Israele-Hamas, i possibili sviluppi di una guerra che fa già vacillare la fragile ripresa economica - QdS

Israele-Hamas, i possibili sviluppi di una guerra che fa già vacillare la fragile ripresa economica

redazione

Israele-Hamas, i possibili sviluppi di una guerra che fa già vacillare la fragile ripresa economica

Marianna Strano  |
sabato 04 Novembre 2023

Gli scenari del conflitto nell’analisi sviluppata da Gianmarco Ottaviano, professore di Economia dell’Università Bocconi. Un potenziale allargamento delle ostilità rischia di generare uno shock energetico globale

MILANO – È successo ancora: bombardamenti, ostaggi e civili vittime di un conflitto dalle radici molteplici e complesse. Di fronte all’attacco di Hamas a Israele dello scorso 7 ottobre e al “nuovo” stato di guerra sulla Striscia di Gaza, il mondo è ripiombato in una condizione di incertezza e tensione che non si traduce soltanto in orrore e preoccupazione umanitaria, ma anche in un’attenta riflessione sui cambiamenti geoeconomici scatenabili dall’ennesima escalation di violenza in Medio Oriente.

Guerra in Israele, gli scenari economici

Gli scenari possibili sono diversi. Li vagliamo grazie a un’accurata analisi di Gianmarco Ottaviano, professore di Economia dell’Università Bocconi, il quale ne individua tre in particolare: il primo è un conflitto ristretto a Hamas e Israele, con un impatto economico “piuttosto limitato” sul fronte energetico. Il secondo scenario è rappresentato dal coinvolgimento di Hezbollah in Libano e la vicinanza della Siria, che potrebbero generare un contesto di guerra per procura tra Iran e Israele attraverso gli alleati nella zona. “Questa – evidenzia Ottaviano – sarebbe già una situazione più preoccupante, che potrebbe avere un impatto sul prezzo del petrolio. Si tratterebbe, però, di qualcosa che non sarebbe, almeno così si crede, distruttiva per l’economia mondiale”. Terzo tra gli scenari più probabili quello di un conflitto diretto tra Iran e Israele, che “comporterebbe un attivarsi di alleanze il cui impatto sarebbe notevole”.

“In questo terzo scenario – aggiunge il docente – a potersi avvantaggiare sarebbero i Paesi esportatori di petrolio, come l’Arabia Saudita e la Russia. Più sarà estesa la guerra più sarà forte l’impatto economico e quindi lo shock energetico”.

Gli attori in scena

Gli “osservati speciali” sono quindi i Paesi esportatori di petrolio e quelli produttori di armi. Da una parte ci sono Iran e Russia, il primo in un periodo di instabilità e in “guerra fredda” con l’Arabia Saudita per l’egemonia in Medio Oriente, la seconda già impegnata nella guerra in Ucraina. Poi occorre citare gli attori “non protagonisti” ma decisivi come l’Arabia Saudita – un “alleato” occidentale tanto discusso quanto strategico -, l’Algeria e l’Egitto, con importanti rapporti economici con l’Italia e l’Ue e decisivi per l’assetto geo-economico dell’area mediterranea. Una regione quest’ultima, come spiega Ottaviano “già instabile, con problemi economici e politici evidenti e anche crocevia di fenomeni di migrazione”, che rischia di essere messa sotto pressione dal conflitto, oltre che da una maggiore “concentrazione di forze navali”.

La posizione dell’Iran, come evidenzia il professore della Bocconi, “sarà fondamentale per passare da uno scenario all’altro”. Potrebbe restare a guardare sostenendo più o meno tacitamente Hamas (primo scenario), attivare gli alleati in Siria e Libano (secondo) o entrare in guerra con Israele (terzo): quest’ultima possibilità sarebbe “una sciagura di proporzioni catastrofiche”. L’ombra di Teheran è quindi molto ingombrante, considerando anche le potenzialità per l’Iran di sfruttare il “nemico esterno” (Israele) per riguadagnare la propria posizione in un momento di forte contestazione interna.

Anche in Egitto i fattori di rischio non mancano: “Quando gli analisti internazionali guardano allo scenario possibile di escalation del conflitto, guardano anche alla possibilità di un ripetersi dei movimenti di piazza e dei fenomeni di instabilità che hanno caratterizzato la ‘Primavera Araba’”. L’Egitto non sarebbe immune a questo tipo di problemi, da qui “l’estrema cautela” nel gestire il caso Israele.

Non solo petrolio e armamenti

Un conflitto comporta costi di aiuti umanitari, rifornimenti militari, supporti all’economia. Gli effetti dell’escalation del conflitto israelo-palestinese potrebbero durare per anni e c’è da chiedersi se le democrazie mondiali possano permettersi di affrontarli. Su questo, il professore Ottaviano è chiaro: “Le risorse ci sono. Dal punto di vista pratico, però, dipende da quanto queste risorse potranno essere applicate e in che misura. Più si aumentano i fronti, più bisogna spiegare ai cittadini perché le risorse vengono utilizzate in queste direzioni”.

La posizione dell’Italia sarà fondamentale, specialmente in un momento decisivo per l’economia. “Indipendentemente dagli schieramenti politici – afferma – un impegno economico in quell’area sarà sicuramente cauto e probabilmente sotto l’egida delle Nazioni Unite.

Sul potenziale impatto della guerra in Israele sulla già fragile ripresa economica, Ottaviano aggiunge: “Ritengo sia più preoccupante l’eventuale escalation del conflitto e il suo allargamento, con la crisi energetica che ne seguirebbe, rispetto a quanto potremmo dare alle popolazioni in termini di aiuti”.

Israele tra passato, presente e futuro

L’attacco di Hamas è avvenuto in un momento complesso della storia israeliana. Il Paese, però, appare coeso e deciso a giocarsi un futuro da leader in Medio Oriente proprio in questo conflitto. “Adesso – conferma il docente della Bocconi – Israele è molto compatto, vista l’aggressione esterna, ma è chiaro che quando l’emergenza sarà passata ci sarà una resa dei conti interna. Mi sembra che questo sia un momento epocale per la traiettoria futura di Israele, interna ma anche esterna”.

Particolarmente delicata è poi la questione dei neonati rapporti con l’Arabia Saudita: “Alcuni osservatori hanno notato la coincidenza tra l’attacco di Hamas e l’avvicinamento, cauto ma comunque nuovo, tra Arabia Saudita e Israele, tra gli attori più importanti della zona, esportatore di petrolio e anche alleato tradizionale degli Stati Uniti dell’area. Questo è un momento storico importante”.

Una cosa appare certa, per Ottaviano “Israele avrà un momento di chiarimento interno e poi sicuramente una proiezione internazionale importante dopo la guerra”. Ma determinante, su ogni fronte, sarà l’eventuale decisione di non “andare oltre” Gaza.

Gianmarco Ottaviano
Professore ordinario di Economia all’Università Bocconi di Milano

Intervista di Marianna Strano, a cura di Patrizia Penna

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