Quasi un Comune siciliano su due senza bilancio. Cresce la tensione tra la Regione e gli Enti locali - QdS

Quasi un Comune siciliano su due senza bilancio. Cresce la tensione tra la Regione e gli Enti locali

Quasi un Comune siciliano su due senza bilancio. Cresce la tensione tra la Regione e gli Enti locali

martedì 15 Aprile 2025

Sono 179 (il 46%) i Municipi dell’Isola inadempienti. L’assessore Messina: “Spesso ci si trincera dietro a falsi problemi”

PALERMO – “Un aiuto dalla Regione per chiudere prima i bilanci? Sarebbe troppo facile, ma noi per primi abbiamo difficoltà perché carenti di burocrati. Noi in ritardo con la comunicazione dei trasferimenti? Un falso problema”. L’assessore regionale alle Autonomie locali, Andrea Messina, non usa mezze parole e in un’intervista esclusiva al QdS bacchetta i Comuni siciliani che, ancora una volta, non sono riusciti a chiudere in tempo i loro esercizi finanziari.

Ben 179 Municipi non hanno ancora varato i loro bilanci

Ben 179 Municipi non hanno ancora varato i loro bilanci che dovrebbero essere preventivi ma che, a quattro mesi dall’inizio dell’anno, rischiano di diventare dei consuntivi. Parliamo, stando ai numeri, di quasi il 46% di Enti locali inadempienti: troppi, anche perché i riflessi sulle comunità sono pesanti.

In questi giorni sono stati nominati i commissari ad acta che si insedieranno nei vari Municipi ed, eventualmente, dovranno sostituirsi a Giunte e Consigli comunali, nei casi più estremi, per approvare di loro pugno l’esercizio finanziario.

Operare esclusivamente in regime di spese urgenti o indifferibili

Ma, dal punto di vista tecnico, gestire un’Amministrazione pubblica senza bilancio a questo punto dell’anno, cosa vuol dire? “Significa – spiega l’assessore Messina – che non può lavorare neanche in dodicesimi (spesa che consente di effettuare pagamenti mensili entro un dodicesimo dei crediti aperti nel bilancio dell’esercizio precedente, nda) perché la scadenza era stata fissata al 28 febbraio. Quindi è già da marzo che gli Enti locali senza bilancio possono operare esclusivamente in regime di spese urgenti o indifferibili. Non avere un bilancio significa non potere effettuare una spesa ordinaria, non riuscire quindi a garantire efficienti servizi e risposte alla cittadinanza”.

Ma è evidente che di fronte a questa situazione dei ritardi, divenuti cronicizzati, deve esserci un denominatore comune. Un vulnus (o anche più di uno) che finisce per far andare in tilt il sistema della contabilità degli Enti locali. “I Motivi? Non riescono ad approvarlo in tempo, quest’anno purtroppo il termine ultimo è stato anticipato ulteriormente (28 febbraio, nda) ed evidentemente i Comuni non sono pronti, non hanno un’organizzazione burocratica o non hanno la possibilità di far quadrare il bilancio. Alle volte ci sono casi in cui gli organi politici e di controllo non si riuniscono puntualmente. Attenzione, non da sottovalutare anche le cattive abitudini: certo è che man mano che si anticipa la data di scadenza degli strumenti finanziari il numero dei Comuni si alza”.

I Comuni senza bilancio paralizzati nella loro attività politico-amministrativa

Le conseguenze non sono da poco: quei Comuni che non hanno approvato i bilanci, di fatto, sono paralizzati nella loro attività politico-amministrativa. “Il bilancio di previsione – conferma Messina – non è un atto formale, ma rappresenta lo strumento fondamentale attraverso cui un Comune programma servizi e interventi per i cittadini, pianifica le attività e i servizi da erogare nel triennio, ed è condizione imprescindibile per l’autorizzazione delle spese pubbliche. Non possiamo permettere che l’inerzia amministrativa ricada sulla qualità della vita delle comunità locali. In dodicesimi si poteva esercitare sino al febbraio scorso. Dall’1 marzo, considerata l’avvenuta scadenza dei termini, si possono effettuare solo le spese urgenti e indifferibili, quindi gli Enti hanno l’impossibilità di operare con una spesa ordinaria”.

Cosa può fare la Regione per aiutare i Comuni?

Poi, come già accennato, la stoccata ai Comuni: “Cosa può fare la Regione per aiutarli in termini di supporto anche tecnico? Direi proprio nulla: già i nostri vari Dipartimenti hanno le loro difficoltà, non possiamo pensare di utilizzare il nostro personale per i Comuni, che hanno una loro autonomia statuaria e organizzativa. E comunque sarebbe troppo semplice una soluzione simile per chi non si organizza per tempo”.

I sindaci spesso si sono lamentati anche dei ritardi della Regione nel comunicare i trasferimenti da assegnare ai Comuni, cosa che non permetterebbe di stabilire le entrate certe in bilancio: “Da quest’anno – risponde Messina – abbiamo anticipato i trasferimenti. Abbiamo già fatto un decreto, come dipartimento Fondo autonomie, ed entro il 20 aprile faremo gli stanziamenti. Ma chi si trincera dietro a questa cosa in realtà mette avanti un falso problema, è evidentemente una futile motivazione, perché tutt’al più un Comune può inserire la somma dell’anno prima e poter comunque varare un bilancio preventivo”.

