RANDAZZO – “È ferma opinione di questa corte che le condotte, valutate unitariamente, abbiano minato la legalità e l’imparzialità dell’amministrazione e inciso la sua credibilità presso il pubblico”. È questo il verdetto che a Randazzo ha portato al ribaltone sull’incandidabilità dell’ex sindaco Francesco Sgroi e dell’ex assessore Nunzio Proietto Batturi. In primo grado, il tribunale di Catania aveva ritenuto non ci fossero gli estremi per impedire ai due di partecipare alle elezioni che nella cittadina alle pendici dell’Etna si terranno al termine del commissariamento seguito allo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose. A tale decisione si è opposto il ministero degli Interni, che ha visto accogliere nei giorni scorsi il ricorso da parte della prima sezione civile della Corte d’appello di Catania, presieduta da Nicola La Mantia.
Al centro della vicenda ci sono i fatti ricostruiti nell’inchiesta penale “Terra Bruciata”, sugli affari delle cosche mafiose a Randazzo. L’indagine, che si concentrò sul gruppo Sangani, legato al clan Laudani, e sul gruppo Ragaglia, portò alla luce una serie di circostanze in cui gli esponenti della criminalità organizzata entrarono in contatto con i vertici dell’amministrazione comunale. Per questi fatti, nonostante la successiva richiesta di archiviazione formulata nei confronti della posizione dell’allora sindaco Sgroi, il ministero degli Interni ha disposto lo scioglimento dell’ente locale. “Il pubblico ministero ha avanzato richiesta di archiviazione, ma non, contrariamente a quanto dedotto…

