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Rischio povertà e allarme tumori: il Rapporto Bes stronca la Sicilia

Rischio povertà e allarme tumori: il Rapporto Bes stronca la Sicilia
Sicilia ancora lontana dai target Ue, in tanti a rischio povertà

Secondo lo studio, l’Isola resta indietro in 10 domini su 12. Ma tutto il Sud è in difficoltà

La Sicilia è una delle regioni del Mezzogiorno dove la maggioranza degli indicatori approntati dall’Istat registra valori peggiori rispetto al confronto con le altre regioni italiane. È questo il dato che emerge dal Rapporto Bes 2024, realizzato dall’Istituto per valutare l’impatto del benessere equo e sostenibile nei territori. Se l’Isola ne esce con le ossa rotta, presentando rilevamenti mediani inferiori in 10 domini su 12, è tutto il Sud che continua a crollare. Secondo l’Istituto, oltre il 50% della popolazione tra i 25 e i 44 anni che vive nel Mezzogiorno è a rischio povertà. Sicilia ancora lontana dai target Ue per istruzione, lavoro e servizi per l’infanzia. Resta la terza regione dove si muore di più per incidenza tumorale e tra le principali nelle quali il divario tra ricchi e poveri aumenta. Ad oggi, il PNRR non ha ancora raggiunto l’obiettivo di inversione di trend.

Aspettativa di vita e salute, Sicilia indietro

Il rapporto fotografa un’Italia che continua a vivere a lungo, più del resto d’Europa, ma che allo stesso tempo fatica a garantire condizioni economiche adeguate ai suoi cittadini. Nel 2024 la speranza di vita alla nascita ha raggiunto gli 84,1 anni, quasi due anni e mezzo in più della media Ue. Una longevità attribuita a ciò che rappresenta l’identità culturale del Paese: la dieta mediterranea, il clima mite, la rete familiare come prima infrastruttura sociale e un sistema di cure primarie che, nonostante le criticità, resta capillare. Se nel 2024 gli anni di vita attesi in buone condizioni di salute sono 58,1 nel Paese e nel 2023 erano 59,1, in Sicilia il dato è tra i più bassi d’Italia: 56 anni. Le persone che si dichiarano in buona salute scendono al 67,1%, -1,6 punti percentuali rispetto al 2023. Tradotto: gli italiani vivono più a lungo, ma vivono male o non potendo permettersi delle cure adeguate per la loro salute. Il dato si incrocia in questo caso con quello della malasanità e dell’incidenza di vittime in seguito a tumore. “Anche nel 2022 si confermano tassi di mortalità per tumori più elevati nel Mezzogiorno: 8,5 ogni 10.000 residenti nelle Isole e 8,3 al Sud, contro 7,3 nel Centro e nel Nord-ovest e 6,8 nel Nord-est; i valori più alti in Campania (9,0), Sardegna (8,8) e Sicilia (8,4)”.

Il rischio povertà e la differenza Nord-Sud

La grande difficoltà ad arrivare a fine mese è comunque l’unico indicatore a peggiorare nel breve periodo: le persone in famiglie che dichiarano di arrivare alla fine del mese con grande difficoltà sono il 5,8% nel 2024 (+0,3 p.p. rispetto all’anno precedente). Una difficoltà maggiore per chi vive al Sud (l’11,3% degli individui) e molto più contenuta nel Centro (l’1,9%) e al Nord (3,6%). In questo frame emerge dunque la componente relativa al rischio povertà, che riguarda il 18,9% della popolazione, contro il 16,2% della media Ue. Prevalgono anche le disuguaglianze e le distanze Nord – Sud: la disuguaglianza del reddito (misurata dal rapporto tra il quinto più ricco e il quinto più povero) si mantiene alta: 5,5 nel 2023, in calo rispetto al 5,8 del 2014, ma ancora lontana dagli standard europei. La Sicilia, in questo contesto, occupa la zona più fragile.

Mezzogiorno in difficoltà

Sono oltre 5,7 milioni di persone in povertà assoluta nel 2024: si conferma più critica la condizione delle famiglie numerose e di quelle con almeno un figlio minore, soprattutto nel Mezzogiorno (12,5% di povertà assoluta individuale, in crescita di +0,5 sul 2023). Al Nord si trovano in condizione di povertà assoluta l’8,8% degli abitanti (erano 8,9% nel 2023), al Centro sono il 7,6% (erano il 7,9% nel 2023). La percezione di un minore benessere degli abitanti del Sud Italia è dunque confermata anche dall’Istat.

In Sicilia, Campania e Calabria il fenomeno del rischio di rischio povertà della popolazione interessa addirittura “più del 35% della popolazione”. “Osservando l’effetto congiunto di ripartizione geografica, età e titolo di studio – spiega l’Istat – emerge che in tutte e tre le aree sono sempre le persone di 25-44 anni meno istruite a essere più a rischio di povertà, ma con profonde differenze nei livelli: è a rischio di povertà il 16,2% dei più giovani nel Nord, il 35,4% nel Centro e ben il 50,9% nel Mezzogiorno”.

Sostegno ai genitori, male l’Isola

Tutto comincia con la capacità di affrontare il periodo della prima infanzia per le famiglie con un figlio piccolo. Qui il Paese mostra segnali di miglioramento: nel triennio 2022-2024 ha frequentato i servizi per l’infanzia il 35,2% dei bambini tra 0 e 2 anni, 3,5 punti in più rispetto al triennio precedente. Ma la Sicilia rientra tra le regioni con la più bassa frequenza ai nidi, insieme a Campania, Calabria, Liguria, Puglia e Basilicata, dove meno del 30% dei bambini sotto i due anni accede ai servizi educativi. Mentre Sardegna ed Emilia-Romagna superano già oggi il target europeo del 2030 (45%), l’Isola arretra. Per le famiglie siciliane significa meno sostegno alla genitorialità, minori opportunità educative per i più piccoli, e soprattutto una barriera quasi strutturale al lavoro delle donne. In un contesto di povertà crescente, questo gap rischia di diventare una frattura irreversibile: un bambino che non accede al nido è un adulto che, domani, potrebbe avere minori competenze, redditi più bassi e un ingresso più debole nel mercato del lavoro.

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