La palla passa ai commissari

Adesso, dunque, la palla passa ai commissari: ecco gli adempimenti e i vari passaggi che dovranno compiere. Anzitutto dovranno procedere preliminarmente ad accertare lo stato del procedimento, dando successivamente corso all’insediamento nell’Ente, risultando in tal modo legittimati a procedere alla specifica attività d’impulso o sostitutiva necessaria per portare a compimento l’incarico. I funzionari regionali, qualora non siano stati predisposti dagli uffici finanziari i relativi schemi di bilancio 2025/2027 e gli atti propedeutici e connessi prescritti dalle vigenti disposizioni in materia, porranno in essere specifica attività d’impulso nei confronti degli stessi. Se lo schema di bilancio dovesse risultare privo del parere dell’organo di revisione economico-finanziaria, i commissari avvieranno specifica attività di sollecitazione finalizzata all’acquisizione del parere, nel rispetto dei termini regolamentari. Non appena acquisito il citato parere, si provvederà a convocare il Consiglio comunale e ad assegnare il termine stabilito all’articolo 109 bis dell’Orel (Ordinamento regionale degli Enti locali), che è 30 giorni a partire dalla convocazione dell’assise. Nell’ipotesi in cui il Consiglio abbia già deliberato di non approvare le proposte di deliberazione dei bilanci, il commissario ad acta, dopo avere valutato gli eventuali rilievi dei consiglieri, dovrà avviare una nuova sessione consiliare, con adunanza da tenersi il primo giorno utile allo scadere dei termini previsti dal regolamento dell’ente. Contestualmente, il commissario assegnerà ai consiglieri il termine sempre dei 30 giorni.

L’Anci rispedisce le accuse al mittente: “Siamo di fronte a una crisi di sistema”

L’Anci Sicilia, l’Associazione dei Comuni siciliani, lancia l’allarme attraverso il suo presidente Paolo Amenta. Stando al vertice dell’associazione c’è un problema di sistema, con nuovi paletti inseriti nel tempo per varare gli strumenti finanziari che legano troppo le mani agli Enti locali. In una Sicilia dove esiste una povertà strutturale e la conseguente difficoltà di incasso dei tributi, tutto diventa più difficile.

In primis a ingessare i bilanci c’è l’Fcde, il Fondo crediti di dubbia esigibilità. Parliamo quindi di tutti quei crediti che il Comune non riesce e riscuotere, somme che devono essere congelate tra le risorse finanziarie dell’ente. Ma le ragioni sono tante altre, come spiega lo stesso Amenta.

Perché questi ritardi si sono cronicizzati e come si ripercuotono sulla vita quotidiana dei cittadini?
“C’è una crisi di sistema, non è una crisi ordinaria e che quindi si può risolvere con piccoli interventi. C’è un sistema che sta stritolando i Comuni siciliani. Sono due i principali motivi: il primo è che i Municipi hanno dovuto subire delle fortissime riduzioni di trasferimenti. È stato tagliato il Fondo delle autonomie locali, sceso da quasi un miliardo agli attuali 350 milioni che vengono ripartiti. Dall’altra parte lo Stato ha modificato il sistema di contabilità e ha inserito l’articolo 118 del Federalismo fiscale che ha calato alcuni vincoli. Questo ha prodotto una maggior pressione sui Comuni siciliani, una su tutte l’impostazione dell’Fdce a copertura dei mancati incassi da parte dei municipi nell’esercizio ordinario. Parliamo di 964 milioni di euro bloccati nei vari Comuni per coprire questo fondo. Poi ci sono anche conseguenze che nascono dalla realtà sociale del territorio. La Sicilia è al secondo posto in Italia per povertà, la copertura al 100% di determinati tributi in una regione povera, dove la produzione di ricchezza perde giorno dopo giorno, permette al massimo di incassare il 60%. La parte restante non incassata diventa un debito. Il sistema contabile e le entrate dei Comuni sono ridotti al lumicino. Se aggiungiamo anche il tema dell’inflazione, che ha fatto aumentare i costi dei servizi e prodotto adeguamenti contrattuali dei dipendenti comunali, l’enorme volume dei costi dei servizi sociali e l’aumento dei costi dell’energia elettrica, è chiaro che tutto questo non permette più ai Comuni di stare in piedi. Abbiamo chiesto come Anci più volte alla Regione e al governo nazionale di istituire un tavolo, ma c’è stato il silenzio”.

L’assessore ha un po’ bacchettato i Comuni. Cosa può fare l’Anci, in termini di sostegno, per evitare che i Comuni possano ogni anno incappare negli stessi ritardi?
“Rimandiamo al mittente queste bacchettate ai Comuni. Forse qualcuno non ha capito che questo quadro del sistema è veritiero, drammatico. Abbiamo avanzato anche una proposta alla Commissione Bilancio dell’Ars per istituire un Fondo di perequazione e cambiare i criteri di riparto per aiutare i Comuni più fragili, quelli che hanno avviato un Piano riequilibrio o dichiarato il dissesto finanziario, ma non abbiamo mai avuto alcuna risposta. Al Governo nazionale abbiamo chiesto di abbassare la percentuale dei fondi di garanzia e crediti commerciali che vincolano le risorse di bilancio. Noi come Anci non abbiamo proprio nulla da poter fare. Siamo un’associazione che dà servizi e mette insieme i Comuni, vive a stento di risorse da contributi pubblici, non abbiamo risorse e non siamo nelle condizioni di poter dare supporto. Non programmare i bilanci significa non avere risorse per garantire il sistema di welfare, gli asili nido, non avere soldi per le manutenzioni, per il servizio idrico integrato e con il rischio di non poter conferire in discarica il rifiuto, di non pagare nei tempi dovuti le imprese. Senza un bilancio in equilibrio si entra nel caos e non si possono produrre servizi alla comunità”.

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