non sempre questo comportamento etico accade, con la conseguenza che gli imbrogli si trasmettono nelle reti mediatiche amplificando le menzogne e la distorsione della realtà. Così cittadine e cittadini restano ignoranti (nel senso che ignorano) e manipolabili.

