Economia

Povertà, un “fenomeno strutturale”: per la Sicilia dati allarmanti e futuro “nero”

“Tutto da perdere”. Questo il simbolico titolo del Rapporto povertà 2023 della Caritas, che fa emergere una verità atroce sull’Italia: la povertà è ormai un “fenomeno strutturale”, con fenomeni di deprivazione ed esclusione sociale sempre più diffusi. E sempre più “normali”, agli occhi della gente e spesso perfino delle istituzioni.

Quello della Caritas è un rapporto intenso di dati, ma anche di stime e previsioni sul futuro. Un futuro che non si preannuncia positivo e che subirà senza ombra di dubbio gli effetti del clima d’incertezza internazionale, delle guerre e delle crisi umanitarie.

Rapporto Povertà 2023 della Caritas, sintesi

Le parole di Papa Francesco aprono l’indagine della Caritas: c’è un “fiume di povertà che attraversa le nostre città e che diventa sempre più grande fino a straripare; quel fiume sembra travolgerci, tanto il grido dei fratelli e delle sorelle che chiedono aiuto, sostegno e solidarietà si alza sempre più forte”.

Niente di più adatto a presentare i terribili dati del Rapporto povertà 2023: oltre 5,6 milioni di poveri assoluti, pari al 9,7% della popolazione. Significa che un residente su dieci oggi non ha accesso a un livello di vita dignitoso. L’Italia subisce il clima d’incertezza e tensione nazionale e internazionale e la mancanza di prospettive: chi nasce povero, infatti, rischia di rimanerlo anche da adulto, perché la mobilità sociale è praticamente un’utopia.

La situazione peggiore in termini di povertà, e non è una sorpresa, si registra nel Mezzogiorno. In Italia il 24,4% della popolazione è a rischio povertà o esclusione (contro la media UE del 21,8%), ma con sostanziali differenze tra una zona e l’altra: si va dal 12,6% del Nord-Est al 40,6% del Mezzogiorno. Una forbice che dice chiaramente come la povertà sia un problema prettamente del sud. Così come il fenomeno dei working poors, l’esercito di chi fatica ad arrivare a fine mese nonostante abbia un lavoro: su un totale di 23,3 milioni di occupati, risultano a rischio circa 2,7 milioni (l’11,5%), con un evidente svantaggio del Mezzogiorno rispetto alle altre zone d’Italia.

Sicilia, dati drammatici

In Campania, Calabria e Sicilia, il rischio povertà interessa più del 40% della popolazione. Il 39,7%, poi, ha bisogno di assistenza in tre o più ambiti: è il dato peggiore dopo quello di Abruzzo-Molise, Umbria, Basilicata, Emilia-Romagna e Sardegna.

A pagare le conseguenze sono i lavoratori “poveri” (le storie che arrivano dalle Diocesi di Palermo, Messina e Catania, riportate nel Rapporto povertà 2023 della Caritas, ne sono la piena dimostrazione) e i giovani. In Sicilia, secondo il report, l’8,4% dei bambini e dei ragazzi non consuma neanche un pasto proteico al giorno. Il dato peggiore in Italia.

Anche chi lavora in Sicilia è spesso vittima della povertà – i più poveri sono coloro che fanno lavori “manuali”, dall’agricoltore all’imbianchino – e in Sicilia avere un reddito basso è praticamente la normalità. “In città metropolitane del Sud Italia quali Catania, Palermo e Messina più della metà dei contribuenti ha un reddito inferiore ai 15.000 euro annui”, si legge nel report povertà.

La povertà e il futuro “nero”

Le crisi internazionali, gli shock ambientali, i cambiamenti del mercato e della geopolitica: tutti questi fenomeni influiscono sul dilagare del fenomeno povertà. Lo ha detto il report World economic outlook 2023 poche settimane fa, in un’analisi del rallentamento dell’economia globale, e lo conferma il Rapporto della Caritas adesso.

Prevedere il futuro, si legge nel report della Caritas, è difficile. Ma sembra non esserci nulla di buono all’orizzonte, specialmente dopo gli eventi recenti che hanno sconvolto una comunità internazionale in equilibrio precario. “L’incertezza a livello globale, anche a seguito del perdurare della guerra in Terra Santa, aggiunge ulteriori elementi di insicurezza rispetto a una situazione già complessa e iniqua. Accanto alle conseguenze legate alla terribile crisi umanitaria, i recenti fatti internazionali potranno avere anche pesanti conseguenze in termini economici“, si legge.

Si temono le conseguenze delle politiche monetarie, l’aggravamento della crisi energetica, ma anche l’impatto del cambiamento climatico e il rallentamento della transizione ecologica. C’è poi l’eterna questione delle politiche contro la povertà, che dovranno essere – per Caritas – necessariamente trasversali e interessare tutti gli attori, pubblici e privati. E i cittadini, protagonisti e vittime di questo quadro disastroso che è l’economia nazionale e internazionale.