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Quei succubi ignari di web e tv

Quei succubi ignari di web e tv
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Marcello Marchesi (1963) docet

Il non dimenticato Marcello Marchesi (1912-1978) – grande umorista, sceneggiatore, scrittore, regista cinematografico e teatrale, autore di programmi televisivi (Canzonissima), collaboratore ai testi di Sordi, Bramieri, Tognazzi, Chiari, autore di canzoni (Bellezze in bicicletta) e così via – aveva l’abitudine di dissacrare tutti i luoghi comuni e tutte le cose che noi mortali guardiamo, ma non vediamo. Perché non vediamo? Per la semplice ragione che la nostra “zucca” non funziona adeguatamente nel comprendere e far penetrare i fatti che ci accadono e le vicende che attraversiamo.
Chi ha la mente piatta, riceve impulsi, segnali e informazioni che, in seguito, rimbombano ed entrano nel nostro cervello senza farci ragionare e riflettere.
Tutti dovrebbero leggere la trilogia scritta da Marchesi, “Il malloppo”, “Diario futile di un signore di mezza età” e “Sette zie”, in cui i calembours erano continui, mettendo insieme parole di diverso significato adattato alla presa in giro di fatti e circostanze.

“Credo che chiunque potesse apparire sul video tutte le sere, alla stessa ora, e dicesse, non so, ‘put-put, buonasera, put-put, come va? Put put… io, put-put, sto bene bene… arrivederci put-put’ dopo una settimana diventerebbe famosissimo. Non solo, ma tutta l’Italia parlerebbe col put-put”.
Lo scriveva nel 1963, ma a voce diceva che se si fossero cambiati i due termini put-put con merda, il risultato sarebbe stato lo stesso.
L’ironia di quanto precede è del tutto evidente e riguardava radio e televisione, cioè l’assuefazione di coloro che vedono e sentono i luoghi comuni, le frasi fatte e ripetute o anche i neologismi che vengono detti da personaggi noti; proprio per questo suscitano l’imitazione continua di chi vede o ascolta.
Insomma, per farla breve, anche allora la piattezza valutativa e di ragionamenti dei/delle cittadini/e era notevole, ma forse si poteva giustificare perché la televisione non aveva ancora compiuto il decimo anno di vita, mentre oggi, che va per il settantesimo, questa giustificazione non ha più ragione d’essere, con la conseguenza che la nostra attenzione si dovrebbe finalmente essere risvegliata.
Attenzione verso che cosa? Verso il rischio che tutto ciò che noi vediamo e sentiamo in radio e televisioni, e oggi, molto di più, sul web, ci influenzi senza che ce ne accorgiamo e ci induca a pensare, e conseguentemente ad agire, non già perché siamo noi stessi che lo vogliamo in base a un ragionamento e alla nostra volontà, ma perché sotterraneamente siamo stati indotti ad agire e a parlare in un certo modo.
Non scriviamo cose nuove, che tutti sanno, anche se nella pratica quotidiana vengono ignorate perché siamo condizionati/e da un’informazione a pioggia, fatta di punti e virgole e mai completa, con un senso comune, logico ed esteso.
Ed è proprio contro il condizionamento del nostro subconscio che dobbiamo combattere; quando questo incontra persone che vogliono indurci a fare cose che non faremmo, dobbiamo essere attenti/e e svegli/e perché il peggio che possa capitarci è fare cose non guidate dalla nostra volontà, ma da quella degli altri.

“C’è chi si sente giovane perché, in cinquant’anni, non ha combinato niente, e c’è chi si sente giovane perché tutto quello che ha combinato l’ha dimenticato. È un modo di procedere con disordine perché il disordine dà qualche speranza, l’ordine nessuna”.
L’ironia di Marchesi è feroce perché ci spiega con concetti rovesciati un’amara realtà, molto diffusa, di cui ognuno di noi non si rende conto o non si rende conto nella giusta misura.
“La vecchiaia? La vecchiaia non esiste, è solo una mezza età portata male. E la gioventù, quando finisce? Mai, perché dopo comincia la giovanilità”.
“Chi si salva nell’argomentare? Chi ha l’istinto di conversazione”. “Ma non le sembra di apparire un po’ futile? No, mi viene in mente un fucile che spara a borotalco, non ammazza nessuno, ma fa sorridere”.
Non insistiamo su queste battute fulminanti, ma invitiamo ciascuno di voi a leggere la trilogia e anche altri scritti che io ho già letto forse già dieci volte e rileggerò ancora. Sono utili e istruttivi.