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Referendum, tre casi costituzionali

Referendum, tre  casi costituzionali
referendum cittadinanza

Astensione, Sì o No

Il quarto comma dell’articolo 75 della Costituzione recita: “La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi”.

Non vi è alcun dubbio che i Padri costituenti abbiano voluto dare ai/alle cittadini/e tre possibilità: votare (o no), Sì o No. Quindi è del tutto strumentale l’argomento secondo il quale non partecipare al voto costituisca una violazione di qualunque tipo, anche morale.
Del resto, ricordo Bettino Craxi – che certamente non era un conservatore – il quale in occasione di un altro referendum sollecitò i/le cittadini/e ad “andare al mare”.

Ricordiamo anche che i grandi e importanti referendum proposti da Marco Pannella (aborto e divorzio) ebbero una massiccia affluenza degli elettori, perché la questione proposta al loro vaglio era chiara e semplice e di grande impatto sociale.
Intendiamoci, nella rassegna odierna non diamo alcun consiglio, ma spieghiamo solo i fatti, che peraltro parlano da soli.

I cinque referendum proposti al Popolo sono piuttosto macchinosi, mentre a cittadine e cittadini dovrebbero essere sottoposti quesiti semplici, lineari e di immediata comprensibilità. Tutti gli azzeccagarbugli che hanno formulato questi testi non hanno capito che quesiti così macchinosi inducono la gente a non andare a votare.

La conseguenza dell’incomunicabilità dei testi è che quando non si comprende cosa fare la reazione psicologica delle persone è quella di non fare, per cui riteniamo che una responsabilità oggettiva per l’astensionismo previsto sia anche di coloro che hanno compilato i testi.
Inoltre, quando i quesiti sono troppo specifici e riguardano categorie di persone numericamente ridotte, ne consegue che non si può pensare che altre non interessate alla questione si “disturbino” per andare a votare. In altri termini, i quesiti dovrebbero essere di interesse generale e riguardare tutti gli strati sociali e non la maggioranza di essi.

Il referendum abrogativo è diverso dal referendum confermativo, previsto dall’articolo 138 della Costituzione, secondo comma. Esso recita: “Le leggi sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi”. Inoltre: “Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti” (terzo comma).

Dunque, i due referendum hanno funzioni e finalità diverse, che vanno tenute presenti per evitare confusione da parte di ciascun/a votante, il/la quale deve avere chiare le proprie prerogative per esprimere con convincimento la propria volontà. Anche in questo caso occorre che ciascuno pensi con la propria testa e non con quella degli altri, cioè sia una persona colta e libera, come dev’essere un/a cittadino/a degno/a di questo nome.

La materia che trattiamo oggi è un poco ostica e ce ne scusiamo. Tuttavia, abbiamo ritenuto nostro dovere esemplificarla il più possibile, sempre nell’intento di fare l’altra informazione, che deve aiutare a riflettere, ma mai indirizzare chi legge. In altri termini, noi non apparteniamo alla categoria dei manipolatori o dei blablatori, che invece si pongono come obiettivo di trattare i/le lettori/trici come pecore da gregge. Noi ci onoriamo di avere lettori/trici, che ci seguono anche da decine di anni, i/le quali apprezzano la nostra schiettezza e la nostra comunicazione.

Dunque, andare a votare o non andare a votare; andare a votare Sì oppure No: ecco i diritti dei componenti di un Popolo, ma di quei componenti che sanno quello che fanno e che dicono, che sanno come comportarsi e che non si fanno guidare da questo o da quello che ha interesse a pilotare gli/le ignari/e.