Con l'improvvisa dipartita di Raffaella Carrà, riaffiorano i ricordi dei momenti più significativi della sua carriera che non ha mai subito battuta d'arresto alcuna.
Raffaella Carrà deve molto del suo successo internazionale alle canzoni. E probabilmente tutto comincia da una censura: nel 1971 il balletto legato a “Tuca Tuca”, un brano scritto da Gianni Boncompagni e Berto Pisano, spaventò i dirigenti della Rai che costrinsero la showgirl, che mostrava l’ombelico ed Enzo Paolo Turchi, a ballare quasi girati di tre quarti.
Il brano ebbe un successo clamoroso ma solo dopo che la celebre coreografia fu riproposta in un’irresistibile versione con Alberto Sordi fu consegnata alla storia del costume del nostro Paese. Nel 2012 Madonna, nel suo MDNA Tour, ripropose un balletto praticamente identico. Sono pochi i cantanti italiani che possono vantare un successo simile valutato oggi in decine di milioni di copie vendute con remix firmati dai dj più famosi attratti da quelli melodie che, in bilico tra pop e kitsch, hanno la capacità di intercettare i gusti del pubblico più largo anche attraverso le generazioni.
Già nel 1970 “Ma che musica maestro”, sigla di “Canzonissima”, aveva spopolato nelle classifiche. Gli anni ’70 sono stati la sua age d’or: conduce “Milleluci” al fianco di Mina, creando una delle coppie televisive più esplosive della nostra tv, anche se si parlò di un’accesa rivalità, nonostante i memorabili duetti e soprattutto pubblica il brano che ancora oggi la rappresenta nel mondo: “Rumore”, uno dei primi esempi di disco music all’italiana che ha venduto 10 milioni di copie, è stato pubblicato in spagnolo, inglese e francese e rimixato innumerevoli volte.
Proprio quel successo la porta, nella seconda metà degli anni ’70 a girare il mondo come cantante: è proprio in quegli anni che Raffaella diventa una super star in Europa e in tutto il mondo latino. Escono anche “Fiesta”, “Forte, Forte, forte” e soprattutto “A Far l’amore comincia tu”, un clamoroso successo mondiale da 20 milioni di copie che l’ha portata ad esibirsi anche a Top of The Pops, il più celebre programma di classifiche della tv inglese.
Nel 2011, quando da tempo la Carrà era diventata un’icona del mondo gay (nel 2017 ha ricevuto il premio Icona Gay Mondiale), il brano è stato rimixato da Bob Sinclair, ridandogli una popolarità internazionale tanto da essere scelto come inno del Gay Pride di quell’anno. Paolo Sorrentino l’ha inserito nella colonna sonora della “Grande Bellezza”.
Al di là del fatto che ha pubblicato album fino al 2018, l’ultimo è una raccolta natalizia, le sue canzoni hanno continuato a girare per il mondo.
Tiziano Ferro le ha dedicato “E Raffaella è mia”, chiamandola ad essere protagonista del videoclip della canzone, l’anno scorso è uscito “Explota explota”, un film spagnolo di Nancho Alvarez basato sulle canzoni di Raffaella Carrà che appare anche in un cameo.
A ripercorrere i passi della sua carriera di cantante, ci si rende conto che sono pochissimi i cantanti italiani che hanno avuto un simile successo internazionale, soprattutto così duraturo.
Nel mondo spagnolo e latino Raffa è un autentico mito e non si può non pensare come questa sia solo una parte della sua leggendaria carriera.
Un personaggio inimitabile, anche in quelle canzoni apparentemente innocue ma che continuano a far ballare il mondo.