Così il capogruppo all'Ars della Lega Antonio Catalfamo ha definito il Governatore che, dopo la candidatura di Minardo da parte di Salvini, aveva dato un ultimatum al Carroccio: "O dentro o fuori"
PALERMO – Sarà Nino Minardo il candidato governatore in Sicilia per la Lega. È stato lo stesso leader del partito, Matteo Salvini, a darne l’annuncio rivendicando la guida di una regione del Sud: “Minardo è giovane, con esperienza e ha consolidato rapporti di stima che lo fanno riconoscere dagli alleati come un interlocutore affidabile, ne parleremo al momento opportuno”. Salvini spiega che la scelta di correre da soli in Sicilia deriva anche dall’esperienza maturata nelle altre regioni del Sud, come la Puglia e la Campania: “La Lega aveva ottimi nomi – ha detto – abbiamo fatto scelte di lealtà verso la coalizione, ma i risultati non sono stati quelli sperati” e adesso “di sicuro, in Sicilia la Lega c’è e non sarà semplice spettatrice”.
Con questa dichiarazione mette in chiaro che non farà alleanze con l’asse Meloni-Musumeci per le prossime consultazioni: “Non soffro di gelosia – ha dichiarato – Mi preme costruire una squadra vincente per la Sicilia, lascio ad altri le manovre di palazzo”. L’ex ministro dell’Interno smentisce anche spaccature nel suo partito in Sicilia: “Sono contento dello sviluppo del partito in Sicilia, un mix tra competenza, equilibrio e facce nuove”. Secca la replica del Presidente Nello Musumeci: “La Lega decida se stare dentro o fuori”.
Antonio Catalfamo, capogruppo all’Ars per la Lega, parla di posizione dispotica del governatore: “Non trovo migliore aggettivo per definire la reazione del presidente Musumeci. Sembrerebbe che lo stesso voglia frustrare sul nascere questo più che democratico dibattito, interno alla coalizione di centrodestra. La lealtà della Lega in questa esperienza di governo non è in discussione – ha detto Catalfamo – ma ciò non comporta che un partito in netta crescita in tutte le province ed anche all’interno dell’Assemblea Regionale come gruppo parlamentare, non possa, legittimamente, partecipare ai tavoli di coalizione per decidere il futuro della nostra terra con le ambizioni proporzionate al suo oggettivo nuovo peso specifico complessivo. Quello che accadrà per definire ‘il dopo’ interessa tutti i partiti che collaborano agli equilibri della coalizione di centrodestra, di cui la parte politica di riferimento del presidente Musumeci è parte con la stessa dignità di tutti gli altri componenti ed anche della Lega, che 5 anni fa era un partito secondario nello scacchiere regionale, mentre oggi, e soprattutto in previsione di domani, è oggettivamente protagonista anche in Sicilia”.
Il leader di Forza Italia in Sicilia Gianfranco Miccichè, che è anche presidente dell’Ars, interviene sulle fibrillazioni all’interno del centrodestra nell’isola e getta acqua sul fuoco: “Lasciamo che la scelta tocchi al partito che uscirà con maggiori consensi dalle amministrative. A Roma si discute della possibilità di affidare al partito con più consensi l’onere di indicare il candidato premier – argomenta Miccichè – è un metodo che mi piace, applichiamolo anche in Sicilia”.
L’esponente azzurro invita gli alleati ad evitare fughe in avanti: “Intanto lasciamo lavorare Musumeci. Anche perché, fin quando non ci sarà una valutazione negativa da parte della coalizione il candidato in pectore è lui. Ma se si dovesse decidere di non ricandidarlo, Forza Italia non rinuncerà a proporre un suo candidato. Da sempre in Sicilia siamo la prima forza politica ma non abbiamo mai avuto la candidatura a Palazzo d’Orleans”.
Miccichè, tuttavia, prende anche le distanze dall’ultimatum di Musumeci: “Non mi piacciono gli aut aut, i dentro o fuori pronunciati verso partiti alleati. la Lega fa parte della coalizione, a meno che non decida di uscirne spontaneamente. ll governo non ha nemici al suo interno. Bisogna stare tranquilli e trovare le soluzioni per il bene della Sicilia”.
Infine Miccichè accoglie l’invito al dialogo lanciato due giorni fa a Palermo da Matteo Renzi, che ha detto di guardare a un’area di centro riformista che comprenda anche Forza Italia: “Mi fa piacere che Renzi dica queste cose – ha concluso – vanno in direzione di un allargamento della coalizione”.