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Quid hic in hac: chi nicchi e nacchi

Antonio Di Pietro, assurto alle cronache per essere uno dei fustigatori del sistema politico nazionale, in un’attività denominata “Mani Pulite” è diventato più noto per il suo strano linguaggio che non per le cose fatte. Tale linguaggio è stato denominato dipietrese. Non vogliamo minimamente paragonarlo ad Andrea Camilleri, che invece ha inventato una vera e propria lingua: non c’è paragone.
Ma prima ancora di Camilleri vi è stato un altro autore di storie poliziesche, Frédéric Dard (1921-2000) il quale ha scritto una notevole serie de “Le inchieste del commissario Sanantonio”. Si tratta di testi esilaranti e soprattutto nuovi perché hanno adoperato un linguaggio inesistente.
L’aiutante di Sanantonio era Alexandre-Benoît Bérurier e i dialoghi fra i due sono quanto di più divertente si possa immaginare. Il Catarella del commissario Montalbano è una riproduzione del Bérurier di cui sopra. Di Pietro diventò noto per il suo motto “che c’azzecca”, cioè “cosa c’entra”.


Vi è un’analoga frase siciliana, che ha lo stesso senso: chi nicchi e nacchi. Essa, come tante altre frasi siciliane, deriva dal latino: quid hic in hac, cioè, ancora una volta, che c’azzecca, ovvero che c’entra.
Anche Camilleri si è divertito su questi modi di dire in un passaggio del libro a due voci, realizzato con il linguista Tullio De Mauro, dal titolo “La lingua batte dove il dente duole”.
A parte la curiosità linguistica, vi scriviamo questa breve nota per sottolineare la frequente incoerenza in chi parla, tra ciò che dice e ciò che pensa, tra ciò che dice e ciò che vorrebbe dire. La conseguenza è che i messaggi non hanno molta coerenza e soprattutto non comunicano questioni vere e sostanziali, ma fumose e prive di significato.
Parlare è una cosa seria che va preceduta dal pensare, dall’elaborare, dal mettere insieme parole e frasi che abbiano un senso compiuto e possibilmente concreto. La questione non è priva di fondamento, perché alla base delle relazioni fra le persone vi è la comunicazione. è anche vero che si può parlare a gesti, con segnali della testa o del corpo, il cosiddetto linguaggio non verbale, ma alla fine occorre sempre il completamento con le parole che si dicono e si scrivono.

Con le parole si possono dire verità o bugie, dipende dal bagaglio etico che ogni persona ha accumulato e si porta dietro.
Vi sono millantatori, illusionisti, delinquenti, che cercano di abbindolare il prossimo, commettendo gravi reati, morali e penali quando le vittime sono persone anziane e quindi fragili. Costoro non hanno alcuna dignità né alcun riferimento alla morale per cui danno sfogo al loro becero egoismo e non tengono mai conto del grave male che fanno agli altri.
Sul linguaggio vi sono centinaia di opere, vi sono materie universitarie, come la Semiotica, che se ne occupano perché è lo strumento principale di comunicazione anche scritta.
Il combinare le parole in un verso o in un altro cambia il senso delle frasi soprattutto in lingue di derivazione latina, piene di sottigliezze e di distinguo.
Vi sono professionisti della comunicazione che del linguaggio fanno un’arma, spesso tremenda, per confondere e ingannare il prossimo. Perciò chi è nel versante del bene deve combattere costoro.


Le cose gratuite non vengono apprezzate perché solo quelle che hanno un valore venale colpiscono l’immaginazione e l’interesse di molta gente.
È un peccato ragionare in questo modo, perché anche le cose gratuite possono essere portatrici di valori e di effetti positivi.
Bisogna capirle e interpretarle per dar loro il giusto peso che non è quello materiale o quello misurato con il vil denaro, ma la capacità che esse hanno di apportare un beneficio soprattutto immateriale.
Ecco che c’azzecca parlarne. Si tratta di una questione rilevante nei rapporti fra le persone che mettono in luce la voglia di donare senza nulla chiedere.
Dare agli altri è un dovere. Per questo gesto non bisogna aspettarsi alcun ringraziamento, perché fa parte di quell’insieme di comportamenti morali che sostengono la solidarietà tra le persone, secondo la quale vi è chi dà ed altri che ricevono.
Quid hic in hac, ripetiamo chi nicchi e nacchi. Pensateci: forse c’entra.