Rappresentatività e governabilità - QdS

Rappresentatività e governabilità

Carlo Alberto Tregua

Rappresentatività e governabilità

giovedì 27 Ottobre 2022

Democrazia, un bilanciamento

Donald Trump fu eletto presidente degli Stati Uniti perché lo votò la maggioranza dei delegati che i cinquanta Stati avevano eletto con il sistema maggioritario.
In che cosa consisteva? Nel fatto che chi prendeva più voti in uno Stato prendeva anche più delegati. Ma quando, poi, tutti i delegati delle due parti (Conservatori e Democratici) vennero messi assieme, ci si accorse che il nuovo Presidente degli Stati Uniti aveva ricevuto complessivamente oltre due milioni di voti in meno della sua competitrice, Hillary Diane Clinton.

Vi descriviamo quello che accade nel Paese nordamericano, la prima Democrazia del mondo – tanto ben descritta da Alexis de Tocqueville (1805-1859) , un magistrato francese che pubblico “Democrazìa in America” nel 1835 e 1840 – perché in quel Paese si ritiene più importante la stabilità dei governi, cioè la governabilità, rispetto alla rappresentatività.
Ecco perché l’attuale presidente, il democratico Joe Biden, è appena il quarantaseiesimo presidente (il primo della lista fu George Washington, eletto nel 1789).

In Francia, con la riforma che fece Charles de Gaulle – trasformando la Quarta in Quinta Repubblica, nel 1958 – prevale, anche in questo caso, la governabilità rispetto alla rappresentatività.
L’ultimo presidente confermato, Emmanuel Macron, è stato eletto al secondo turno con circa il cinquantotto per cento dei voti, il che significa che quasi la metà dei francesi non l’ha votato. Ma egli resterà in carica per cinque anni, anche se nel Parlamento non ha una maggioranza solida.

I governi che hanno stabilità possono stendere programmi di medio e lungo periodo, necessari per modernizzare un Paese, per costruire infrastrutture importanti e durevoli, per programmare un sistema assistenziale, pensionistico e sanitario che consenta ai cittadini di ottenere prestazioni di buona levatura.

Nelle ultime elezioni italiane, in base alla legge detta Rosatellum, che prevede un sistema misto (per un terzo maggioritario e per due terzi proporzionale), l’attuale maggioranza (FdI, Lega, FI) ha ottenuto circa il quarantaquattro per cento dei voti, ma il cinquantanove per cento dei seggi in Camera e Senato.

Si tratta di una solida maggioranza, anche se al suo interno vi sono differenze di modalità e di sostanza nell’affrontare i diversi problemi. Ma essi troveranno una sintesi, perché il primo ministro, Giorgia Meloni, ha dimostrato fin dall’inizio di essere una persona decisa, che sa quello che vuole.
Peraltro, nel nostro Paese, la legge sui sindaci – secondo cui il primo cittadino di ogni città resta in carica per cinque anni e può essere rieletto – è stata sperimentata con successo.

Tornando all’attuale maggioranza, il Presidente del Consiglio, nel suo discorso programmatico, ha detto con chiarezza che intende riformare la Costituzione con chi ci sta, in senso semi-presidenziale, molto simile a quello francese, proprio per dare forza e durata a chi governa per un quinquennio.
Riformare la Costituzione italiana non è facile, perché ai sensi dell’articolo 138, occorre una maggioranza qualificata di due terzi del Parlamento. Quando tale maggioranza non vi è, la legge di riforma è sottoposta a referendum popolare, dall’incerto risultato.

Chi è contrario alla governabilità, propugna il principio della rappresentatività; per cui anche un candidato che ha preso un voto (il suo), ha diritto di partecipare alle attività istituzionali. Nulla da dire e rispetto per chi ha quest’opinione, che noi, però, non condividiamo.

La ragione è che in qualunque alternativa bisogna prendere in esame, in primo luogo, l’interesse generale. Nel caso del nostro Paese tale interesse coincide con la necessità di far migliorare il benessere complessivo, sociale ed economico dei cittadini. Ma il miglioramento del benessere dei cittadini non deve prevedere l’erogazione a pioggia di assegni e prebende di qualunque tipo, ma che agli stessi cittadini siano offerte le opportunità di lavoro, perché solo il lavoro rende liberi.

Nell’ambito del lavoro, il valore essenziale che sta al primo posto è il merito, perché anche il bravo o la brava giovane di modesta estrazione sociale con il merito può approdare a lidi ove diversamente non arriverebbe mai, perché soverchiato da chi ha preferenze o vive già in un ambiente agiato.

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