Redditi da lavoro, la tempesta Covid-19 investe in pieno il privato. Illeso il pubblico - QdS

Redditi da lavoro, la tempesta Covid-19 investe in pieno il privato. Illeso il pubblico

Redditi da lavoro, la tempesta Covid-19 investe in pieno il privato. Illeso il pubblico

mercoledì 22 Dicembre 2021

I dati dell’Osservatorio Inps relativi al 2020: l’impatto della crisi pandemica non è stato uguale per tutti

La forbice tra il settore pubblico e il settore privato non accenna a ridursi, anzi. Il Covid-19 ha cristallizzato uno iato, un abisso che nel mondo del lavoro esiste da anni e che l’emergenza pandemica non ha fatto altro che acuire ed esasperare.

Secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio sui lavoratori dipendenti e indipendenti dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (Inps), rispetto al 2019, nell’Isola, i primi hanno perso nel 2020 mediamente l’1,8 per cento (circa 400 euro), mentre per il comparto privato la “mazzata” è stata molto più forte: – 7,9 per cento, che tradotto in euro vuol dire che nelle tasche di un dipendente privato sono venuti a mancare 1.275 euro in un solo anno.

Il fatto che il “treno” delle imprese private corra con i propri mezzi, destreggiandosi tra crisi e sussidi e che l’altro “treno” (pubblico) non conosca né crisi né cassa integrazione, è cosa nota. Lo abbiamo scritto tante volte sulle colonne di questo giornale: pandemia, Cig, crisi economica e smart working: il comparto pubblico non ha patito le stesse incertezze di quello privato e i dati dell’Inps misurano con precisione chirurgica un impatto della crisi che non è stato uguale per tutti.

Se volessimo usare una metafora per spiegare tale disparità, si potrebbe pensare ad una famiglia allargata in cui vivono insieme figli – i dipendenti pubblici, che percepiscono in media 32.600 euro – e figliastri (quelli privati che invece guadagnano 14.900 euro). La differenza tra le due categorie non è dunque solo nella perdita di reddito da lavoro da un anno all’altro ma è, soprattutto, nello stesso reddito da lavoro: un dipendente pubblico intasca più del doppio rispetto ad un lavoratore privato.

La manovra 2022, attualmente al vaglio della commissione Bilancio del Senato, salvo sorprese dell’ultima ora, dovrebbe dare un respiro di sollievo ai lavoratori. È prevista una revisione delle aliquote e degli scaglioni al momento in vigore. Dagli attuali cinque scaglioni si passerebbe a quattro: fino a 15.000 euro, da 15.001 a 28.000, da 28.001 a 50.000, oltre i 50.000.

Per chi percepisce fino a 15.000 euro di reddito nessun cambiamento: l’aliquota resta al 23 per cento; chi oscilla tra i 15.001 e i 28.000 avrebbe una riduzione dell’aliquota dal 27 al 25 per cento, mentre da 28.001 a 50.000 si pagherebbe il 35 per cento di aliquota. Sugli oltre i 55.000 euro verrebbe applicata un’aliquota del 43 per cento.

Su queste quattro fasce di reddito verrebbero poi ridefiniti anche i parametri delle detrazioni Irpef che spettano ai lavoratori dipendenti e autonomi (e ai pensionati) a partire dal 2022 in caso di approvazione definitiva della Legge di bilancio 2022: chi ha un reddito pari a 15.000 euro potrebbe arrivare ad ottenere la detrazione più alta, pari a 3.100 euro, mentre chi supera i 55.000 euro non dovrebbe avere diritto ad alcun beneficio. Il bonus Renzi, aumentato dal governo Conte a 100 euro, resterebbe quindi per i redditi fino a 15 mila euro mentre per quelli tra 15 e 28 mila è prevista una clausola di salvaguardia nel caso le nuove aliquote non assicurino un vantaggio equivalente.

Fino al 31 dicembre – termine ultimo per l’approvazione della Legge di bilancio – il condizionale è d’obbligo. Resta il fatto che, se tutto fosse confermato, a beneficiare dei correttivi sarebbero tutti: pubblici e privati. Il divario tra i figli e i figliastri è destinato a restare tale.

Ma in Sicilia a stare ancora peggio sono gli artigiani e gli operai agricoli

Se rispetto a quello pubblico il comparto privato piange, a passarsela ancora peggio nell’Isola sono artigiani e operai appartenenti al mondo agricolo

Nel 2020 – dato più recente che abbiamo trovato disponibile – i primi hanno sfiorato mediamente i 17.000 euro mentre i secondi si sono fermati addirittura a 7.600 euro. Dati più bassi – e non di poco – rispetto alla media nazionale che per gli artigiani si attesta sui 21.700 euro e per i braccianti appena sopra gli 8.000 euro.

Gli artigiani più “ricchi” sono quelli del Trentino-Alto Adige (28.400 euro) mentre è in Lombardia che un operaio agricolo incassa di più (13.000 euro).

Escludendo prestatori di lavoro accessorio e domestici, che a malapena hanno guadagnato rispettivamente 1.300 e 5.300 euro, il reddito medio da lavoro siciliano del comparto artigianale e quello dei braccianti agricoli si conferma infatti tra i più bassi e, nel caso degli artigiani, è pure calato del 2,7 per cento in un anno, che in soldoni vuol dire ben 480 euro in meno.

Praticamente uguale all’anno precedente (il 2019), è invece il reddito degli operai agricoli. L’incremento medio per loro è stato irrisorio: in valore assoluto è pari ad una sessantina di euro, in termini percentuali è uguali +0,8. Nulla a che vedere insomma con gli oltre 32.000 euro mediamente percepiti da un dipendente pubblico.

Magra consolazione per le due categorie analizzate il fatto che negli ultimi cinque anni il reddito medio sia cresciuto (del 16 per cento per gli artigiani, del 13,4 per cento per i braccianti agricoli). Entrambi i settori, infatti, hanno perso per strada dal 2015 al 2020 circa 5.000 lavoratori.

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